L'angina pectoris è una patologia caratterizzata da dolore acuto nella regione retrosternale con diramazioni al braccio sinistro; anche se non sempre si manifesta con questa espressione. La sintomatologia è dovuta a un problema vascolare cardiaco; le coronarie possono soffrire, come tutti gli altri vai, di disfunzioni e patologie quali ipertensione, disfunzione della muscolatura vasale, e aterosclerosi, deposizione di materiale grasso sotto l'endotelio vasale che rende difficile la contrazione (vasocostrizione e vasodilatazione).
L'angina pectoris è una patologia caratterizzata da dolore acuto nella regione retrosternale con diramazioni al braccio sinistro; anche se non sempre si manifesta con questa espressione. La sintomatologia è dovuta a un problema vascolare cardiaco; le coronarie possono soffrire, come tutti gli altri vai, di disfunzioni e patologie quali ipertensione, disfunzione della muscolatura vasale, e aterosclerosi, deposizione di materiale grasso sotto l'endotelio vasale che rende difficile la contrazione (vasocostrizione e vasodilatazione). La presenza di placche aterosclerotiche impedisce l'elasticità del vaso, importante per supportare il cuore specialmente durante uno sforzo. La stessa cosa avviene anche attraverso spasmi.
Come conseguenza si ha un'ischemia cardiaca anche specifica per un vaso. L'ischemia è dovuta al minore apporto di ossigeno dato dal minore apporto di sangue. Si ha quindi un accumulo di acido lattico che giustifica il dolore; un altro evento significativo è l'esaurimento delle scorte energetiche, l'ATP si consuma fino alla formazione di adenosina.
L'adenosina è un metabolita vasodilatatore, quindi il sistema mette in atto, attraverso la liberazione di acido lattico e adenosina, un processo di vasodilatazione. Se si ha uno spasmo questo meccanismo può aiutare ma se lo squilibrio è rilevante il sistema non è sufficiente.
Se l'angina pectoris non viene corretta metabolicamente e l'ischemia diventa anossia si ha necrosi tissutale e infarto. Con la necrosi si sviluppa un processo infiammatorio, si ha un tentativo di riparazione con tessuto cicatriziale che non è muscolare e talvolta, se la necrosi è estesa, si può avere rottura del cuore.
Nella parte posteriore del cuore non si ha tessuto di conduzione, quindi un infarto in questa zona può essere silente, con una possibile sintomatologia vagale e digestiva. La prima applicazione terapeutica all'angina pectoris è la dilatazione dei vasi coronarici attraverso farmaci vasodilatatori con particolare affinità per il distretto coronarico, quali teofillina e dipiridamolo (persantin).
La vasodilatazione è dovuta al sequestro di calcio, sono inibitori delle fosfodiesterasi. Un farmaco di questo tipo però a livello cardiaco fa peggiorare la sintomatologia in quanto dilata tutti i vasi tranne quelli ischemici, già dilatati. Si ha quindi una ridistribuzione del flusso sanguigno in zone del cuore che non ne hanno bisogno (sindrome del furto).
Si interviene principalmente tramite chirurgia, con un catetere a palloncino. Una strategia alternativa è quella di diminuire il consumo di ossigeno riducendo l'attività cardiaca.
β-bloccanti
In questa classe di farmaci ritroviamo i β1 selettivi, come metoprololo e acebutololo, che hanno un maggiore tropismo cardiaco con minori effetti collaterali sui vasi, evitando la vasocostrizione e l'aumento della pressione.
A seconda delle condizioni del soggetto si sceglierà un farmaco con una piccola attività intrinseca stimolante, che impedice la risposta adrenergica data da sforzi cardiaci; farmaco funzionale nei casi in cui la crisi anginosa è sostenuta da un ipertono adrenergico, che può determinare la comparsa di spasmi vasali.
Se l'ischemia ha colpito una zona che presenta tessuto di conduzione si possono usare farmaci con un effetto stabilizzante di membrana, quali propranololo, acebutololo e nebinololo (vasodilatatori che cedono NO)
Calcio-antagonisti
Il ruolo primario di questi farmaci è quello di ridurre l'attività cardiaca e la contrattilità vasale. Le diidropiridine bloccando i canali a apertura lenta invece determinano una minore contrazione muscolare.
Questi farmaci sono indicati quando la sintomatologia è legata a fenomeni aterosclerotici. È stato osservato che questi farmaci inibiscono la produzione di lipoproteine che trasportano il colesterolo nel plasma.
Per la crisi anginosa però non si può prendere un farmaco come quelli sopracitati, ad azione lenta (1-2 ore); ci sono farmaci più rapidi.
Nitriti e nitrati
I principali sono: nitrito di sodio, nitrito di anile (vapori), trinitroglicerina (trinitrina), pentaeritrolotetrenitrato, eritritiltetrantrato, mannitoloesanitrato, isosobride trinitrato (profarmaco che libera trinitrina), ecc.
Funzionano tutti in quanto donatori di N-ossido, eccellente vasodilatatore. L'N-ossido si forma fisiologicamente nell'endotelio (EDRF, endotelium derived relaxing factor) per metabolismo del gruppo amminico dell'arginina attraverso l'enzima NO-sintetasi (Nos); il NO formato diffonde e agisce sull'enzima guanilciclasi (GC) che trasforma il GTP nel cGMP.
Questi farmaci provocano il rilasciamento della muscolatura liscia vascolare, non hanno azione a livello cardiaco. Sono antianginosi perché provocano una intensa vasodilatazione che comporta un minore lavoro cardiaco dato dalla diminuzione della pressione. L'effetto della vasodilatazione comporta una riduzione del lavoro più marcata se si dilatano i piccoli vasi arteriosi diminuendo le resistenze periferiche. L'azione si sente anche a livello del distretto venoso riducendo il ritorno venoso al cuore.
In trattamenti prolungati questi farmaci determinano seri problemi vascolari come il collasso da ipotensione e edemi dovuti allo scarso ritorno. La dilatazione vasale determina anche cefalea pulsante, la tossicità acuta è relativa. Per questo motivo sono utilizzati nelle fasi acute, per terapie di mantenimento si utilizzano β-bloccanti e calcio-antagonisti.
Trinitrina.
Viene assunta per via perlinguale, attraverso le mucosa della bocca, ha una formulazione che entra in circolo in 1 o 2 minuti. La mucosa della bocca è tributaria di un sistema venoso che giunge direttamente alla vena cava discendente, quindi al cuore e nel circolo sistemico. L'effetto è visibile perché compaiono rossori cutanei. È usata anche come diagnostico: se il dolore scompare è un problema cardiaco. Si trovano anche preparazioni sotto forma di cerotto transdermico, utilizzati per terapie croniche. I primi cerotti provocavano microustioni, quelli attuali sono stabilizzati.
Nitrito di anile.
Farmaco ancora più rapido, viene versato in un fazzoletto e inalato, non deve neanche sciogliersi.
I preparati ritardo sono necessari perché ci sono pazienti con polipatologie, che hanno problemi di diabete o insufficienza epatica e non possono utilizzare β-bloccanti; problemi a livello urinario, intestinale o oculare determinano una difficoltà nell'uso di calcio-antagonisti.
Anche in questa forma ci sono effetti collaterali, non quelli acuti come cefalea o rossori ma danno alterazioni ematologiche come metaemoglobinemia, un'alterazione dell'emoglobina per cui si ha la riduzione del ferro con minore affinità per l'ossigeno. Si può avere una carenza paradossale dell'ossigeno circolante che determina l'aggravarsi delle condizioni della malattia.