Diritto Penale

Il medico legale si occupa,oltre che dello studio del cadavere, anche  di valutare e studiare gli aspetti del diritto legale e del diritto civile; quest’ ultima è la parte della professione che confina direttamente con la giurisprudenza. I reati contro la persona sono omicidi e lesioni.  Il delitto penale  si occupa, fondamentalmente, di reati; cosa diversa è il diritto civile che riguarda  il risarcimento su base economica di un danno ricevuto da terzi (concetto della responsabilità civile).

Il medico legale si occupa,oltre che dello studio del cadavere, anche  di valutare e studiare gli aspetti del diritto legale e del diritto civile; quest’ ultima è la parte della professione che confina direttamente con la giurisprudenza. I reati contro la persona sono omicidi e lesioni.  Il delitto penale  si occupa, fondamentalmente, di reati; cosa diversa è il diritto civile che riguarda  il risarcimento su base economica di un danno ricevuto da terzi (concetto della responsabilità civile). Il punto centrale del diritto penale è il REATO; il punto centrale del diritto civile è la RISARCIBILITA’ DEL DANNO.

Diritto penale  REATI

Il codice penale distingue i reati in:

*Delittiche sono i reati più gravi, puniti con l’ergastolo, la reclusione o la multa.

*Contravvenzioniche sono i reati meno gravi, puniti con l’arresto o l’ammenda.

La guida in stato di ebbrezza è un esempio a cavallo tra i delitti e le contravvenzioni.

Entrando nel merito della natura del reato, il reato si divide in:

·         Elementi essenziali: elementi indispensabili per l’esistenza del reato;

psicologici o soggettivi:dolo, colpa, preterintenzione.

materiali e oggettivisono rappresentati da: azione o omissione, evento, rapporto di causalità materiale che lega l’azione o omissione all’evento.

 

·         Elementi accidentali:circostanze aggravanti o attenuanti che non modificano l’essenza del reato, ma incidono solo sulla entità della pena.

Il reato ha una componente soggettiva che è data dal fatto che ci sia una volontà o meno di compiere  quella determinata azione a cui  consegue un determinato evento. Un omicidio commesso con premeditazione ( omicidio volontario) ha come elemento soggettivo ( l’elemento che determina il fatto) l’ intenzione (chi commette un’azione, dalla quale deriva un evento, deve averla pianificata e studiata); l’evento prodotto può essere l’omicidio (morte della persona) o  la lesione.

Quando il mezzo è particolarmente offensivo si parla di tentato omicidio ( se io con la volontà di ammazzarla, non ammazzo una persona, pur non essendoci un cadavere, si può  configurare  il tentato omicidio che è più grave delle lesioni personali).

La volontà determina l’elemento soggettivo del reato. Se io afferro un coltello, lo avvicino ad una persona e lo infilo nella pancia:

àla volontà è quella di ammazzarlo;

àla condotta è quella di dare materialmente la coltellata;

àl’evento è la morte della persona.

Tutto questo costituisce un reato.

Il reato si articola in tre passaggi:

Ø  VOLONTA’ :elemento  soggettivo

Ø  EVENTO:che è la parte finale ( quello che si realizza attraverso la mia condotta)

Ø  NESSO DI CAUSA:  parte centrale che collega la volontà all’evento; legame che fa si che una determinata azione  possa determinare quello specifico evento.

Nel reato abbiamo tre possibilità che  sono soggettive:

Ø  DOLO:prevede la volontà

Ø  COLPA:inosservanza di alcune norme comportamentali che sono richieste dalla legge dalle quali  si determina, comunque, l’omicidio.

La persona che investe  il pedone, di fatto, risponde di omicidio colposo e non doloso. Non aveva certo la volontà di ammazzare il pedone. Tutto quello che abbiamo considerato per l’omicidio si applica anche alle lesioni; cambia l’evento che non è più la morte della persona ma conseguenze fisiche di gradualità diversa.

Se la persona  muore àOmicidio

Se la persona riporta “ un danno fisico” àLesione personale( anche in questo caso, a secondo della volontà possono essere colpose o dolose).

Ø  OMICIDIO PRETERINTENZIONALE. Per l’omicidio esiste una terza possibilità che non è contemplata nella lesioni, che è l’OMICIDIO PRETERINTENZIONALE ( dal latino “oltre l’intenzione”).

