Stomatopatie

Le stomatopatie, più che mucositi, sono quelle alterazioni patologiche che riguardano la mucosa orale. Le stomatopatie sono condizioni patologiche che affronterete anche in dermatologia con la cute, che anche un medico di base o un pediatra di solito vedono.

Che cosa sono le mucose?

Il cavo orale è un organo complesso che non è fatto soltanto dagli elementi dentali, ma rappresenta un ecosistema molto importante. È una porzione del sistema stomatognatico, che permette la nutrizione, permette di sopravvivere e di apprezzare la vita. Le stomatopatie sono a carico non dei denti, ma di questo dedalo di strutture che possono essere spia di malattie più serie, come un carcinoma, una leucemia, un linfoma, una anemia sideropenica o una malattia autoimmune.

Le mucose del cavo orale sono sia cheratinizzate che non cheratinizzate. Questo perché in alcune zone devono subire degli stimoli masticatori più importanti, in altre devono accompagnare il bolo alimentare. Tuttavia, la cheratinizzazione è una cosa importante da apprezzare quando andiamo ad analizzare una mucosa.

Di che colore è la mucosa? Rosa pallido, rossastro è già patologico. Il colore è dato dalla vascolarizzazione e dallo spessore dell’epitelio, quindi se abbiamo ipercheratinizzazione il colore sarà bianco, perchè i vasi ci sono ma lo spessore della mucosa è aumentato. La membrana che deve essere rosa pallido e diventa bianca ha una alterazione patologica.

Saltiamo le funzioni della mucosa orale perché penso siano ovvie, così come è ovvio che esiste una mucosa prettamente deputata alla masticazione ed una mucosa libera, che accompagna il bolo alimentare ed è ricca di altre strutture, come le ghiandole salivari minori che talvolta possono dare problematiche patologiche. Poi, è presente la lingua che è ricca di una membrana specializzata con i calici gustativi, ecc.

Le mucose sono simili agli epiteli, in particolar modo la mucosa del cavo orale è quasi uguale all’epitelio dell’apparato genitale femminile. È formata da strati: basale, spinoso, granuloso e corneo. Quando si guarda un istologico e si vede che c’è un aumento di questi strati può già capire che l’epitelio è stimolato alla proliferazione. L’epitelio poggia sulla membrana basale, al di sotto della quale c’è la lamina propria, che si distingue in uno strato papillare (va ad interdigitarsi con le connessioni intraepiteliali) ed in uno reticolare (ricco in collagene). Talvolta, la lamina propria e la membrana basale sono sito di attacco linfocitario, a questo livello accade che l’insulto autoimmunitario produce poi delle lesioni e dei segni a carico dell’epitelio stesso. Nell’epitelio sapete che si trovano i cheratinociti, le cellule del Langherans, i melanociti, i nevociti, ci sono quelle cellule Langherans-simile (cellule presentanti l’antigene) che oggi sembrano essere importantissime in tante altre cose.

La cheratinizzazione può essere di due tipi:

1.       Orto cheratinizzazione (in cui nei cheratinociti NON sono presenti nuclei)

2.       Paracheratinizzazione (in cui nei cheratinociti sono presenti nuclei)

ULCERA: è una perdita di sostanza che supera la membrana basale, è importante saperlo perché questo è il motivo per cui l’ulcera, a differenza dell’erosione, lascia la cicatrice. Non parleremo del cancro che affrontate in chirurgia maxillofacciale, ma bisogna sapere che ci sono diverse malattie ulcerative del cavo orale che predispongono al cancro stesso.

Le malattie ulcerative possono essere frequentemente associate ad uno stimolo traumatico. Il trauma non è solo meccanico, ma anche chimico o fisico (calore-ustioni). Molto frequenti sono le ulcere il cui agente eziologico è un evento traumatico che risiede nel cavo orale, e che sussiste nella rottura di un elemento dentale. Spesso, queste ultime, sono anche in un certo senso iatrogene perché un paziente che ha questo tipo di ulcera o è molto trascurato o il medico l’ha trascurato ed è un problema perché quell’ulcera può andare incontro ad una trasformazione di tipo neoplastico. Oppure, potrebbe essere dovuta ad un restauro incongruo, magari la protesi dentaria non va bene e provoca l’ulcerazione della mucosa.

