Gangli della Base

Nuclei della base: anatomia

Lo striato, quindi putamen più nucleo caudato, rappresentano, nell’organizzazione dei nuclei della base, la struttura che riceve le informazioni. Il globus pallidus è a sua volta distinto in un segmento interno ed uno esterno, i quali entrano in connessioni distinte nella organizzazione dei circuiti che si stabiliscono all’interno dei gangli della base. Il segmento esterno entra nella costituzione di quella che attualmente si definisce “via indiretta”, mentre invece il segmento interno entra nella costituzione della “via diretta”.

La substantia nigra viene a sua volta distinta in una pars reticulata e una pars compatta. E anche queste entrano in due vie distinte: dalla pars compatta prende origine una via dopaminergica che controlla sia il circuito diretto che il circuito indiretto, mentre invece la pars reticolata rappresenta con il segmento interno del globo pallido la componente efferente dei circuiti che si stabiliscono tra le varie strutture che costituiscono i gangli della base.

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Che connessioni stabiliscono i gangli?

Vale per i gangli della base ciò che è stato detto a proposito del cerebro-cerebello: i gangli stabiliscono delle connessioni con la maggior arte della corteccia cerebrale e rimandano alla corteccia cerebrale informazioni in modo tale che si stabiliscano tra la corteccia cerebrale e queste strutture dei “circuiti riverberanti”. Dalla corteccia arrivano ai gangli della base e più precisamente allo striato, connessioni organizzate in modo somatotopico e tornano alla corteccia a partire dagli elementi che costituiscono la componente efferente di queste strutture, il segmento interno del globo pallido e la pars reticolata della substantia nigra, delle efferente in modo segregato.

Differenza tra gangli e cerebro-cerebello

La differenza fondamentale con il cerebro-cerebello è che questo circuito o meglio questi circuiti riverberanti che si stabiliscono tra la corteccia e i gangli della base , non hanno delle connessioni con il midollo spinale, come invece ha in il cervelletto. L’altra differenza fondamentale con il cervelletto è che mentre il cervelletto sembra una struttura che risulta connessa con le componenti motorie della corteccia, i gangli della base invece ricevano dalla stragrande maggioranza del territorio corticale: dalle aree motorie ma anche dal lobo prefrontale, dalla corteccia limbica e da un’area motoria deputata al controllo dei movimenti saccadici. La maggior parte della corteccia proietta in modo segregato ai gangli della base e queste stesse parti della corteccia ricevono in modo segregato afferenze dai gangli della base, o meglio dalle strutture che ne rappresentano la componente efferente.

Vie che si stabiliscono tra la corteccia ed i gangli della base; Al momento si conoscono cinque circuiti che connettono diverse parti della corteccia ai gangli della base.

I circuiti che connettono la corteccia ai gangli della base

Circuito scheleto motorio

Il più noto è quello scheleto-motorio. Il circuito scheleto-motorio connette le aree motorie, quindi l’area 4, l’area 6, la motoria supplementare, le aree 3, 1 e 2 del giro postcentrale e le aree 5 e 7 del lobo parietale posteriore con lo striato ed in particolare con il putamen. Questo circuito si chiude con delle connessione che mettono in comunicazione i gangli della base con queste aree.

Circuito oculo motorio

Il secondo circuito è il circuito oculo-motore; Il circuito oculo-motore parte dall’area 8 che è nota anche come campo oculare frontale (FEF), un’area motoria situata al davanti della premotoria dorsale che risulta connessa con i gangli della base e a sua volta riceve dai gangli della base. Questo circuito è alla base del controllo dei movimenti saccadici.

Circuiti cognitivi

Ci sono poi due circuiti detti cognitivi perché si ritiene che abbiano a che fare con alcuni aspetti del movimento e delle azioni che hanno un carattere più elevato: sarebbero dei circuiti in grado di proiettare le proprie azioni nel futuro e di renderle coerenti con il contesto. Quindi ci rendono in grado delle nostre azioni proiettate nel futuro e  fanno in modo che risultino coerenti con il contesto. Questi due circuiti connettono il lobo prefrontale con i gangli della base.