Il caso tipico di scuola che si fa è: nel corso di una rissa do un pugno in faccia ad una persona; la persona in questione aveva un aneurisma cerebrale che, in seguito al pugno, si rompe; la persona muore per emorragia cerebrale.

àEVENTO: morte  della persona ( omicidio)

àELEMENTO SOGGETTIVO che io ho posto in essere non era quella di volerlo ammazzare ma solo quello di dare un pugno.  Si è, quindi, determinato un evento che è andato oltre la mia intenzione lesiva. Per una causa naturale insita all’interno della scatola cranica si è determinato un evento che di fatto è un omicidio.

C’è una  differenza notevole tra:

–           l’omicidio colposo che, anche con le circostante aggravanti, prevede pene che non superano i tre anni;

–           l’omicidio doloso che è punito con una pena detentiva non inferiore ad anni 21.

Per ognuna delle fattispecie si applicano poi le circostanze attenuanti o aggravanti.

Che cosa sono le circostanze attenuanti o aggravanti? Situazioni che, qualora connesse all’evento  che si è verificato, ne cambiano la pena in senso migliorativo o peggiorativo. Posso avere una pena inferiore a 21 anni in caso di omicidio colposo per le circostanze attenuanti o una pena superiore a 21 anni perché ho posto in essere, oltre all’azione delittuosa, altre circostanze aggravanti. Le circostanze aggravanti sono codificate in articoli specifici del codice penale che rientrano in un capitolo che tratta i delitti contro la persona.

Omicidio e lesioni sono i delitti contro la persona.

Il cardine  come riferimento normativo all’interno del codice penale è l’ARTICOLO 40.

Elementi materiali o oggettivi del reato ( art. 40 c.p.)

“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.”

L’articolo 40 presuppone  una questione ben precisa che sta alla base di tutto ciò che  riguarda il diritto penale: la responsabilità penale è una responsabilità personale; non si può imputare  ad una persona un determinato reato se non si è certi che quella persona lo abbia commesso. In poche parole, se siamo in quattro  in una stanza e uno di noi 4 commette un  omicidio, posto che non vi sia un concorso, il sospetto su uno dei quattro presenti non basta per condannare. Bisogna identificare con certezza chi ha commesso il reato.

Secondo il diritto penale: il dubbio pro reo (nel dubbio, [giudica] in favore dell'imputato). Quando non possiamo stabilire con certezza che una persona abbia commesso un determinato delitto non possiamo condannarla per quel delitto.

Il processo penale ha tre fasi; solo alla  fine della terza fase qualcuno può essere considerato colpevole.

–          Primo grado

–          Corte d’appello

–          Sentenza di Cassazione

 

Il primo grado e la Corte d’appello sono i processi di merito nel senso che vengono valutati tutti gli elementi portati all’attenzione dei giudicanti; la Cassazione, qualora ci siano dei vizi nella sentenza d’appello, rimanda indietro il processo alla corte d’appello. Può succedere che la Cassazione confermi il giudicato precedente (ciò che ha fatto la corte d’appello).

Finché il processo non  arriva in Cassazione, nel nostro ordinamento, la persona imputata è da dichiararsi innocente perché il nostro diritto è GARANTISTA. Si è innocenti fino all’ultimo grado di giudizio.

Tutto questo per dire che l’articolo che regola le relazioni tra evento e causa è l’ART. 40.    L’articolo  40, oltre a dire che la responsabilità penale è personale, ci dice  anche un’altra cosa: per essere condannati non è necessario  avere un ruolo attivo, compiere materialmente un’azione, è sufficiente la dimostrazione dell’omissione (non aver fatto nulla  per impedire l’evento).

L’articolo 40 è quello che si ritrova nei procedimenti per omicidio colposo delle colpe mediche; i reati contestati ai medici sono, fondamentalmente, reati di omissione (avere omesso di ricoverare il paziente, avere omesso di effettuare un dato esame diagnostico, avere omesso di seguire le linee guida per  quella determinata patologia).

Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. (concetto di parità che esiste nell’ordinamento tra l’ AZIONE e l’ OMISSIONE).

I tre elementi del reato sono:

Ø  CONDOTTA che può essere commissiva (azione) od omissiva (omissione)

Ø  EVENTO che rappresenta il risultato o effetto dell’azione o omissione

Ø  RAPPORTO DI CAUSALITA’ MATERIALE che , correlando la condotta all’evento, fa si che questo possa dirsi conseguenza di quella.