Cosa facciamo con le ulcere?                    

1. L’ispezione e la palpazione.

2. Cercate la causa, lo stimolo: Ovviamente può non essere un’ulcera traumatica, può essere un altro tipo di ulcera, come quella della sifilide, ma sono cose che affronterete in dermatologia. Si può far chiudere leggermente la bocca per vedere se i denti “mordono” la mucosa, se invece i pazienti sono edentuli posteriormente, la lingua ed il pavimento si infilano, ed ogni volta che deglutiscono la lingua si infila ed urta, non è una cosa buona.

3. Quanto tempo deve passare? Circa due settimane per la rivalutazione. Es. si toglie il dente rotto, si toglie la protesi e dopo 14 giorni circa si rivede il paziente. Se si ritrova la stessa situazione:

4.Si fa la biopsia. si prendono i margini ed il fondo come se fosse la fetta di una pizza. Cerchiamo di prendere tutto ciò che può essere significativo. Ci servono dunque i margini per vedere se a quel livello sta succedendo qualcosa, se dai margini un’ipotetica neoplasia infiltra le strutture vicine.

ULCERE AFTOSE: L’Afta è una cosa frequente che entra in diagnosi differenziale con l’herpes. L’herpes, quando la vescicola si rompe, può lasciare spazio ad una lesione ulcerata, poi ci sono le croste eccetera.

Le lesioni aftose sono abbastanza facili da riconoscere perché si localizzano più frequentemente a livello del palato molle. l’eziologia è sconosciuta, la patogenesi è autoimmunitaria. Mentre l’eziopatogenesi delle lesioni erpetiche è infettiva-virale.

esistono tre tipi di lesione aftosa:

 

MINORE

MAGGIORE

ERPETICA (AFTA ERPETIFORME)

diametro

<0.5

>0.5

<0.5

forma

ovale

Crateri forme, “ragged oval”

ovale

Numero lesioni

1-5

1-10

10-100

sede

Mucosa non cheratinizzata

mucosa non cheratinizzata

Qualunque sito all’interno del cavo orale

trattamento

Topico. Corticosteroidi e colluttorio a base di tetracicline (tetracycline mouth rinse)

Topico/sistemico.

Corticosteroidi (intralesionale), immunosoppressori

Topico/ sistemico. Corticosteroidi, colluttorio a base di tetracicline (tetracycline mouth rinse)

TRATTAMENTO: immunosoppressori e cortisone, sia uso topico che sistemico.

LESIONI VESCICOLO BOLLOSE: Le lesioni vescicolo bollose sono caratterizzate da un punto di vista semeiotico da vescicole e da bolle. In questa sezione troviamo l’herpes. Quando una malattia si presenta con delle vescicole o delle bolle è importante capire l’eziologia:

·  patologie virali (infettive): herpes simplex, varicella-zoster, mano-bocca-piede, rosolia.

·  patologie immunologiche (autoimmunitarie): pemphigus vulgaris, pemfigoide.

·  patologie ereditarie: epidermolisi bollosa (rara).

l’infezione da herpes avviene tramite contatto diretto, alcuni studi suggeriscono che anche le goccioline possono trasmettere il virus. Cosa succede? La maggior parte della popolazione è sieropositiva, cioè ha avuto un contatto diretto. Sapete dalle malattie infettive che nella maggior parte dei casi non si manifesta clinicamente ed ha dunque un andamento subclinico. In quelli un pochino più sfortunati si ha la manifestazione primaria della malattia: la gengivostomatite. Visto che la gengivostomatite erpetica è veramente massiva, è drammatica. Se la manifestazione dell’erpes non è monolaterale e correlata alla distribuzione del nervo ma è massiva è diffusa il paziente molto probabilmente è immunodepresso. Chiunque abbia l’herpes sa che ci sono anche dei sintomi quasi prodromici che possono avvertire il paziente del fatto che sta per avere una lesione. Quando le lesioni erpetiche sono generalizzate c’è inoltre un sintomo che nelle afte non c’è: la febbre. L’herpes ovviamente può ritornare, la ricomparsa delle lesioni è stimolata dallo stress, dal sole, dall’alcol e da molto altro.