  • Il primo circuito cognitivo, quello che è legato alla programmazione delle azioni nel futuro, metterebbe in connessione la corteccia prefrontale dorso-laterale ai gangli della base.
  • Il secondo circuito cognitivo, quello che è legato alla contestualizzazione, coinvolge invece la corteccia prefrontale orbito-frontale ai gangli della base.

Il 5° circuito e il tono dell’umore

C’è in fine un quinto circuito che unisce la corteccia limbica ai nuclei della base e si ritiene che questo circuito sia fondamentale per un adeguato “tono dell’umore”.E’ ormai chiaro che una delle componenti fondamentali del morbo di Parkinson, malattia causata da una degenerazione dei gangli della base, è proprio la depressione del tono dell’umore.

La dopamina e i recettori D1 e D2

Per ognuno di questi cinque circuiti si ritiene che vi siano due vie: una diretta e una indiretta. Il circuito meglio definito è quello scheleto-motorio, ossia quelle connessioni tra i gangli della base e le aree motorie. La differenza tra le due vie starebbe nel fatto che le connessioni che partono dalla corteccia avrebbero un bersaglio distinto a livello dello striato: neuroni che esprimono recettori distinti per la dopamina. Le fibre che faranno parte della via diretta fanno capo a neuroni dello striato che esprimono recettori D1 per la dopamina. Mentre invece quelli che entreranno nella via indiretta esprimono recettori per la dopamina di tipo D2.

Il circuito scheleto-motorio unisce l’area 4, la motoria supplementare, le aree 3, 2 e 1, le aree 5 e 7 con lo striato ed in particolare con il putamen. Questo circuito fa capo, in modo segregato, in modo somatotopicamente organizzato, al putamen. La differenza tra la via diretta e la via indiretta sta nel fatto che a livello dello striato partono due fasci da neuroni distinti che sono i neuroni che esprimono i recettori D1 per la dopamina e danno origine al fascio diretto e i neuroni che esprimono i recettori D2 per la dopamina che danno origine ai fasci della via indiretta.

Il gaba

Tutte le connessioni che partono dalle aree motorie utilizzano come neuromediatore il glutammato, sono quindi connessioni di tipo eccitatorio che proiettano al putamen. Dal putamen partono due fasci, il fascio diretto e quello indiretto. Dai neuroni del putamen che esprimono i recettori D1 per la dopamina parte il fascio diretto. Il fascio diretto utilizza come neuromediatore il GABA e come co-mediatore la Sostanza P. Il GABA è un neurotrasmettitore di tipo  inibitorio e quindi queste fibre sono inibitorie, e queste fibre proiettano al segmento interno del globo pallido e alla parte reticolata della sostanza nigra.

Dal segmento interno del globo pallido e dalla parte reticolata della sostanza nigra partono delle fibre, anch’esse GABAergiche, dirette al talamo motorio, quindi ai nuclei Ventrale Anteriore e Ventrale Laterale del talamo. Poiché l’inibizione di una inibizione si risolve in una facilitazione i nuclei talamici vengono sostanzialmente eccitati proiettando in tal modo alla corteccia, da cui hanno preso origine le fibre afferenti ai gangli, in modo eccitatorio.

La via indiretta parte dai neuroni dello striato che esprimono recettori D2, la quale si porta al segmento esterno del globo pallido ed è una via GABAergica, quindi inibitoria. Dal segmento esterno del globo pallido ci sono fibre dirette al nucleo subtalamico, e anche queste sono GABAergiche e quindi inibitorie. Questo nucleo è connesso con il globo pallido interno e con la parte reticolata della sostanza nigra. Queste strutture sono strutture efferenti inibitorie e se il nucleo subtalamico non le inibisce, come in questo caso, la loro funzione inibitoria sui nuclei talamici aumenta, col risultato finale che i nuclei talamici non proietteranno alla corteccia motoria.
La via indiretta in ultima analisi sortisce un effetto inibitorio sull’avvio e sull’esecuzione dei movimenti. Queste connessioni che uniscono il talamo alla corteccia sono quelle connessioni che in anatomia vanno sotto il nome di “ansa-lenticolare”.