Che cosa si intende per RAPPORTO DI CAUSALITA’ MATERIALE? La condotta deve essere stata idonea a determinare l’evento. Noi abbiamo, nel nostro ordinamento giuridico, una relazione che lega la condotta all’evento che si esplica secondo il principio della condicio sine qua non.

Esiste una CAUSA e delle CONCAUSE.

  • Le concause possono essere preesistenti( le condizioni  cliniche pregresse).
  • Le concause possono essere sopravvenute: si verificano nel corso degli eventi successivi e  non si sarebbero mai verificate (condicio sine qua non ) se, nel caso dell’esempio, il paziente  non avesse ricevuto un’ iniezione di  antibiotico fatta impropriamente.

 

Per quanto riguarda la COLPA (= elemento soggettivo del reato), quand’è che si verifica?                      

A secondo dell’evento, avremo l’omicidio o le lesioni. Il delitto è colposo o contro l’intenzione quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto ma si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline.

Chi risponde di omicidio colposo (o di lesioni colpose) risponde di un reato non commesso con volontà ma determinato dall’essersi comportato con una condotta negligente, imprudente o imperita.

Ø  L’imperizia àdifetto di preparazione richiesta per svolgere una determinata attività (=  ignoranza)

Ø   Negligenza àmancata diligenza, consiste nella mancanza di cura volenterosa e scrupolosa nello svolgere l’azione ( = sciatteria: avere un comportamento tale da trascurare la situazione)

Ø  Imprudenzaàavventurarsi in manovre che rispetto al caso specifico possono essere sproporzionate (es. interventi chirurgici: a volte vengono operati  pz per i quali l’indicazione è dubbia; il chirurgo non risponde  solo dell’esecuzione tecnica dell’intervento ma anche, dell’indicazione all’intervento (che il pz sia idoneo a quella procedura). Il fatto di classificare un intervento come indicato o meno è legato alla prudenza.

La condotta prudente è la condotta che viene posta in essere quando si contestualizza tutto quello che viene prodotto dalla medicina al caso specifico che si ha davanti.Spesso viene chiesto al medico di prendere in pochi minuti una decisione che deve rispettare una condotta diligente, prudente  e perita.

La responsabilità civile del medico è contrattuale. Se io mi sveglio dopo 6 anni e dico che ho ricevuto un danno, l’onere probatorio (cioè dimostrare che il danno non è avvenuto per colpa del medico) sta proprio al medico. A me soggetto leso (presunto tale) basta dire che ho ricevuto un danno. A differenza della causa penale, quella civile ha un costo nel senso che esistono degli atti di natura amministrativa che bisogna pagare.

La valutazione che va fatta è sempre quella che lega l’azione all’evento, anche in sede civile (rapporto di causalità). Nel penale il rapporto di causalità deve essere fortissimo. Nel civile c’è un concetto diverso: è un fatto di probabilità (è più probabile che il danno sia dovuto ad una azione colposa del medico piuttosto che no!).

CODICE PENALE – LIBRO SECONDO

TITOLO XII – Dei delitti contro la persona

Capo I – Dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale

Art. 575. Omicidio.

“Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.”

(È l’omicidio doloso).

 

Art. 584. Omicidio preterintenzionale.

“Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.”

Gli art. 581 e 582 si occupano delle percosse e delle lesioni personali. Quindi, chiunque, volendo compiere un atto di percosse o di lesioni personali, determina, invece, la morte di un uomo, è punito con la reclusione da 10 a 18 anni.

Art. 578. Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale.

“La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.

A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi. Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice penale.”

MODIFICHE LEGISLATIVE:  art. 2 della legge 5 agosto 1981 n. 442 àAbrogazione della rilevanza penale della causa d’onore. Dal nostro codice penale è sparito il concetto di delitto d’onore, che costituiva una condizione attenuante e mitigava la pena in maniera significativa. Questo concetto è sparito ma ricorrono le circostanze attenuanti e le circostanze aggravanti. L’art. 61 disciplina le circostanze aggravanti comuni, che si applicano a tutti i reati aumentandone la pena.

Art. 61. Circostanze aggravanti comuni.

“Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:

1) l’avere agito per motivi abbietti o futili;

2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;

3) l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;

4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;

5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;

7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;

8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

9) l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;

10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;

11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d’ufficio, di prestazione di opera, di coabitazione, o di ospitalità.”

Art. 579. Omicidio del consenziente.

“Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui*, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.

Si applicano le disposizioni relative all'omicidio (= aumento della pena) se il fatto è commesso:

1. contro una persona minore degli anni diciotto;

2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;

3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.”

(*eutanasia).

Art. 580. Istigazione al suicidio.

“Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.”

Mentre esiste un reato che riguarda il tentato omicidio, non esiste il reato di tentata istigazione al suicidio, né il reato di suicidio.

DELITTI CONTRO L’INCOLUMITA’ INDIVIDUALE

·         Reato di percosse (Art. 581)

·         Reato di lesioni personali (Art. 582)

In nessuno dei due casi la vita è in gioco.

Art. 581. Percosse.

“Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, risponde del reato di percosse.”

Si può, quindi, definire la percossa come un atto violento privo di conseguenze lesive.

L’evento s’immedesima con l’azione e ciò fa dire che le percosse sono un reato di “pura condotta”. In questo reato, l’evento ha un carattere di transitorietà: l’arrossamento cutaneo è qualcosa che dura limitatamente e non lascia postumi, si risolve in maniera spontanea nel tempo e non vi è un’evoluzione peggiorativa.

Se do uno schiaffo a qualcuno, la cute si arrossisce, c’è il dolore, ma dopo poco tutto si risolve. Per far sì che si verifichi la malattia, si deve superare il carattere di transitorietà: l’arrossamento che scompare subito non è malattia, l’arrossamento che resta per più giorni è malattia. Quando non c’è malattia, si configura il reato di percosse. Quando c’è malattia, si configura il reato di lesioni personali (art.582).

Definizione medico-legale di malattia: è un’alterazione anatomico-funzionale a carattere evolutivo che può essere locale (singolo distretto del corpo) o generale (più apparati contemporaneamente). Dal punto di vista medico-legale, quindi, la malattia si caratterizza per gli elementi evolutività e funzionalità, cioè è in grado di pregiudicare, seppur temporaneamente, la funzionalità di alcuni organi. Può essere una malattia del corpo o della mente. Le percosse, invece, sono limitate a qualcosa che si risolve nel breve e spontaneamente; è un reato di condotta.

Art. 582. Lesione personale.

“Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, il delitto è punibile a querela della persona offesa.”

La pena da tre mesi a tre anni si applica per le lesioni personali dolose, cioè quelle commesse da un soggetto che ha la volontà di ledere un altro soggetto. Quando le lesioni personali sono colpose, la pena è più lieve. Se ricorrono le circostanze aggravanti previste dagli art. 583 e 585, la pena può arrivare anche a 7 anni (= carcere).

Nelle lesioni personali dolose, se la malattia ha una durata superiore a 20 giorni, il delitto è sempre procedibile d’ufficio: il fatto che qualcuno faccia o meno una querela è indifferente, l’attività inquirente (dei magistrati) procede a prescindere, basta la sola notizia del reato per far sì che l’indagine vada avanti. Quando, invece, è messo in essere un comportamento lesivo da cui deriva una malattia di durata inferiore a 20 giorni, le lesioni personali sono lievissime e il delitto è procedibile a querela, cioè si indaga solo in seguito a querela; se la querela è ritirata, l’indagine si conclude. Nel reato procedibile d’ufficio, la persona lesa scompare e il reato procede a prescindere dalla volontà del leso.

Il medico, in tutto questo, ha un ruolo molto importante perché, nel prestare assistenza in casi che possano presentare i caratteri di un reato procedibile d’ufficio, ha l’obbligo di fare il referto:

Art. 365. Omissione di referto.

“Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'autorità indicata nell'articolo 361 è punito con la multa fino a euro 516. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.”

Il referto è un atto attraverso il quale il medico segnala all’Autorità giudiziaria di aver assistito una persona le cui lesioni hanno alla base un delitto procedibile d’ufficio (ad es. visita qualcuno che è stato colpito da un colpo d’arma da fuoco). Non c’è l’obbligo di referto se, in conseguenza di ciò, il medico espone la persona assistita ad un’eventuale pena; questo è un’esimente per fare in modo che anche il peggiore dei criminali possa ricevere assistenza, la sua salute va tutelata comunque (Esimente: esposizione a procedura penale per l'assistito). Se il medico non sa di avere di fronte un criminale, fa il referto.