La terapia dell’herpes è diversa da quella dell’afta:

· herpes:antivirale (aciclovir). Bisognerebbe darlo presto, se la lesione si è instaurata già da tempo praticamente abbiamo più effetti collaterali che terapeutici.

· afta:cortisone.

PEMFIGO VOLGARE: E’ una malattia autoimmunitaria che è appannaggio delle mucose e della cute. Si caratterizza per la presenza di autoanticorpi diretti contro la desmogleina 3 che è una componente dei desmosomi epiteliali che sono il collante delle cellule epiteliali. Dunque la presenza di questi autoanticorpi fa scollare gli epiteli, e quindi abbiamo i segni clinici.

riconosciamo 5 tipi di Pemfigo bolloso:

· pemfigo volgare.

· pemfigo foliaceo.

· pemfigo eritematoso.

· pemfigo vegetante.

· pemfigo paraneoplastico.

L’eziologia non è ancora nota, non sappiamo quale sia lo stimolo antigenico per cui si formano degli autoanticorpi che invece di riconoscere l’antigene stesso riconoscono la desmogleina3. Sono stati tuttavia proposti diversi modelli eziologici, alcuni sostengono che alla base ci sia l’infezione da HHV8 ed il contatto con alcuni farmaci.

L’incidenza è piuttosto bassa, non è molto frequente.

La caratteristica clinica è la formazione di bolle a livello dell’epitelio. La desmogleina 3 si trova su tutti i cheratinociti per cui gli autoanticorpi scollano tutti i cheratinociti fra di loro. Si manifesta più frequentemente nel cavo orale, sotto forma di bolle. Noi potremmo anche non trovarle, soprattutto nel cavo orale! Essendo una zona perennemente sotto stress la parete della bolla può essere spazzata via dal cibo, dalla deglutizione eccetera ed alla fine troviamo delle erosioni. Il paziente più spesso viene con delle aree erosive anche abbastanza importanti ed ha dolore. Queste aree che sono quasi desquamative sono facilmente asportabili, ci sono delle patine biancastre che erano una componente della bolla poiché ci sono gli autoanticorpi. Le lesioni del pemfigo possono estendersi al cavo orale ed anche alla cute.

Come facciamo a fare diagnosi?Le diagnosi sono sempre cliniche! Poi possiamo utilizzare degli strumenti che possono aiutarci, in questo caso ci serve la biopsia anzi le biopsie: una ci serve per farci vedere la situazione a livello microscopico, l’altra deve essere sottoposta all’esame di immunofluorescenza per andare a vedere dove sono gli anticorpi, quindi le biopsie sul pemfigo devono essere due.

L’esame di immunofluorescenza è importante perché la distribuzione anticorpale del pemfigo è quasi patognomonica cioè una volta trovata la distribuzione tipica è molto probabile che abbiamo azzeccato la diagnosi. Questo è importante per la diagnosi differenziale con il pemfigoide. Purtroppo nel pemfigoide si hanno delle manifestazioni cliniche molto simili a quelle del pemfigo, per questo è necessario procedere con l’esame immunofluorescenza!

Nel pemfigoide gli autoanticorpi sono diretti contro antigeni diversi, proteine localizzate prevalentemente sulla membrana basale (emidesmosomi), per questo motivo la distribuzione degli autoanticorpi è più omogenea. La presentazione clinica soprattutto quando le forme non sono così conclamate è simile, nel pemfigo ide abbiamo anche la compartecipazione congiuntivale. Quando sono presenti solo lesioni vescicolo bollose, successivamente erosive è difficile fare diagnosi differenziale che fortunatamente può essere fatta attraverso l’analisi istologica e con l’immunofluorescenza.

