L’obesità rappresenta uno dei fenomeni di salute pubblica più preoccupanti degli ultimi decenni, soprattutto nei Paesi industrializzati, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità parla del fenomeno in termini di vera e propria “epidemia” diffusa su scala planetaria che con un neologismo è stata denominata “globesità”. Nel corso dei millenni abbiamo assistito ad una evoluzione della specie umana che da uomo primitivo cacciatore e predatore del cibo necessario alla sua sopravvivenza, si è passati ad un uomo grasso e sedentario, vittima di una società consumistica fatta di fast-food e coca cola.
Per contro, con il modificarsi di fattori ambientali, sociali e culturali, si sono introdotti nuovi modelli di identità, in un mondo fatto di immagini che ha soppiantato quello della opulenza: mito della Dea Madre (dea dell’abbondanza e della fertilità) per far posto ad un’immagine stereotipata legata alla estrema magrezza: mito della silhouette.
L’obesità è in allarmante aumento in tutto il mondo, oltre 300 milioni sono obesi. Anche in Italia l’obesità rappresenta un problema sanitario di crescente e pressante gravità, da vero e proprio allarme sociale. Secondo i dati ISTAT, circa il 10% della popolazione italiana è francamente obesa, il 35% è in sovrappeso. L’andamento è in preoccupante aumento, se si considera che il numero degli obesi dal 1994 ad oggi è cresciuto del 25% e che si registra il record di primato europeo di bambini in sovrappeso (36%) ed obesi (10-15%). In Italia oltre 1 milione sono obesi, prevalentemente più interessate le regioni meridionali, le donne-casalinghe, i ceti economicamente più deboli.
Tutte le indagini epidemiologiche concordano nell’evidenziare come l’obesità aumenta in modo significativo l’incidenza di morbilità e mortalità e tale problema è ancora più grave se si considera che insieme al fumo costituisce la seconda in ordine di frequenza tra le cause prevenibili di morte. Tutto questo si traduce in un enorme impatto sociale, con rilevanti costi sociali e sanitari diretti ed indiretti; difatti, circa il 2-8% della spesa sanitaria nazionale viene utilizzata per curare tali pazienti, a cui si aggiunge l’invalidità lavorativa. È bene ricordare a tal proposito che si tratta di persone di età media intorno ai 40 anni, cioè nel pieno della maturità produttiva e che al contrario hanno una ridotta quantità di vita, pari ad una riduzione di circa un quarto per le patologie ad essa correlate ed una scadente qualità di vita.
L’obesità, attualmente, è considerata una malattia cronica che contribuisce a determinare mortalità prematura, patologie correlate e disagio sociale. Vi sono, infatti, una serie di malattie per le quali è stato dimostrato uno stretto rapporto con l’obesità quali, diabete mellito di tipo II, ipertensione arteriosa, cardiopatie e vasculopatie, insufficienza respiratoria, artropatie, calcolosi della colecisti, ecc. L’eziologia è riconducibile, ad eccezione di cause endocrine (adenomi ipofisari, surrenalici ecc.), a predisposizione genetica, a fattori socio-culturali ed ambientali che condizionano una variazione dello stile di vita con abitudini alimentari scorrette e la quasi totale mancanza di attività fisica in quanto la patogenesi della obesità è riconducibile sempre e comunque ad un bilancio energetico positivo che si realizza tra dispendio energetico ed energia introdotta attraverso il cibo.
Di fronte a questa grave e preoccupante situazione abbiamo due assolute priorità: la prevenzione con la diffusione di nuove abitudini alimentari e di un corretto stile di vita nelle scuole, specialmente in età pediatrica, e la terapia efficace e duratura dei pazienti già affetti da tale patologia, perché dimagrire vuol dire ridurre il tasso di mortalità correlata. La terapia chirurgica è l’unica forma di trattamento che consenta la guarigione duratura nel tempo, dato che gli innumerevoli tentativi di programmi terapeutici rappresentati da diete e/o farmaci (sibutramina, orlistat, metformina, fluoxetina), associati ad attività fisica e terapia cognitiva-comportamentale, hanno presentato un successo nel 5% dei casi a lungo termine.
Difatti, si assiste quasi costantemente alla cosiddetta “sindrome dello yo-yo”, il peso scende per poi risalire per vari cicli, ma ogni volta con qualche chilo in più rispetto a quello iniziale. Questo perchè l’obesità è una condizione caratterizzata da un andamento cronico che presuppone l’acquisizione stabile e duratura di uno stile di vita sano, compatibile con condizioni socio-culturali e con le tradizioni dell’ambiente in cui vive il soggetto obeso.
Prima di parlare del trattamento chirurgico vero e proprio, un cenno spetta ad una metodica di recente impiego, quale il palloncino intragastrico (BIB) che, per la facilità d’impiego, ha goduto e gode di grande compliance sia da parte del paziente che da parte dei chirurghi. L’impiego del BIB è soprattutto in relazione al trattamento di obesità patologiche borderline e come propedeutico ad una chirurgia quando necessita ridurre i rischi operatori. Il suo meccanismo d’azione è riconducibile al:
– peso del pallone che è riempito con 500-700 ml di soluzione fisiologica e 10 ml di blue di metilene.
– rallentato svuotamento gastrico.
– discomfort: nausea, vomito, dolore epigastrico e quindi precoce senso di sazietà.
Viene posizionato e rimosso attraverso una esofago-gastroduodenoscopia, con durata del trattamento di circa 6 mesi.
Le linee guida attuali prevedono la chirurgia per i pazienti con B.M.I. (indice di massa corporea), > 40 o > 35 se associato a comorbilità quali: l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito di tipo II, le cardiopatie, l’insufficienza respiratoria, le gravi malattie articolari ecc. Inoltre, per essere candidati all’intervento chirurgico, i pazienti devono avere nella loro storia clinica, una obesità che data almeno 5 anni, un fallimento di un corretto trattamento medico (dietetico e/o farmacologico), età compresa tra i 18-60 anni (anche se negli ultimissimi anni il range di età si è esteso al di sotto dei 18 e al di sopra dei 60). Assoluta controindicazione vi è per i pazienti affetti da gravi disfunzioni endocrine, gravi turbe psichiche o che assumono alcool o droghe.
Prima di essere sottoposto ad intervento chirurgico il paziente deve essere valutato attentamente dal punto di vista endocrino-metabolico e nutrizionale, oltre uno studio con indagini strumentali per valutare il rischio operatorio.