Ipotesi di Starling

Si può schematizzare il sistema arterìola – capillare – venula con una “U “. In un sistema di tal genere alcune sostanze escono e diffondono negli interstizi tessutali.

Altre sostanze, invece, entrano nel capillare per essere drenate verso le vene. Il meccanismo con cui avvengono questi movimenti è spiegabile mediante diverse ipotesi.

L’ipotesi che si basa sulle diverse pressioni nell’arterìola, nel capillare e nella venula è detta ipotesi di Starling.

Il sangue percorre l’arterìola con una pressione circa pari a 32 mmHg. Questa pressione fa muovere il sangue attraverso l’ansa capillare verso la venula.

Questa stessa pressione fa uscire le sostanze appropriate dal capillare (pressione di filtrazione). La pressione di filtrazione è ostacolata dalla pressione oncotica, pari a circa 25 mmHg verso l’interno del capillare. La pressione di filtrazione risultante verso l’esterno quindi è data da 32-25 = 7 mmHg verso l’esterno del capillare.

Man mano che il sangue procede, essendo il suo flusso viscoso, incontra una resistenza R il cui valore è dato da: 8 v l/* r^4.

v = velocità, può avere piccole variazioni, la consideriamo costante l = lunghezza o distanza dal cuore, aumenta man mano che il sangue procede nei capillari r = raggio del capillare, può presentare piccole variazioni, lo consideriamo costante.

Poichè l’unica variabile è la lunghezza si ha che la resistenza aumenta mentre il sangue procede nel capillare. Poichè il flusso F del sangue è definito come ÆP/R, affinché resti costante, all’aumentare di R deve aumentare anche ÆP (definita come pressione all’inizio del capillare meno pressione alla fine del capillare).

L’incremento di ÆP è dato dalla diminuzione della pressione alla fine del capillare (tra capillare e venula vale circa 12 mmHg, nella vena cava vale 1 o 2 mmHg).

Considerando che tra capillare e venula la pressione verso l’esterno è di circa 12 mmHg, e che la pressione oncotica, che rimane costante, è di 25 mmHg verso l’interno, si ha una pressione di filtrazione risultante di 25-12 = 13 mmHg verso l’interno del capillare.

Si può spiegare così sia l’espulsione delle sostanze utili ai tessuti da parte del capillare “arterioso” sia l’assorbimento delle sostanze da asportare da parte del capillare “venoso”.

Tutte le sostanze che non vengono assorbite dalla rete capillare venosa vengono prelevate dai capillari linfatici. Essi quindi drenano liquidi e grosse molecole, operando a pressioni molto basse (12 mmHg circa, a livello dei capillari, 1 o 2 mmHg a livello dei grossi dotti linfatici).

Un eventuale aumento di pressione a livello dei capillari venosi può rendere nullo il ÆP verso l’interno del capillare, e ciò impedirà l’assorbimento dei liquidi interstiziali (edema).

 

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