Preparazioni Liquide

Tra le forme farmaceutiche liquide si ritrovano soluzioni e sistemi dispersi, ossia sospensioni ed emulsioni.

Soluzioni: Le soluzioni sono semplici da preparare, si ha un’ottima uniformità di distribuzione del farmaco nel solvente, si ha una immediata disponibilità per l’assorbimento ed un facile somministrazione attraverso varie vie. Però  si hanno problemi per il trasporto e lo stoccaggio, i principi attivi sono meno stabili e si possono avere sostanze insolubili.

Fattori che aumentano la solubilità:

ñ  Dimensioni delle particelle.

ñ  Temperatura.

ñ  pH.

ñ  Aggiunta di co-solventi.

ñ  Aggiunta di tensioattivi (solubilizzanti).

ñ  Formazione di complessi.

Le soluzioni sono dispersioni molecolari e/o ioniche di due o più sostanze che sono omogenee in ogni loro punto. Il componente che si trova allo stato disperso è il soluto mentre quello nel quale avviene la dispersione è il solvente.

Sia il soluto che il solvente possono essere gas, liquidi o solidi. Le soluzioni che normalmente possono venire preparate in farmacia sono le soluzioni di solidi in liquidi e più raramente di liquidi in liquidi.

Acqua: Il solvente maggiormente impiegato per preparare le soluzioni in farmacia è l’acqua.FU XII: il termine “soluzione”, senza indicazione del solvente, indica una soluzione acquosa.

L’azione solvente dell’acqua è dovuta a:

ñ  piccola dimensione della molecola.

ñ  forte dipolo permanente.

ñ  elevata costante dielettrica.

ñ  possibilità di formare legami di idrogeno.

La costante dielettrica dell’acqua è circa 78,5; permette quindi di tenere separati ioni con cariche opposte. “L’acqua depurata è l’acqua utilizzata per la preparazione di prodotti medicinali diversi da quelli che devono essere sterili ed apirogeni, salvo eccezione giustificata ed autorizzata”.

“L’acqua depurata si prepara mediante distillazione, scambio ionico o qualsiasi altro metodo adeguato, a partire da acqua conforme alla normativa prevista, dall’autorità competente, per l’acqua destinata al consumo umano”.

Alcool etilico: Il termine etanolo senza altra qualificazione significa etanolo anidro. Il termine “alcool” senza qualificazione significa etanolo (96% V/V). Altre diluizioni di etanolo sono indicate con il termine “alcool” seguito dall’indicazione della percentuale in volume di etanolo (C2H6O) richiesta.

Ha un buon potere solvente nei confronti di sostanze sia idrofobe sia idrofile e rispetto all’acqua presenta il vantaggio di essere inerte. Le sostanze disciolte in alcool si conservano meglio sia chimicamente che microbiologicamente. Viene utilizzato molto spesso per uso esterno.

Glicerina:

Glicerolo (1,2,3-propantriolo) che corrisponde alla monografia presente nella Farmacopea Europea. Glicerolo all’85% (soluzione acquosa contenente non meno dell’83,5 per cento m/m e non più dell’88,5 per cento m/m di 1,2,3- propantriolo).

È un liquido sciropposo, untuoso al tatto, incolore o quasi incolore, limpido, molto igroscopico, miscibile con acqua e con alcool, poco solubile in acetone, praticamente insolubile in etere e negli oli essenziali e grassi. È un buon solvente per sostanze sia idrofobe sia idrofile, un conservante e stabilizzante ad alte concentrazioni (spesso presente nelle formulazioni di colliri e di gocce otologiche). Interagisce con l’acqua e la rende meno disponibile alla proliferazione batterica.

È umettante, emolliente ed evacuante, in quanto per via rettale richiama acqua sul bolo fecale ammorbidendolo e agisce anche con azione irritante favorendo la peristalsi.

Oli (oli vegetali): Sono importanti la purezza e un basso indice di acidità. Il più usato è l’olio di oliva.

Classificazione delle soluzioni in base al tipo di solvente:

ñ  Idroliti o soluzioni acquose.

ñ  Alcooliti o soluzioni alcoliche.

ñ  Gliceriti o soluzioni in glicerina.

ñ  Oleoliti o soluzioni in olio.

