Diagnosi Cancro della Mammella
Le neoplasie mammarie rappresentano ben il 27% dell’intera patologia oncologica del sesso femminile. Il cancro mammario ha un’incidenza molto elevata registrando 30.000 nuovi casi per anno e 11.000 decessi ogni anno: una donna su 10 scopre nell’arco della propria vita di avere un tumore mammario. Non conosciamo le vere cause, ma possiamo ipotizzare dei fattori di rischio.
Distinguiamo fattori endogeni legati all’età, all’anamnesi personale, alla familiarità, nulliparità ed una lunga vita feconda e in alcuni casi a mutazioni geniche. Vengono descritti anche fattori esogeni, ossia legati all’obesità, all’alcool, alla dieta iperlipidica, alle terapie estrogeniche, alle esposizioni a radiazioni ionizzanti.
La familiarità è il rischio più importante per il cancro mammario: i geni correlati alla suscettibilità genetica sono il BRCA-1 ed il BRCA- 2. L’evento della mutazione di questi geni sarebbe responsabile dei 2/3 di tutti i tumori ereditari della mammella. Donne con mutazione BRCA-1 hanno il 60-80% di rischio complessivo per cancro mammario. La probabilità di mutazione (stimata con il test di Gail) del 10% è considerata “soglia” per l’avvio del test genetico (sequenziamento dei due geni nel DNA dei linfociti).
Oggi il modello di Gail, attualmente più usato, tiene conto di fattori genetici, riproduttivi e clinici e calcola la probabilità assoluta di ammalarsi in donne tra i 35 e i 70 anni. Rischio generico di sviluppare tumore al seno in individuio di 47 anni:
– carcinoma lobulare o duttale in situ e/o iperplasia duttale atipica: no.
– età menarca: 13 anni.
– età 1° parto: 28 anni.
– n. parenti di 1° grado con cancro mammario: nessuno.
– n. di biopsie mammarie: nessuna.
– probabilità di sviluppare tumore a 5 anni: 1%.
Rischio aumentato di sviluppare un tumore al seno in individuo di 47 anni:
– ca lobulare o duttale in situ e/o iperplasia duttale atipica: no.
– età menarca: 14 anni.
– età 1° parto: 31 anni.
– n. parenti di 1° grado con ca mammario: 2.
– n. biopsie mammarie: 1.
– probabilità di sviluppare tumore a 5 anni: 3,3%.
I parametri più importanti dopo un intervento per carcinoma della mammella a fini prognostici sono rappresentati dall’istotipo, dai linfonodi asportati, dal numero di linfonodi interessati, 10 o più linfonodi metastatici, stato recettoriale ormonale, espressione dell’oncogene her-2neu (c-erb2), gr. I fattori di rischio non servono a spaventare ma devono aiutare le donne a capire l’importanza della diagnosi precoce e sottoporsi con fiducia ai vari controlli. Sicuramente nulla possiamo e non sappiamo completamente come per impedire la nascita di un tumore, ma molto sappiamo che la diagnosi precoce e l’anticipazione diagnostica si traducono in un reale prolungamento di sopravvivenza.
Attualmente, si preferisce parlare di diagnosi “preclinica”, sottolineando così la tendenza della diagnostica per immagini di riuscire a vedere sempre più cose e sempre più piccole, avendo come obiettivo principale quello di identificare le prime manifestazioni della trasformazione neoplastica, consentendo una sempre più precisa caratterizzazione delle lesioni ed una corretta definizione istologica.
La diagnostica strumentale si è ampiamente evoluta in questi anni in maniera rapida e sempre più ultra-specialistica: tutte le varie metodiche sono variamente integrate tra loro e forniscono un gran numero di informazioni tenendo presente comunque il rapporto costo/benefici dal punto di vista biologico e soprattutto economico. La diagnostica clinico-strumentale si avvale dell’autoesame, dell’esame clinico, della mammo ed ecografia, di biopsia mirate che consentano un esame istologico.
Gli screening sono interventi rivolti ad una popolazione selezionata, al fine di individuare pazienti a rischio con l’utilizzo di un test diagnostico, semplice, affidabile, economico e facilmente riproducibile, ma sono limitati e compresi in programmi selezionati L’esame clinico non consente una diagnosi precoce “vera” perché rileva solo lesioni superiori ad 1 cm. La visualizzazione precoce è possibile solo se si dispone di una tecnica dotata di un’elevata risoluzione spaziale: l’unico esempio in cui è possibile questo tipo di applicazione in soggetti asintomatici è la mammografia che, insieme all’ecografia, fornisce informazioni morfologiche “macroscopiche” utili per la definizione delle caratteristiche cito-istologiche con informazioni microscopiche.
In senologia, come in altri campi dell’oncologia, si è assistito ad un ampio sviluppo della radiologia interventistica, considerata una branca super specializzata della radiologia diagnostica che racchiude in sé una serie di procedure diagnostiche e terapeutiche caratterizzate da un grado di invasività superiore alle comuni metodiche radiologiche. Il miglioramento del supporto tecnico consente un atteggiamento clinico sempre meno invasivo mediante procedure radiologiche per cutanee e biopsie guidate dall’ “imaging”.
In presenza di lesioni non palpabili, tali metodiche consentono una precisa localizzazione, requisito fondamentale per evitare ampie asportazioni con scadenti risultati estetici, ma richiedono una comprovata esperienza ed una stretta collaborazione tra radiologo e chirurgo. La localizzazione delle lesioni non palpabili può prevedere l’uso di materiali metallici con biopsie chirurgiche a cielo aperto o biopsie eco guidate con particolari aghi che permettono il prelievo di frustoli di tessuto su cui è possibile effettuare un esame istologico.
Negli ultimi anni, oltre alle metodiche radiologiche, nella diagnostica senologica vengono utilizzate metodiche proprie della medicina nucleare che, con l’ausilio di traccianti radioattivi riescono a localizzare lesioni non palpabili, come nel caso della “ROLL” (Radioguided Occult Lesion Localization), che utilizza albumina marcata che si localizza nella lesione mammaria e viene rilevata al tavolo operatorio da una sonda: il segnale di captazione guida nell’asportazione della lesione.
L’uso dei traccianti radioattivi è ormai diventato una metodica routinaria per la ricerca del linfonodo sentinella. Tale metodica diagnostica consente di valutare l’interessamento metastatico dei linfonodi ascellari nelle neoplasie mammarie in fase iniziale che non abbiano superato i 2 cm di diametro; in questi casi, laddove il linfonodo sentinella (primo dei linfonodi ascellari) risultasse negativo, l’asportazione di tutti i linfonodi risulta non necessaria.
Da tutto quello che è stato descritto, dei nuovi progressi nella diagnosi e nel trattamento, si evince come, a volte, potrebbe risultare non facile capire e accettare per una donna i vari iter diagnostici proposti se alla base non sussiste un rapporto di fiducia con il proprio medico e se l’informazione non risulta semplice e chiara. Il rischio maggiore è quello di generare ansie e paure e di difendersi negandosi i benefici della diagnosi precoce. È compito quindi della cassa medica usare linguaggi semplici e procedure efficaci, ma è doveroso da parte delle donne appropriarsi delle informazioni e gestirle con piena consapevolezza.