Arteriosclerosi
La lesione principale che porta all’indurimento del vaso arterioso è l’Ateroma, detto anche placca fibrosa. È una placca localizzata nell’intima della arteria, morfologicamente formata da:
Una porzione centrale di materiale necrotico e lipidico
Cappuccio fibroso
La arterosclerosi può colpire le arterie di tutte le dimensioni, dall’aorta alle coronarie, ed è una malattia cronica (può durare anche anni) e multifattoriale (più geni sono coinvolti nella predisposizione).
La lesione principale che porta all’indurimento del vaso arterioso è l’Ateroma, detto anche placca fibrosa. È una placca localizzata nell’intima della arteria, morfologicamente formata da:
Una porzione centrale di materiale necrotico e lipidico
Cappuccio fibroso
La arterosclerosi può colpire le arterie di tutte le dimensioni, dall’aorta alle coronarie, ed è una malattia cronica (può durare anche anni) e multifattoriale (più geni sono coinvolti nella predisposizione).
La lesione ateromatosa evolve in 3 forme:
Strie grasse, che evolvono in:
Placche fibrose, che evolvono in:
Lesioni complicate, che portano a:
Trombosi
Emorragie
Stenosi
Gli organi più colpiti sono:
Cuore, in cui si ha infarto del miocardio
Cervello, in cui si arriva all’ictus
Arti inferiori, in cui il decorso porta a gangrena dei tessuti
I fattori di rischio possono essere:
Fattori di rischio generali
Età (over 40)
Soprappeso (>30% del peso ideale)
Sedentarietà
Fattori di rischio individuali
Sesso (le donne sono protette dagli ormoni estrogeni)
Iperlipidemia (colesterolo LDL)
Dieta ricca di colesterolo e acidi grassi saturi
Ipertensione
Tabagismo
Diabete
Forte predisposizione genetica
ATEROMA
Macroscopicamente ha un aspetto biancastro, in rilievo sull’endotelio vasale. È composto da:
Cappuccio fibroso formato da
Cellule muscolari lisce
Monociti
Macrofagi e cellule schiumose
Cellule endoteliali
Fibroblasti
Sotto il cappuccio fibroso, e sopra la tonaca media ci sono:
Cristalli di colesterolo
Tessuto necrotico
Calcio
La teoria più accreditata per spiegare il fenomeno della formazione dell’ateroma è la teoria della “RISPOSTA AL DANNO”.
L’ateroma sarebbe dovuto a un insulto dell’intima per l’aumento della concentrazione di acidi grassi nel sangue, che provocherebbe una reazione infiammatoria e l’accorrere delle cellule del focolaio infiammatorio.
Il tessuto che subisce il danno è l’endotelio, le cui cellule presentano lesioni precoci.
Con l’aumento della iperlipidemia, gli acidi grassi passano per gradiente chimico la barriera endoteliale e entrano nello spazio subendoteliale a contatto con l’intima.
Qui vengono riarrangiati e ossidati. Le LDL ossidate (LDL-ox) svolgono una serie di reazioni che portano alla risposta infiammatoria delle cellule endoteliali che si attivano ed esprimono:
molecole di adesione e MCP (fattore kemiotattico per i monociti) per la diaperesi di monociti e linfociti
fattore CSF (fattore di stimolazione delle colonie) per i monociti
fattori di crescita
Stimolati da questi fattori i monociti migrano nello spazio subendoteliale e formano colonie. Quando vengono in contatto con le LDL-ox producono un fattore kemiotattico che amplifica il processo di migrazione di altri monociti.
Le cellule schiumose sono particolari fagociti con recettori di superficie specifici per le LDL-ox (recettori spazzini), e in cui il complesso ligando-recettore non attiva alcun meccanismo di feedback negativo.
Il fagocita continua dunque a assimilare molecole di LDL-ox fino a esplodere, con conseguente rilascio di colesterolo nella massa centrale necrotica dell’ateroma e potenziamento della risposta infiammatoria (i prodotti della lisi cellulare sono potenti stimoli infiammatori).
Le cellule muscolari lisce normalmente costituiscono il manicotto che avvolge il vaso, chiamato tonaca media. In presenza di patologia ateromatosa accade che le LDL-ox e il PDGF (prodotto dall’endotelio a sua volta stimolato da LDL-ox) rappresentano degli stimoli per le cellule muscolari lisce che oltre a migrare nel cappuccio fibroso, espongono lo stesso recettore spazzino dei fagociti e si differenziano in cellule schiumose incrementandone il numero nella massa necrotica.