Su queste due vie viene esercitano una funzione di controllo le vie nigro-striatali, più in particolare la pars compacta della substanzia nigra utilizza la dopamina come neurotrasmettitore e andrà a modulare l’attività dei neuroni dello striato che esprimono i recettori D1 e i neuroni che esprimono i recettori D2. Sui neuroni che esprimono i recettori D1 ha un’azione facilitatoria, sui funzioni che esprimono i recettori D2 ha una funzione inibitori. In altri termini la pars compatta della substanzia nigra ha una funzione facilitatoria sulla via diretta ed inibitoria sulla via indiretta. Nel complesso le vie nigro-striatali, ossia quelle che connettono la pars compatta della substanzia nigra con lo striato, facilitano il movimento perché attivano la via diretta e inibiscono la via indiretta.

Il morbo di Parkinson

Questo modello fisiologico è confermato dai dati clinici, infatti spiegherebbe quello che succede nella più comune delle malattie che riguardano i gangli della base: il morbo di Parkinson.
Il morbo di Parkinson è stato descritto alla fine dell’Ottocento dal neurologo inglese, come “paralisi agitante” perché uno dei sintomi che più frequentemente si riscontra nei pazienti è il tremore. Il tremore del parkinsioniano riguarda prevalentemente le componenti distali degli arti ed è un tremore che ha la frequenza tipica di 4-5 cicli al secondo e fa si che il paziente abbia l’atteggiamento di chi “batte cassa”. In realtà il tremore non è il sintomo più frequente, infatti le forme più frequenti sono quelle definite “ipertoniche ipocinetiche”, ossia forme in cui il paziente riesce a muoversi con difficoltà, ha difficoltà in special modo a cominciare il movimento, ed è lento nella esecuzione del movimento stesso.

Questa ipocinesia che riguarda moltissimi distretti dell’organismo, compresa la muscolatura facciale, pertanto la faccia del parkinsoniano viene definita “amimica” o “da giocatore di poker”. Gli aspetti acinetici della malattia di parkinson si manifestano anche nella scrittura. Il testo comincia con le lettere di una certa dimensione e via via che le lettere diventano più piccole. Si parla di una “micrografia”. L’acinesia riguarda anche la locomozione: il parkinsoniano procede per piccoli passi, in genere ha un’andatura curva e la marcia è lenta. Il sintomo cardine è quindi la bradi/a-cinesia, l’impossibilità a cominciare il movimento, l’esecuzione lenta del movimento stesso.

Il tremore del Parkinson

Alla acinesia si aggiunge un aumento del tono muscolare che è anche detto “a tubo di piombo” perché se si  immobilizza un arto del paziente lasciato passivo dallo stesso, l’arto, una volta rilasciato, rimane nella posizione di sequestro. Questa è una differenza sostanziale con la ipertonia delle ex sindrome piramidale, ossia l’ipertonia che si verifica in corso di paralisi, la quale è invece elastica poiché alla stessa manovra c’è una “risposta del coltello a serra manico”. Il tremore del parkinsoniano che qualche volta si aggiunge a questo corredo di sintomi si aggiunge un tremore “a riposo” ossia quando il paziente non compie un’azione, a differenza del tremore cerebellare che è un tremore “intenzionale” e che insorge quando il paziente decide di compiere un’azione finalistica e interviene nella fase terminale dell’azione poiché quello che viene a mancare nel malato cerebellare è la capacità di misurare l’azione nel momento in cui si è prossimi al bersaglio. Il tremore del parkinsoniano scompare nel corso della notte.

il Parkinson e la depressione

A questi segni e sintomi classici si aggiunge spesso la depressione del tono dell’umore, e questa depressione è stata interpretata in passato come una “depressione reattiva”, ossia causata dalla situazione invalidante in cui l’ha costretto la malattia. In realtà sembra che la depressione sia legata ad un substrato biologico specifico: la distruzione della via libica che unisce la corteccia libica ai gangli della base. Questa alterazione delle connessioni che uniscono il sistema libico ai gangli della base darebbero il substrato biologico preciso alla depressione del parkinsoniano. Il morbo di parkinson è stata la prima malattia neurologica per la quale è stato descritto un deficit biochimico: si è visto che il morbo di parkinson è legato ad una specifica degenerazione dei neuroni dopaminergici della pars compatta della sostanza nigra.

In realtà la degenerazione interviene in molte altre strutture dell’encefalo però tipicamente si ha una degenerazione della via nigro-striatale. I neuroni che costituiscono la pars compatta della sostanza nigra e che utilizzano la dopamina come neurotrasmettitore degenerano e in genere le manifestazioni cliniche compaiono quando questa degenerazione è pari o superiore al 70% dei neuroni della pars compatta della sostanza nigra.

