Disturbi del Desiderio

La Disfunzione Erettile (DE) è una patologia di elevata prevalenza nella popolazione mondiale. Secondo recenti stime, in Italia vi sono circa 2,5-4 milioni di uomini, pari al 12,8% della popolazione maschile totale, affetti da DE di varia etiologia e grado. È dunque evidente che la quota di pazienti che giunge all’osservazione medica non è che la punta di un iceberg e che la DE nella sua entità di patologia multifattoriale presenta una imponente quota di “sommerso”.

Le ragioni di tale fenomeno sono molteplici, a partire dalla ritrosia del paziente a confidare perfino al proprio medico curante i suoi problemi di erezione, per finire con la difficile posizione del medico di medicina generale, il quale non è per tradizione preparato ad approcciare tale patologia che richiede spesso una formazione specialistica e omette di sollevare il problema in sede di anamnesi.

Tuttavia, è il medico, inteso come specialista di vario settore, che nella maggior parte dei casi dà inizio al dialogo sull’ argomento DE. La funzione medica in campo DE è quindi fondamentale non solo per impostare i corretti protocolli diagnostici e terapeutici del caso, ma anche per far emergere questa singolare patologia che è tanto taciuta dal paziente quanto è invalidante ai fini della qualità di vita. Risulta, infatti, che il paziente è nella maggior parte dei casi ben lieto che il medico introduca per primo l’argomento, superando l’invisibile barriera iniziale, in quanto la sessualità, sebbene sia un argomento spesso negletto in sede di anamnesi, rappresenta, anche in età avanzata, una componente molto importante nel determinare la qualità di vita dell’individuo.

In questo scenario, è facile comprendere quanto sia necessario attivare dei percorsi di formazione per specialisti che nella loro attività professionale possono venire a contatto con la DE. Solo di recente, lo specialista uro-andrologo ha saputo imporsi come figura di riferimento nel mondo della DE. Tale patologia, tuttavia, può essere primariamente diagnosticata da diversi specialisti, quali i diabetologi, i cardiologi, i neurologi, i geriatri, i sessuologi, gli endocrinologi, gli urologi ed altri.

Questa peculiarità della DE, che trova giustificazione nella multifattorialità della sua etiologia ed al polimorfismo di comorbidità che il paziente con DE può presentare, ha fatto sì che, allo stato attuale, la DE tenda ad essere più giustamente considerata un sintomo, comune a varie patologie che non una patologia a sé stante. Dati recenti hanno documentato come l’esordio della disfunzione erettile può fungere da spia per un’incipiente malattia cardiovascolare ed in generale la disfunzione erettile è ormai ritenuta una patologia neurovascolare distrettuale. Il considerare la DE come sintomo precoce di patologie neurologiche (es. neuropatia diabetica) e vascolari (es. aterosclerosi) ha fatto nascere il concetto di DE come “sintomo sentinella”.

La disfunzione erettile, da distrettuale patologia d’organo condizionante la qualità di vita, viene quindi ad essere un segno comune di molteplici patologie sistemiche, pericolose ai fini della sopravvivenza. Le patologie che possono causare danni vascolari sono molto comuni nelle fasce d’età più avanzate e tra esse vanno ricordate l’aterosclerosi e l’iperlipidemia, l’ipertensione e il diabete. Tutte queste patologie e gli stili di vita sbagliati, come il tabagismo e la vita sedentaria, si traducono in alterazioni della parate vasale che non riesce più a dilatarsi in risposta a particolari stimoli e nel caso dell’impotenza questo determina il difettoso riempimento dei corpi cavernosi. Le patologie di natura neurologica, invece, possono determinare danni alle fibre nervose che inviano l’impulso sessuale a livello genitale.

Tra queste vanno ricordate la sclerosi multipla o i traumi spinali o pelvici (indotti anche da trattamenti chirurgici). Il diabete è responsabile oltre che di danni vascolari anche di danni a livello nervoso; per questo motivo, i soggetti con DE sono rappresentati nel 50% dei casi da pazienti diabetici e questi presentano i segni dell’impotenza 10 anni prima della media e tale disturbo può essere il primo sintomo della patologia di base. I disordini endocrini possono determinare particolari condizioni di impotenza sessuale.

Nella nostra esperienza clinica le alterazioni della funzionalità dell’ipofisi (ipopituitarismo) e la presenza di tumori secernenti prolattina si sono rilevati cause di DE non infrequenti. Nel primo caso, infatti, si assiste ad un ipogonadismo con calo dei livelli di testosterone e quindi anche di desiderio sessuale; nel secondo caso, si verifica un ostacolo all’erezione. In ultima analisi vanno considerati anche determinati farmaci come i sedativi, gli antidepressivi e gli antipertensivi (soprattutto questi ultimi di largo uso) che interagiscono e ostacolano il normale processo dell’erezione.

Il medico deve considerare le possibili cause alla base di questo problema e quindi porre diagnosi di disfunzione erettile tramite un attento esame obiettivo del paziente. Raccogliere una dettagliata anamnesi psicosessuale rappresenta il primo passo di questo iter. In secondo luogo, bisogna valutare i caratteri sessuali come la distribuzione di peli, la dimensione delle mammelle, lo stato dei testicoli e della tiroide per evidenziare possibili anomalie endocrine.

Durante l’esame obiettivo il medico curante deve considerare la possibilità che alla base della DE vi sia un deficit vascolare o neurologico; quindi, si valutano il polso femorale e pedidio per escludere un’insufficienza vascolare e la sensibilità genitale e perineale per escludere un deficit neurologico.