Sciroppi: Sono preparazioni acquose caratterizzate da gusto dolce e viscosità elevata. Possono contenere saccarosio ad una concentrazione di almeno il 45% m/m. Il gusto dolce può essere ottenuto anche usando polioli o dolcificanti. Il dolcificante impiegato deve essere indicato in etichetta. Generalmente gli sciroppi contengono sostanze aromatiche o aromatizzanti.

Ciascuna dose deve essere somministrata per mezzo di un dispositivo adatto a misurare il volume prescritto. La componente essenziale è il saccarosio. Lo sciroppo semplice contiene il 65% p/p di saccarosio. Un’alta concentrazione di saccarosio garantisce un’apprezzabile conservazione del preparato; la concentrazione canonica del 66.7% in peso è riconosciuta garantire la permanenza in soluzione del saccarosio senza che cristallizzi in condizioni ambientali ordinarie.

La cristallizzazione del saccarosio può portare alla proliferazione batterica, per evitare ciò si possono aggiungere polioli (glicerina e sorbitolo) o antisettici.

Sciroppo semplice: Dissoluzione di 665 g di saccarosio in 335 g di acqua. La dissoluzione viene eseguita a caldo per facilitare lo scioglimento, per controllare la carica microbica, per facilitare la filtrazione e sotto agitazione. Si effettua per agitazione a T ambiente, per agitazione a caldo o per percolazione. Nella percolazione il liquido solubilizzante viene fatto passare attraverso la polvere di zucchero e il gocciolamento è regolato.

Controlli per gli sciroppi:

ñ  Volume da dispensare.

ñ  Aspetto.

ñ  Caratteristiche organolettiche.

ñ  Caratteristiche fisiche (densità, indice di rifrazione).

La conservazione si effettua alla temperatura ordinaria, al riparo dalla luce se prescritto, in recipienti chiusi per evitare l’evaporazione del solvente e la precipitazione dello zucchero.Agitare prima dell’uso per sciroppi sotto forma di emulsioni o sospensioni.

Alcooliti: 

Tra le varie preparazioni si hanno:

ñ  Elisir, gocce per uso orale (con almeno il 20% di zucchero).

ñ  Soluzioni per uso topico.

ñ  Soluzioni per applicazioni sulle mucose della cavità orale, della laringe o della faringe (colluttori, gargarismi, spray).

Gliceroliti: Soluzioni gliceriche di sostanze medicamentose. La glicerina è miscibile con acqua e alcool. Le soluzioni gliceriche possono essere usate per uso topico o più raramente interno. Hanno una buona  conservabilità, un sapore gradevole e una elevata viscosità, così da poter essere usate nella formulazione di: sciroppi; gocce auricolari (Ictamolo gocce auricolari FU, Fenolo gocce auricolari FU); preparazioni liquide per uso esterno (soluzione di iodio e glicerina FU); preparazione liquide per uso rettale.

Oleoliti:

Tra gli oleoliti si ritrovano:

ñ  Soluzioni di sostanze medicamentose in olio.

ñ  Soluzioni per uso orale.

ñ  Soluzioni per uso esterno (Canfora soluzione cutanea oleosa FU, Acido salicilico soluzione cutanea oleosa FU).

ñ  Soluzioni per uso nasale o auricolare (Eucalipto composto gocce nasali FU).

ñ  Soluzioni per uso rettale.

Il problema maggiore per queste sostanze è l’irrancidimento (ossidazione), perciò si aggiungono antiossidanti.

Proprietà dei liquidi:

Densità: La densità è il rapporto tra il peso di un corpo ed il suo volume ovvero il peso dell’unità di volume. Si misura con picnometro, bilancia di Mohr-Westphal, aerometri o densimetri a galleggiamento.

Viscosità: a reologia è lo studio delle deformazioni che i corpi subiscono quando sulla loro superficie viene applicata una forza in una qualsiasi direzione. Le deformazioni possono essere reversibili (corpi elastici) o irreversibili (corpi viscosi e fluidi). L’aumento della viscosità di una forma farmaceutica influenza anche la biodisponibilità.

Legge di Hooke

E = τ / ε

E = modulo elastico elongazionale o modulo di Young.

τ = sforzo di taglio.

ε = deformazione.

La differenza di velocità tra due superfici, è espressa dalla relazione:

dv = f*F*dy/A

f = dv*A / dy*F

η = 1/f = F/a * dv/dy

f = fluidità del mezzo (facilità di scorrimento);

F = forza applicata (in quanto responsabile del moto d’insieme del fluido);

dy = distanza fra due superfici (maggiore è la distanza dalla base, maggiore è la velocità di scorrimento);

A = area di una qualsiasi superficie (in quanto con esse aumentano, con azione frenante, le interazioni fra due superfici affacciate).