Dal punto di vista fisiopatologico si possono spiegare alcuni di questi segni che insorgono nel morbo di Parkinson: se ammettiamo che il deficit più importante che si verifica nel corso del morbo è la degenerazione dei neuroni della pars compatta della sostanza nigra quello che ne risulta è che viene meno la modulazione che la via nigro-stratale determina e sulla via diretta e sulla via indiretta del circuito scheletro-motorio. La via diretta non sarà più facilitata e la via indiretta non sarà più inibita. La conseguenza sarà che nel parkinsoniano  le influenze talamiche sulla corteccia non sono più in senso eccitatorio perché la via diretta non viene più facilitata e la via indiretta non vene più inibita e quindi inibirà i nuclei talamici.

Quello che dal punto di vista fisiopatologico non si spiega con questo schema è il tremore: normalmente si ammette che il tremore sia legato alla liberazione dell’attività spontanea di alcuni nuclei talamici che sparano sulla corteccia in modo indipendente da queste vie, questa ipotesi è stata fatta da un neurochirurgo tedesco nella metà degli anni ’80. Il morbo di Parkinson ha varie origini: vascolare, traumatica, degenerazione senile e alcune cause tossiche.

La levodopamina e il Parchinson

Il morbo di Parkinson è anche la prima malattia neurologica in cui è stato dimostrato che con una integrazione di neuromediatore di cui c’è il deficit si può supplire al danno neurologico. E’stato dimostrato che se si somministra levodopamina si migliorano i sintomi della malattia almeno per un certo periodo. Il rovescio della medaglia è costituito da alcune patologie che colpiscono la via indiretta.
Se inibendo l’attività della via diretta c’è una perdita del movimento, ci si aspetta che inibendo la via indiretta si abbia un aumento del movimento.

Questo è quello che si verifica in almeno due patologie: la corea di Hungtinton e il ballismo.

Nella corea il problema nasce a livello dello striato dove vengono distrutti i neuroni che esprimono i recettori D2 per la dopamina.

La corea di Huntington

è una malattia ereditaria legata ad una alterazione del braccio corto del cromosoma 4 che compare intorno nella terza/quarta decade di vita con manifestazioni cliniche quali gesti involontari sotto forma di movimenti coreici, quindi movimenti lenti che riguardano la radice degli arti. Di solito compare in seguito una demenza e i pazienti a circa dieci anni dalla diagnosi  muore.

La distruzione dei neuroni D2 sembrerebbe essere legata ad una citotossicità del glutammato: il glutammato induce un input eccessivo sulla via indiretta e questa eccessiva stimolazione fa degenerare i neuroni. I movimenti involontari sono spiegati dalla mancata attivazione della via indiretta che normalmente inibisce i movimenti. Qualcosa di simile accade anche nel ballismo, una malattia che ha come causa scatenante una lesione del nucleo subtalamico, in genere dovuta ad una ischemia.

Il ballismo

Nel ballismo i movimenti possono essere ancora più bruschi e potenti che nella corea ed in qualche caso il paziente muore in conseguenza a questi movimenti. Ciò che succede in questa distruzione del nucleo subtalamico è la mancata inibizione della via indiretta.
Si è visto che i neuroni a livello dello striato,e molti altri neuroni dei gangli della base, hanno un ruolo fondamentale anche in situazioni sperimentali in cui ci sono protocolli che prevedono l’attesa di una ricompensa. I task di cui si parla sono i task “go-no go”e consistono in un segnale che fa partire la prova, in seguito a ciò c’è un trigger che suggerisce ciò che va fatto. Si da’ una ricompensa al soggetto protagonista dell’esperimento. Ciò che si è visto è che molti dei neuroni che appartengono a strutture dei gangli della base sparano in tempi diversi in compiti di questo tipo quando ci si aspetta la ricompensa. Alcuni neuroni del putamen scaricano in modo molto forte e queste scarica termina solo nel momento in cui il soggetto abbia ricevuto la ricompensa. Si ritiene che in genere  le vie dopaminergiche entrino in un sistema molto complesso legato alla ricompensa.

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