Centrifugazione
Durante la centrifugazione
Durante le operazioni di carico e scarico delle centrifughe indossare sempre i guanti. Tutte le centrifugazioni vanno eseguite in provette chiuse con tappi non con “parafilm”.
Qualora avvenga la rottura di una provetta, il materiale infettivo dovrà essere rimosso e successivamente si dovrà decontaminare tutta la centrifuga.
Criteri per eseguire una buona centrifugazione
Per la centrifugazione attenersi ai seguenti criteri:
- prima di centrifugare ispezionare i tubi per la presenza di rotture o fessure;
- non riempire mai le provette fino all’orlo perché si ha inevitabilmente perdita di liquido attraverso il tappo. Chiudere i tappi delle provette prima della centrifugazione.
Centrifugazione Differenziale
È detta anche sedimentazione frazionata. Se le particelle in una sospensione sono di forma simile, ma di dimensioni e/o di densità sensibilmente differenti, si muoveranno con velocità diverse ed impiegheranno quindi tempi diversi per raggiungere il fondo di un tubo da centrifuga e per formare il sedimento o pellet.
Accelerazione della centrifuga
Applicando l’accelerazione centrifuga per un tempo predeterminato, quindi, è in teoria possibile ottenere un pellet contenente solo le particelle più grosse e dense, ma non le altre, che invece rimarranno in sospensione formando il sovranatante. La centrifugazione differenziale è la tecnica più usata per il frazionamento cellulare, cioè per l’ottenimento di preparazioni quasi pure di organelli da sottoporre poi a studio. Ad esempio, centrifugando un omogenato cellulare per tempi relativamente brevi ed a velocità modeste sarà possibile ottenere la sedimentazione dei nuclei ma non degli altri organelli, che hanno densità e/o dimensioni minori e che rimarranno nel sovranatante.
Centrifugazione – il sovranante
Il sovranatante può essere ulteriormente processato per ottenere altri tipi di particelle. Mediante l’applicazione ripetuta di questo procedimento, con l’aumento della velocità e del tempo di centrifugazione, si può ottenere la successiva sedimentazione di particelle sempre più piccole. Con questo tipo di sedimentazione é comunque difficile ottenere frazioni perfettamente omogenee. Infatti, poiché all’inizio tutte le particelle presenti nell’omogenato sono distribuite uniformemente nel tubo da centrifuga (compresa la zona vicina al fondo) il pellet finirà per contenere tutti i componenti dell’omogenato, anche se le particelle più dense saranno presenti in quantità maggiore.
Di solito bisogna effettuare centrifugazioni ripetute del materiale così frazionato: risospendendo il pellet con tampone fresco, e ricentrifugando, si otterrà una purificazione ulteriore del materiale per lavaggio. In genere, i protocolli di purificazione degli organelli prevedono due o tre di queste tappe di ri-centrifugazione del pellet.
Rotori per la Centrifugazione
Esistono diverse tipologie di rotori, da scegliere in base alle esigenze di laboratorio:
Rotori ad angolo fisso per la Centrifugazione
Hanno gli alloggiamenti per i tubi disposti circolarmente attorno all’asse di rotazione ad un certo angolo prefissato che varia in genere tra 20° e 40°. [I rotori verticali sono una variante della dispo-sizione ad angolo fisso, con gli alloggiamenti disposti in verticale, parallelamente all’asse di rotazione (angolo 0°)]. Questi rotori sono i più adatti per la separazione frazionata (vedi oltre) perché, essendo la forza centrifuga applicata obliquamente, quando le particelle sono proiettate contro le pareti, scivolano verso il fondo con la formazione del pellet.
Notate che la distanza delle particelle dall’asse di rotazione (e quindi l’accelerazione centrifuga cui sono sottoposte) varia a seconda della posizione all’interno del tubo, tra rmin ed rmax. L’accelerazione centrifuga effettiva può variare di un fattore due tra cima e fondo del tubo, e quindi, ad es., la velocità di sedimentazione di un mitocondrio che si trovi in fondo al tubo sarà doppia rispetto alla velocità di sedimentazione di un mitocondrio che si trovi nella parte alta della provetta. Per convenzione, il campo centrifugo relativo è calcolato usando il raggio di rotazione medio (rav) di un dato rotore.
Rotori oscillanti ad angolo mobile per la Centrifugazione
I tubi sono alloggiati entro speciali porta-tubi in metallo, agganciati al corpo del rotore tramite due perni. A riposo, i porta-tubi rimangono in posizione verticale, ma quando il rotore inizia a girare, per effetto della accelerazione centrifuga, i porta-tubi ruotano sui perni verso l’esterno, disponendosi orizzontalmente. I rotori oscillanti consentono una formazione di bande di sedimento ben differenziate e di pellet più uniformi (perché le particelle non finiscono per ‘strisciare’ lungo la parete), ma hanno un’inferiore capacità di carico ed una maggiore delicatezza rispetto ai rotori ad angolo fisso. Sono utilizzati per lo più per centrifugazione zonale in gradiente.