Legge di Newton

η =  τ/D       (Lo sforzo di taglio è direttamente proporzionale al gradiente di velocità),

η = viscosità dinamica assoluta.

D = gradiente di velocità di scorrimento (shear rate).

τ = sforzo di taglio (shear stress).

La viscosità si misura in poise (P) o centipoise (cP).

P = dine * s /cm2                    dine = g cm/s2            P = g /cm s

O in Pascal per secondo:

Pa = N / m2                             [1cP = 1mPa s]

I fluidi possono essere divisi in newtoniani e non newtoniani, che sono di tre categorie: pseudoplastici, plastici e dilatanti.

Fluidi newtoniani: Detti anche ideali (acqua, alcol, glicerina), per questi fluidi la viscosità è costante. La velocità di flusso aumenta linearmente con l’aumentare della forza applicata. Vi si applica la legge di Newton.

Fluidi pseudoplastici: Sono rappresentati dai sistemi colloidali. La viscosità diminuisce al crescere del gradiente di velocità.

La viscosità di un sistema pseudoplastico diminuisce via via che aumenta la velocità di taglio. Il reogramma ha andamento curvilineo e non è possibile esprimere con un unico valore il coefficiente di viscosità del fluido; così, in questo caso, per valutare η si determina la pendenza (f) della tangente alla curva in corrispondenza di una dato sforzo τ e si calcola l’inverso del valore ottenuto (η = 1/ f).

Fluidi plastici: Per questi fluidi la viscosità è costante dopo aver superato un valore soglia di sforzo di taglio.

U = (τ – τ’) /D

U = viscosità plastica.

τ’ = carico di cedimento (sforzo iniziale).

Fluidi dilatanti: Per questi fluidi la viscosità aumenta all’aumentare del gradiente di velocità. Alcuni sistemi aumentano la loro resistenza allo scorrimento via via che aumenta l’entità delle forze di taglio a cui sono sottoposti. Diminuendo o azzerando queste forze, i sistemi riacquistano fluidità. I fluidi pseudoplastici, dilatanti e newtoniani in numerosi casi possono essere descritti con una legge esponenziale:

D = K τN                     log D = N log τ + log K

Dove K e N sono costanti del materiale. Se l’espressione esponenziale viene trasformata in logaritmica la curva rappresentata diventa una retta.

La tissotropia  è una diminuzione di viscosità reversibile, tempo dipendente a uno shear rate costante. Caratterizza quelle sostanze che sottoposte a sollecitazioni di taglio possono aumentare la loro fluidità e, in certi casi, possono passare da uno stato pastoso, quasi solido, allo stato liquido. Nella tissotropia si verifica una rottura della struttura che non si riforma immediatamente quando lo stress è ridotto o rimosso, il recupero della struttura originaria del materiale avviene lentamente.

Il fenomeno opposto è chiamato antitissotropia, è la crescita tempo-dipendente nella viscosità a gradiente costante di velocità di scorrimento. La reopessia è un fenomeno simile nel quale il fluido forma un gel più facilmente se agitato o stressato.

Metodi di misura della viscosità:

ñ  Viscosimetro capillare.

Si basa sulla misura della velocità del flusso del liquido in esame, in un capillare, sotto l’azione di una pressione costante. Si impiega per fluidi newtoniani. Il volume (V) che fluisce nel capillare durante un certo tempo (t) risulta essere:

V/t = π ΔP R4 / 8 η l           quindi la viscosità è:

η = π ΔP R4 t / 8 V l   (formula di Hagen-Poiseuille).

La determinazione della viscosità assoluta è difficoltosa, ma risulta semplice calcolare la viscosità del liquido in esame in riferimento ad un altro liquido, come l’acqua.

η = π ΔP R4 t / 8 V l              ΔP = ρ g h

η12 = t1ρ1 / t2ρ2

In un particolare viscosimetro il valore di r ed l sonocostante l’eq. può essere scritta:

V/t =  ΔP/ η

Se h è l’altezza del liquido di densità $ allora la pressione idrostatica è data da:

p = ρ g h         quindi V/t = ρ g h/η

Comunque V ed h saranno costanti per un dato viscosimetro:

1/t =  ρ/η

Il rapporto della viscosità per la densità di un liquido è chiamata viscosità cinematica υ:

υ = ρ/η           υ = c t            (dove c è una costante e dipende dal tipo di viscosimetro),

ñ  Viscosimetro a sfera cadente.