Successivamente, il paziente esegue adeguati test di laboratorio ed in primis il dosaggio del testosterone e della prolattina, il profilo lipidico, la glicemia a digiuno ed un esame emocromocitometrico completo; in questo modo si orienta l’attenzione verso un possibile problema ormonale, dismetabolico o endocrino. Nel caso in cui emergano disordini di questo tipo il trattamento sarà internistico in primis e punterà al controllo dei parametri alterati. Nel caso in cui, invece, non siano emerse alterazioni di alcun tipo si procede con tecniche diagnostiche maggiormente accurate e più invasive che possano evidenziare alterazioni di altro genere.

L’ultimo passo nella diagnostica di DE consiste, quindi, in esami strumentali: il gold standard nella diagnosi di un possibile deficit veno-occlusivo è rappresentato dall’eco-color-doppler penieno dinamico che permette di valutare la funzione vascolare a livello del pene.

L’esame inizia con la somministrazione intracavernosa di un farmaco vasodilatatore che induce l’erezione (PGE1) e quindi si valuta per mezzo della sonda doppler la risposta vascolare oltre a quella clinica facilmente obiettivabile. Se la risposta è positiva, ossia è presente una erezione soddisfacente ed i parametri vascolari sono nella norma, si può consigliare al paziente una terapia medica mediante l’uso degli inibitori della fosodiesterasi 5 (PDE5). Questo enzima antagonizza l’effetto dell’ossido nitrico e quindi favorisce la vasocostrizione a livello penieno impedendo l’erezione.

Il primo farmaco di questa categoria (PDE5i) entrato in commercio è stato il Sildenafil citrato nel 1998. Questo farmaco è disponibile in tre dosi: 25, 50 e 100 mg. È consigliabile iniziare il trattamento con il dosaggio medio e, se necessario, aumentarlo o diminuirlo successivamente. L’effetto si ottiene circa 30 minuti dopo la somministrazione se è presente una stimolazione sessuale e si mantiene per 6-8 ore. Gli effetti collaterali maggiormente descritti sono congestione nasale, vampate di calore, diarrea, dispepsia, mal di testa e comunque sono effetti che si presentano poco spesso e raramente determinano la discontinuazione del farmaco. Raramente sono stati riportati disturbi nella discriminazione dei colori. Negli anni successivi, oltre al Sildenafil citrato sono entrati in commercio anche il Tadalafil ed il Vardenafil. Il Tadalafil è disponibile in dosi da 10 e 20 mg.

La differenza principale con il Sildenafil citrato è rappresentata dalla durata dell’effetto che si aggira intorno alle 36 ore. Gli effetti collaterali sono sovrapponibili a quelli elencati per il Sildenafil anche se il Tadalafil presenta più frequentemente problemi mialgici. Il Vardenafil, infine, è disponibile in dosi da 10mg e 20 mg ed è simile al Sildenafil citrato per quanto concerne il tempo di insorgenza e la durata, mentre si differenzia per la non interferenza sull’efficacia della risposta dell’assunzione di cibo ed alcool.

Gli effetti collaterali sono anch’essi simili a quelli del Sildenafil citrato e, quindi, non significativi. Bisogna ricordare che tutti e tre i farmaci sono controindicati ai soggetti che assumono farmaci nitroderivati (si potrebbe potenziare l’effetto ipotensivante del farmaco). Non in tutti i pazienti con DE questi differenti presidi terapeutici si rivelano efficaci e/o attuabili. In questi casi, esiste la possibilità di somministrare per via intracavernosa la PGE1, un potente vasodilatatore periferico che induce un’erezione nel giro di pochi minuti.

Questo farmaco è in commercio con due dosaggi, 10 e 20 microgrammi. Gli effetti collaterali possono essere un’erezione prolungata fino anche all’insorgenza di priapismo (erezione dolorosa che non si risolve anche dopo l’eiaculazione) e la fibrosi dei corpi cavernosi (che può causare a lungo termine anche l’insorgenza della  malattia di La Peyronie, ossia l’incurvamento del pene). Laddove anche questo tipo di terapia medica non possa essere effettuata o non produca risultati soddisfacenti in termini di efficacia, esiste una terapia di tipo chirurgico che consiste nell’impianto di una protesi peniena.

Generalmente, le protesi impiantate sono di due tipi:
protesi malleabili e protesi gonfiabili. In entrambi i casi, le protesi vengono inserite all’interno dei corpi cavernosi e garantiscono una adeguata tumescenza. Le protesi malleabili o semirigide sono realizzate in silicone e molti modelli contengono un’anima centrale in metallo intrecciato. Il meccanismo delle protesi gonfiabili è più complesso poiché sono costituite da due cilindri inseriti all’interno dei corpi cavernosi che vengono gonfiati con soluzione fisiologica contenuta all’interno di un serbatoio localizzato a livello dello scavo pelvico, vicino alla vescica, per mezzo di una pompa posizionata all’interno dello scroto.

È necessario informare i pazienti che questo tipo di terapia è da considerare solo nei casi in cui le altre terapie mediche non siano efficaci o utilizzabili, in quanto costituisce una terapia di non ritorno, nel senso che una volta messa la protesi non vi sono altri tipi di terapia proponibili per risolvere il deficit erettile del paziente. Il tasso di soddisfazione del paziente e della sua partner dopo impianto di protesi peniena è stato riportato essere in letteratura del 95%.