Vitro Cell-Based Assay

Un esempio di saggio in vitro per capire la capacità di un certo farmaco di agire su di un certo parametro e di differenziare la risposta in funzione dei diversi genotipi senza dover somministrare il farmaco al paziente.
Si tratta di un saggio di funzionalità del farmaco in funzione del genotipo in cui si utilizzano  una o più linee cellulari, per esempio dei fibroblasti, che contengano il gene wt e la variante di interesse, mantenendo tutto il resto nelle stesse condizioni. 

Un esempio di saggio in vitro per capire la capacità di un certo farmaco di agire su di un certo parametro e di differenziare la risposta in funzione dei diversi genotipi senza dover somministrare il farmaco al paziente.
Si tratta di un saggio di funzionalità del farmaco in funzione del genotipo in cui si utilizzano  una o più linee cellulari, per esempio dei fibroblasti, che contengano il gene wt e la variante di interesse, mantenendo tutto il resto nelle stesse condizioni. 

Mediante la trasfezione di un cDNA del recettore wt o variante, oppure mediante una mutagenesi sito-diretta si può ottenere una differenza genotipica nella stessa linea cellulare e avere due condizioni confrontabili per tutte le altre variabili. Ovviamente il sistema artificiale non permette di valutare tutti i tipi di risposta, di contro ha il vantaggio di differire soltanto per la variabile che si vuole studiare. In questa condizione si eliminano il più  possibile gli effetti confondenti che possono derivare dal fatto che in un gruppo di pazienti, si avrà la stessa differenza genotipica (rispetto a quel polimorfismo) ma si avranno chissà quante altre differenze genetiche, fisiologiche, etc. che non permettono di valutare l’effetto del singolo polimorfismo.

Il sistema è particolarmente interessante per studiare l’azione di un farmaco che ha come bersaglio dei recettori di membrana, che si trovano sulla superficie della cellula e si possono determinare prima e dopo il trattamento. In uno studio sono state prese cellule muscolari lisce delle vie respiratorie e si misurata l’espressione del recettore  β2-adrenergico come percentuale (rispetto alla cellula non trattata) in seguito all’esposizione al β-agonista.

A parità di condizioni di trattamento, nel caso del genotipo selvatico la quantità di recettore disponibile si riduce del 77%, nel caso del genotipo variante si riduce del 96%, dimostrando il farmaco ha un effetto di desensibilizzazione maggiore per la variante Gly16.

Prendendo l’altra variante Ile 164, si possono saggiare le due linee per l’attività dell’adenil ciclasi, che viene stimolata dall’agonista, in funzione delle concentrazione di epinefrina e si vede l’attività dei recettori, in risposta al farmaco, è molto più elevata per il genotipo wt che non nel caso della variante.
Con questo sistema si possono costruire diverse linee e andare a misurare diversi parametri in vitro. Per esempio è stato visto che la densità dei recettori è maggiore sulle cellule che portano la variante BUP Cys19 rispetto al wt.

Il problema è che queste osservazioni in vitro devono trovare corrispondenza con quelle in vivo e in particolare le alterazioni riscontrate in questi studi non sono state confermate dalla risposta ai broncodilatatori nei pazienti con diversi polimorfismi.

Questo fatto ha spinto ad indagare meglio sul come mai effetti così clamorosi analizzati in vitro cioè teoricamente in una situazione più favorevole, non sono stati rimarcati tra i pazienti (in vivo) che sono soggetti a tanti fattori confondenti.
Le ulteriori indagini hanno rivelato che ci sono degli aplotipi  dei tre polimorfismi del recettore che sono predittivi della risposta ai broncodilatatori.