Anche questo viscosimetro si utilizza per fluidi newtoniani. Per misurare la densità si utilizza l’equazione di Stokes:

18 η = [d2 (ρ – ρ0)g t] / h

μ = k (ρ – ρ0) t

ñ  Viscosimetro rotativo a cilindri coassiali: È adatto per fluidi non newtoniani. Consiste di un corpo cilindrico posto all’interno di un contenitore anch’esso cilindrico in cui si trova il fluido in esame. Il contenitore esterno viene fatto ruotare a mentre quello interno è sospeso attraverso un filo a torsione. La rotazione deteemina un movimento del fluido e la torsione del filo, indicata dall’angolo di deviazione di un indicatore.

ñ  Viscosimetro rotativo a cono-piastra: È formato da un disco leggermente conico la cui punta tocca una piastra piana. La piastra viene fatta ruotare a una velocità fissa e si misura la torsione trasmessa al cono attraverso il fluido in esame. La viscosità può essere calcolata con la formula:

η = [3G/(2r3π)] * [Ψ/Ω]

G = torsione del cono,

r = raggio del cono,

Ω = velocità radiale della piastra,

Ψ = angolo tra piastra e cono.

Tensione superficiale: Qualsiasi tentativo di portare più molecole all’interfaccia deve vincere la resistenza dell’interfaccia che si comporta come se fosse sottoposta ad una tensione verso l’interno.

L’energia spesa per spostare una molecola in superficie viene convertita nella energia libera di superficie del sistema La superficie contratta corrisponde ad un minimo di energia ed ogni tentativo per aumentare la superficie deve comportare un incremento di energia libera secondo l’equazione:

W = γ ΔA

Se una massa solida (o liquida) viene suddivisa in numerose piccole particelle (o gocce) l’area superficiale del solido (o liquido) viene aumentata enormemente. Dato che la quantità enormemente maggiore di molecole si trova ora alla superficie, l’energia libera superficiale totale del sistema risulterà aumentata. L’energia libera superficiale può essere definita come il lavoro richiesto per aumentare una superficie di una unità di area (erg/cm2).

Equazione di Gibbs:

ΔG = γ ΔA

ΔG =  variazione di energia libera che si accompagna ad una variazione ΔA di area interfacciale γ [dine cm-1] = tensione interfacciale liquido/liquido per emulsioni; solido/liquido per sospensioni.

ΔG rappresenta quindi il lavoro richiesto per aumentare di ΔA l’area dell’interfaccia; è sempre positivo, perciò il sistema tende allo stato di area interfacciale minima, si ha quindi uno stato termodinamicamente stabile.

Tensione superficiale (γ) [dine cm-1] – lavoro necessario per aumentare la superficie di separazione di un cm2 vincendo le forze coesive. Misura delle forze coesive tra le molecole del liquido  stesso.

Tensione interfacciale – forza per unità di lunghezza che esiste all’interfaccia tra due fasi liquide      immiscibili. Misura del grado di interazione fra due liquidi.

Dimostrazione della presenza della tensione superficiale: Se immergiamo una cannuccia in acqua e poi vi soffiamo dentro, constateremo che l’acqua si divide in tante piccole goccioline. Ripetendo l’esperimento con dell’acqua saponata, soffiando nella cannuccia si otterranno delle bolle di sapone.

Nel primo esperimento, l’acqua si dividerà in goccioline perché le molecole d’acqua sono legate strettamente tra di loro (forza di coesione) e non si “aprono” facilmente perché la tensione superficiale è molto forte. Nel secondo esperimento, l’aggiunta di sapone, che è un tensioattivo, abbassa la tensione superficiale e quindi le molecole tenderanno ad allontanarsi formando una pellicola elastica capace di gonfiarsi con l’aria.

γ = f / 2L f = γ x 2L

La tensione superficiale della soluzione che forma il film è una funzione della forza che deve essere applicata per rompere il film e della lunghezza della barra mobile in contatto con il film.

F= m a = g  cm/sec2 = dine               L = cm                        γ=dine/cm

dW = f ds (spostamento)

dW = γ 2L ds

dW = γ dA

Per una lunghezza finita:

W = γ ΔA

La tensione superficiale è definita come il cambiamento di energia libera di superficie per aumento di unità di area.