GRADI DELLA LESIONE PERSONALE DOLOSA

Le lesioni personali sono state suddivise in quattro gradi: LIEVISSIME, LIEVI, GRAVI, GRAVISSIME, a seconda che ricorrano o meno il 583 e il 585 (circostanze aggravanti). Quando ricorrono tutte o parte delle circostanze aggravanti, si hanno le lesioni gravissime.

1.       lesione personale lievissima: la malattia ha una durata non superiore ai 20 giorni; non concorre alcuna delle circostanze di cui agli art. 583 e 585, ad eccezione di quella del vincolo di parentela. E' perseguibile a querela dell'offeso, non richiede referto da parte del medico ed è punita con la reclusione da 3 mesi a 3 anni.

2.       lesione personale lieve: la malattia dura da 20 a 40 giorni. E' perseguibile d'ufficio, il referto è obbligatorio e la pena è della reclusione da 3 mesi a 3 anni.

3.       lesione personale grave: la malattia o la incapacità ad attendere alle proprie occupazioni supera i 40 giorni oppure vi è stato pericolo di vita per la persona offesa oppure si è prodotto un indebolimento permanente ad un senso o ad un organo. E' perseguibile d'ufficio, il referto è obbligatorio, il mandato di cattura è facoltativo, la pena è della reclusione da 3 a 7 anni.

Nell’ambito delle lesioni personali gravi, una possibilità è che dal fatto derivi una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa. Non c’entra niente la durata, ma se dalla lesione deriva che la persona rischia di morire si configura una lesione grave; il pericolo di vita deve essere imminente, attuale, cioè deve essere presente una forte compromissione a carico dell’apparato cardiaco, respiratorio o nervoso.

L’altra possibilità è che si produca un indebolimento permanente (irreversibile) di un senso o di un organo. Con questo concetto si intende la compromissione funzionale di un determinato organo, che, dal punto di vista medico-legale, non si considera nella sua struttura anatomica ma per la funzionalità che svolge; come vedremo, invece, nelle lesioni gravissime è prevista la perdita (abolizione) e non soltanto l’indebolimento. Se ad es. in conseguenza delle lesioni è necessario effettuare una nefrectomia, quindi la rimozione di un rene, si ha un indebolimento permanente, e non una perdita, perché l’organo è considerato nella sua funzionalità; in questo caso, l’organo è l’apparato urinario, che resiste grazie al vicario superstite, cioè l’altro rene. Pertanto, la perdita di un rene, che è un organo dal punto di vista anatomico, rappresenta, dal punto di vista medico legale, un indebolimento della funzionalità dell’apparato urinario. La perdita della milza determina un indebolimento o la perdita di un organo? È un indebolimento perché la funzione immunitaria è garantita da un sistema che consente di compensare la perdita anatomica della milza.

Quindi, per organo si intende la funzione che esso rappresenta.

4.       lesione personale gravissima: la malattia è certamente o probabilmente insanabile (= porta al decesso) oppure vi è stata la perdita di un senso oppure la perdita dell'uso di un organo o la perdita di un arto o una mutilazione che renda l'arto inservibile oppure la perdita della capacità di procreare oppure una permanente grave difficoltà della favella (articolazione del linguaggio) oppure la deformazione o lo sfregio permanente del viso. E' perseguibile d'ufficio, il referto ed il mandato di cattura sono obbligatori, la pena è della reclusione da sei a dodici anni.

La mutilazione è considerata alla stregua della perdita di un arto perché la funzionalità dell’apparato osteoarticolare è compromessa.

Perché si abbia lo sfregio è necessario che si realizzi un’alterazione fisionomica del volto tale da destare orrore e ripugnanza in chi osserva l’altro. È il sentimento indotto nell’altro nell’osservare una lesione fisica specifica del volto che ne va a turbare in maniera gravissima l’armonia della normale fisionomia. Dal punto di vista giuridico, il viso ha una definizione ben chiara: è delimitato in alto dall’attaccatura dei capelli, lateralmente dai due padiglioni auricolari, in basso dal mento. Nel caso dei calvi, non avendo l’attaccatura dei capelli visibile, si considera come viso l’immagine in proiezione frontale che si pone rispetto ad un soggetto di pari altezza.

Le lesioni colpose sono tutte procedibili a querela. Non c’è l’obbligo di referto, salvo nel caso in cui il fatto sia stato causato da inosservanza delle norme gravanti sulla sicurezza dei lavoratori, ad es. in caso di incidenti sul lavoro àin caso di lesioni gravissime si fa il referto.