In una centrifuga, la miscela da separare (l’omogenato) contenuto in appositi tubi o provette, è posto entro un rotore e fatto ruotare ad alta velocità. A causa della rotazione, le particelle nella miscela sono sottoposte ad un intensa accelerazione centrifuga, che può equivalere anche a molte migliaia di volte l’accelerazione di gravità (indicata con g; quando l’accelerazione è espressa in g si parla anche di accelerazione centrifuga relativa o campo centrifugo relativo).
Convenzionalmente le centrifughe si suddividono in:
- centrifughe da banco (come le microcentrifughe)
- centrifughe da pavimento, più grandi e veloci. Queste ultime sono quelle che ci interessano maggiormente, perché possiedono l’elevata capacità di carico e raggiungono le alte accelerazioni richieste per un frazionamento cellulare.
Un altro importante criterio di classificazione delle centrifughe si basa appunto sul campo centrifugo generato, cioè sulla velocità, esistono centrifughe:
- a bassa,
- a media,
- ad alta velocità
- ultracentrifughe.
Le centrifughe tradizionali ad alta velocità possono raggiungere le 18,000-25,000 rpm (rotazioni per minuto), corrispondenti ad un’accelerazione centrifuga massima di 40,000 – 60,000 g.
Le ultracentrifughe più moderne raggiungono velocità ancora superiori, fino a 100,000 rpm, sfiorando i 600,000 g. Date queste velocità, la camera entro cui il rotore si muove deve essere svuotata dall’aria e refrigerata per evitare che l’attrito dovuto alla rotazione riscaldi eccessivamente l’omogenato. La camera di centrifugazione è anche pesantemente corazzata, con lastre d’acciaio spesse 5 cm ed oltre, perché un rotore non perfettamente bilanciato potrebbe spezzarsi, con conseguenze disastrose.
A cosa serve una centrifuga
Se lo stesso contenitore viene fatto ruotare in circolo, la soluzione viene sottoposta ad una forza di gravità artificiale proporzionale alla distanza dal centro di rotazione e al quadrato della velocità di rotazione. Con la centrifuga si puo’ quindi generare un aumento di gravità rispetto alla gravità terrestre accelerando il processo di sedimentazione. La forza di gravità relativa a quella terrestre sviluppata artificialmente dalla centrifuga viene chiamata RCF (Relative Centrifugal Force), e si indica con “x g”.
Come si realizzano le separazioni cromatografiche
Nella pratica le separazioni cromatografiche si realizzano in 3 diversi modi:
- cromatografia su colonna: la fase stazionaria viene impaccata in colonne di vetro o di metallo.
- cromatografia su strato sottile: la fase stazionaria ricopre sotto forma di strato sottile piastre di vetro, plastica o di metallo.
- cromatografia su carta: la fase stazionaria aderisce alle fibre di cellulosa di un foglio di carta.
Che cos’è la cromatografia
Il termine Cromatografia fu coniato nei primi del novecento dal botanico russo Tsweet. La sua esperienza consistette nel porre in cima ad un cilindro di vetro, contenente gesso (CaSO4) finemente suddiviso e con un rubinetto alla fine, un estratto di foglie verdi di una pianta. Facendo attraversare il cilindro da un solvente, osservò che, mentre questo scorreva, si separavano i vari pigmenti contenuti nelle foglie formando delle bande variamente colorate, da cui il termine cromatografia.
Con il termine cromatografia viene indicata una serie di tecniche analitiche che permettono la separazione dei componenti chimici di una miscela che si distribuiscono, in maniera differenziata, fra due fasi:
- fase mobile (FM)
- fase stazionaria (FS).
Il comportamento, nei confronti delle due fasi, delle sostanze contenute nella miscela é funzione della diversa natura chimico-fisica delle sostanze stesse. In relazione al tipo di tecnica utilizzata, la FS può essere costituita da un liquido (opportunamente supportato) o da un solido mentre la FM può essere costituita da un liquido o da un gas. Per chiarire i principi fondamentali su cui si basa la cromatografia consideriamo una miscela costituita da tre componenti A, B, C da separare.
La fase stazionaria costituita da piccole particelle solide (diametro inferiore a 150 µ) viene impaccata all’interno di un tubo lungo e sottile, generalmente di vetro, che costituisce la colonna cromatografica. La miscela viene posta in cima alla fase stazionaria, si fa fluire l’eluente (fase mobile) a velocità costante, producendo uno spostamento delle varie sostanze della miscela attraverso la fase stazionaria.
Le singole sostanze si distribuiscono fra la fase stazionaria e la fase mobile, in modo differenziato in funzione della diversa affinità con le due fasi.
Se si inserisce, alla fine della colonna un dispositivo in grado di evidenziare (tramite misure IR, UV, di indice di rifrazione, di conducibilità elettrica ecc.), senza che l’eluente interferisca, l’uscita delle varie sostanze, si ottiene una curva (cromatogramma).