Misura della tensione superficiale:

ñ  Contagocce.

Si raccolgono da 20 a 30 gocce e si calcola il peso medio di una goccia. Poiché la tensione superficiale è influenzata dalla temperatura occorre un attento controllo di quest’ultima.

m = d π γ F /g

γ = m g / d π F

ñ  Stalagmometro: Si usa un volume preciso di liquido (V) e si conta il numero di gocce (N) in cui viene suddiviso il liquido.

m = v ρ           v = volume di una goccia

v = V/N

γ = V ρ g /d π F          γ = V (ρ12) g /d π F

ñ  Tubo capillare: la salita nel capillare dipende dalla spinta ascendente del liquido e dalla forza di gravità, il liquido si ferma quando le due forze sono equivalenti.

2 π r γ cosθ = π r2 h ρ g

γ cosθ = ½ r h ρ g

Se la forza di adesione è molto più grande della forza di coesione, l’angolo è molto piccolo e cosθ (θ ≤ 20°) si approssima ad 1.

γ = ½ r h ρ g

ñ  Tensiometro di Du nouy: Si ha un anello di platino-iridio immerso nel liquido in esame, collegato tramite un filo a un sistema di torsione. La forza applicata determina la tensione superficiale.

γ = F letta/ 2r

ñ  Tensiometro di Wilhelmy: È simile al precedente ma al posto dell’anello prevede una piastrina connessa ad un sistema che permette di effettuare una pesata.

ΔW/ 2l = γ cosθ

ΔW = Wtot – Wlamina

γ = ΔW cosθ / 2l

Bagnabilità: La bagnabilità è la capacità che un liquido ha di distribuirsi e di spargersi totalmente sulla superficie di un solido o di un altro liquido. Il potere bagnante di un liquido nei confronti di un solido può essere espresso dall’angolo di contatto, che è definito come l’angolo esistente tra la goccia di liquido e la superficie su cui si deposita.

L’angolo di contatto è l’angolo delimitato dalla superficie del solido e dalla tangente alla superficie di separazione tra solido e liquido presa nel punto di contatto tra solido e liquido stesso. Se l’angolo di contatto è maggiore di 90° il liquido non bagna.

La bagnabilità può essere espressa dalla relazione di Young:

cosθ = (γsa – γls) / γla

γsa =tensione superficiale solido/aria,

γla =tensione superficiale liquido/aria,

γls =tensione interfacciale solido/liquido.

Quando una goccia di liquido è posta su una superficie solida, il suo perimetro si sposta, allargandosi o contraendosi, fino a quando l’angolo θ assume il valore dato dall’equazione di Young. La bagnabilità è massima quando θ = 0, quindi  cosθ = 1; si hanno quindi una bassa tensione superficiale del liquido, una bassa tensione interfacciale e una grande tensione superficiale del solido.

La bagnabilità è parziale quando l’angolo θ è minore di 90°; essa aumenta con il diminuire di θ, diventando massima per θ = 0°. Questa situazione si presenta quando γsa >  γsl ed è particolarmente evidente quando la tensione superficiale del liquido è elevata.

La bagnabilità è scarsa quando θ > 90º (cos θ < -1); si verifica se γsl > γsa.

Non si ha bagnabilità quando θ = 180° (cos θ = – 1).

La tensione superficiale di un liquido puro può essere facilmente influenzata dall’aggiunta di piccolissime quantità di sostanze chimiche (tensioattivi). Queste sostanze formano uno strato che, per essere efficace, deve ricoprire integralmente la superficie del liquido, ma è sufficiente che abbia lo spessore di una molecola. Se la sostanza non è in quantità sufficiente per coprire tutta la superficie, la tensione superficiale è influenzata marginalmente.

I composti aventi proprietà tensioattive hanno una struttura chimica caratterizzata da due distinte regioni denominate regione idrofila e regione idrofoba. Le porzioni idrofobe sono generalmente costituite da catene idrocarburiche sature o insature o meno frequentemente da sistemi eterociclici o anelli aromatici.

Le porzioni idrofile possono essere di natura anionica, cationica o non ionica. Alcuni tensioattivi posseggono gruppi carichi sia positivamente che negativamente e quindi sono composti anfolitici: in funzione del pH questo tipo può esistere come tensioattivo anionico o cationico.

