La chirurgia plastica si occupa di:
1. alterazioni congenite;
2. alterazioni morfo-funzionali;
3. ustioni;
4. ricostruzioni;
5. estetica.
ALTERAZIONI CONGENITE
1. Spina bifida: il chirurgo plastico deve ricostruire il mantello cutaneo, in collaborazione con il neurochirurgo. È una malformazione (anomalia dei piani di fusione della colonna) caratterizzata da paralisi degli arti inferiori e incontinenza.
2. Nevo congenito (gigante o peloso): oltre a essere invalidante esteticamente, espone al rischio di insorgenza di melanoma. Bisogna asportarlo e fare una ricostruzione immediata perché è considerato una precancerosi. Si toglie fino al sottocute, e poi si impiantano innesti cutanei.
3. Ipospadia: è dovuta alla mancata o incompleta fusione degli abbozzi del pene, con sbocco anomalo prossimale dell’uretra, con foro nello scroto (più grave) o nel prepuzio. Dà difficoltà a urinare, impotenza e sterilità.
4. Pollice bifido: ci sono vari gradi di interessamento delle falangi distali / prossimali, fino ad arrivare alla polidattilia.
5. Sindattilia: è la fusione di più dita, a volte rientra in un quadro di malformazione sistemica (sindrome di Huppert: craniostenosi, sindattilia).
6. Labbro leporino: è dovuto a una mancata crescita del mesoderma. Il trattamento chirurgico dà un buon risultato.
7. Palatoschisi: a volte si associa con il labbro leporino in un’unica fessura, ma è una lesione diversa, dovuta alla mancata fusione dei processi palatini.
RICOSTRUZIONI
La chirurgia maxillofacciale costituisce una parte della chirurgia plastica.
1. Frattura mandibolare: si tratta con accesso interno o esterno; se è interessato l’angolo si fa un osteo-sintesi. Le fratture del condilo non richiedono intervento chirurgico perché è una zona troppo pericolosa; guariscono con formazione del callo osseo. La mandibola lavora sul condilo contro-laterale.
2. Innesti cutanei: se è necessario coprire una zona in urgenza si può prendere tessuto in una zona e impiantarlo in un’altra purché sia dotato di vascolarizzazione e innervazione.
Se necessita parecchia pelle, si può ricorrere all’ingegneria tissutale (coltivazione della cute) o all’espansione, mediante un palloncino posto nel sottocute che viene gonfiato, producendo in questo modo un incremento di mitosi e un aumento della deposizione di fibre collagene. L’espansore è in silicone: può essere un sacchettino o un tubo vuoto, in cui si inserisce soluzione fisiologica in maniera progressiva, fino ad ottenere volume e forma desiderata.
Gli espansori vanno distribuiti intorno alla lesione, in modo che, una volta tolti, si possa cucire la cute espansa. È una tecnica adatta per patologie malformative dei tegumenti, come angiomi (veri, fistole A-V, fibroangiomi e angiolipomi), esiti cicatriziali (traumatici o da ustione), nei. È eseguita in un arco di tre mesi (un’espansione alla settimana), e va fatta non prima di un anno.
Le cicatrici più belle sono quelle dell’anziano; quelle dei bambini sono in genere ipertrofiche, perché hanno un metabolismo tumultuoso.