La diminuzione della tensione interfacciale tra la fase oleosa ed acquosa facilita la formazione delle emulsioni; l’assorbimento dei tensioattivi su particelle insolubili consente di disperdere queste ultime sotto forma di sospensione, mentre l’incorporazione di un composto insolubile all’interno di micelle del tensioattivo può permettere la realizzazione di soluzioni limpide.

I tensioattivi possono essere utilizzati anche per ridurre la tensione superficiale del liquido a cui vengono aggiunti, per esempio l’acqua possiede una γ = 72 dine/cm, ma con piccole concentrazioni (0.01%) di opportuni tensioattivi, essa può diminuire fino a 20 dine/cm;

La conseguenza di questo abbassamento influisce sul modo in cui un liquido “bagna” una superficie, per questo i tensioattivi sono noti anche come “agenti bagnanti”. Per far variare solo questa proprietà il tensioattivo deve essere utilizzato in piccola quantità, al di sotto della sua CMC (concentrazione micellare critica).

I tensioattivi possono essere utilizzati in quanto detergenti. Il Potere detergente è la capacità di eliminare tramite una fase acquosa una fase grassa da una superficie. In questo caso, l’attività detergente è condizionata dal raggiungimento della CMC, a questo scopo occorre conoscere quanto tensioattivo si deve aggiungere ad una certa quantità di acqua.

Questo dato, richiede due parametri del tensioattivo: la sua CMC ed il suo Peso Molecolare (PM): entrambi possono essere ricavati dalla letteratura tecnica o dai cataloghi. Tra le altre proprietà dei tensioattivi si hanno l’azione sulla spandibilità, per cui i tensioattivi vengono usati per preparazioni per uso topico, e proprietà Emulsionanti, con i tensioattivi si possono miscelare tra loro liquidi altrimenti immiscibili, come acqua e solventi apolari.

Proprietà delle soluzioni: 

Abbassamento della tensione di vapore: La tensione di vapore si abbassa se si ha un soluto non volatile disciolto in un solvente liquido. Per soluzioni ideali di non elettroliti la tensione di vapore segue la legge di Raoult: PA = XAA.

Innalzamento del punto di ebollizione: dato che la tensione di vapore di una soluzione formata con un soluto non volatile diminuisce il punto di ebollizione, temperatura alla quale la tensione di vapore eguaglia la pressione atmosferica, aumenta rispetto a quello del solvente puro.

Pressione osmotica: La pressione osmotica è la pressione esterna che deve essere applicata ad una soluzione per prevenire il processo di osmosi, diffusione spontanea di solvente da una soluzione di bassa concentrazione di soluto ad una a concentrazione maggiore. L’equazione da utilizzare è quella di Vant’hoff.

Per i non elettroliti si ha:       Π V = n R T               n/V=C                         Π =C R T

V=volume di soluzione                     T = temperatura

n= numero di moli di soluto              R = costante dei gas

Per gli elettroliti invece:        Π V = i n R T

i = coefficiente di van’t Hoff= [1+ (ν-1)α]

ν = numero di ioni formati

α = grado di dissociazione

Una soluzione si definisce 1 osmolale quando contiene 1 osmole di soluto per kg di solvente (H2O); sarà n osmolale quando contiene n osmoli di soluto per kg di H2O.

Una soluzione si definisce 1 osmolare quando contiene 1 osmole di soluto per litro di solvente (H2O), sarà n osmolare quando contiene n osmoli di soluto per litro di H2O.

Per i non elettroliti l’osmolarità corrisponde alla molarità: mOsm/l = (g/l /PM) * 1000.

Per gli elettroliti forti: mOsm/l = (g/l /PM) n° ioni * 1000,

Per i singoli ioni:  mOsm/l = (g/l ione /peso ione) * 1000.

Abbassamento del punto di congelamento: L’aggiunta di un sale all’acqua ne fa abbassare il punto di congelamento secondo la formula:

Δt =tsp – tsol

tsp = punto di congelamento del solvente puro,

tsol = punto di congelamento della soluzione,

Δt = Ksp n

Ksp = costante crioscopica,

n = numero di particelle disciolte,

Per l’acqua Ksp = 1.86 ºC; Δt sangue o fluido lacrimale = – 0.52 ºC,

Una soluzione di NaCl 0.9% ha un Δt di 0.52 ºC.

 

 

Potrebbero interessarti anche...