Eziopatogenesi

La patogenesi del PV consiste in una reazione autoimmune diretta contro alcuni componenti del complesso desmosoma-membrana citoplasmatica struttura molecolare questa che, in condizioni normali, mantiene l’adesione delle cellule epiteliali. Gli antigeni bersaglio degli autoanticorpi sono delle molecole trans-membrana denominate desmogleina 3 (Dsg3) e desmogleina 1 (Dsg 1). Queste molecole fanno parte del gruppo delle caderine, una classe di molecole di adesione molto importante per il mantenimento della coesione cellulare. Gli autoanticorpi si fissano a livello degli strati epiteliali e, nell’80-90% dei casi, si evidenziano nel siero (autoanticorpi circolanti) mediante l’immunofluorescenza indiretta.
Nelle fasi iniziali del PV si ha una produzione di autoanticorpi solo contro la Dsg 3; tali anticorpi hanno una importanza critica nello sviluppo della malattia. Nel PV la mucosa orale viene colpita per prima dagli anticorpi anti-Dsg 3 in quanto ricca di Dsg 3. Nelle fasi successive compaiono anche gli autoanticorpi contro la Dsg 1 (presente, insieme alla Dsg 3, specie a livello cutaneo) che determinano lo sviluppo delle bolle cutanee. La produzione di autoanticorpi contro la Dsg 1 è strettamente correlata alla progressione della malattia e alla comparsa contemporanea di manifestazioni cutanee e mucose. Il PV colpisce in maniera preferenziale individui che possiedono certi allotipi del sistema HLA come l’HLA-DRB1*0402 che si trovano negli Ebrei Ashkenazi e DRB1*1401/04 e DQB1*0503 nei pazienti non ebrei di origine europea o asiatica. Occasionalmente il PV può essere associato ad altre malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus e la miastenia gravis.

Aspetti clinici

Le manifestazioni orali del PV sono in genere molto gravi e possono colpire qualsiasi zona della mucosa orale. La loro incidenza varia, a seconda delle casistiche riportate, dal 18% all’ 90% dei casi. Le lesioni sono prevalentemente di tipo ulcerativo in quanto le bolle si rompono rapidamente a causa della estrema fragilità dell’epitelio. L’aspetto è di lesioni erosive rosse sia superficiali o crateriformi che si accompagnano al peeling della lamina epiteliale. Una caratteristica delle lesioni orali da PV è che sono in genere localizzate nei settori posteriori della mucosa oro-faringea e che tendono a progredire dando un ampio coinvolgimento della superficie mucosa.
Sulla cute si osservano bolle dal tetto sottile e dal contenuto sieroso che si localizzano soprattutto a livello delle pieghe cutanee come le ascelle, l’inguine, l’ombelico, la regione anogenitale e le dita dei piedi. Come per altre malattie bollose anche nel PV si osserva la positività del segno di Nicolsky.

Istopatologia

Nel PV si osserva una separazione degli strati epiteliali a livello delle cellule spinose (bolla intraepiteliale). A differenza del pemfigoide la formazione della lesione bollosa avviene tra le cellule basali e le cellule spinose, così che il pavimento risulta formato dallo strato di cellule basali che rimane adeso alla membrana basale, mentre il tetto è composto dai rimanenti strati epiteliali sovrastanti. Nel fluido della bolla si osservano le cosiddette cellule di Tzanck che altro non sono che le cellule spinose distaccatesi a causa del processo di acantolisi. L’immunofluorescenza diretta mette in evidenza un deposito di IgG e di C3 a livello degli spazi intercellulari con una caratteristica morfologia a reticolo. Talvolta si possono osservare depositi di IgA o IgM.

Diagnosi

Il PV della mucosa orale può essere facilmente confuso con altre malattie vescicolo-erosive. La diagnosi definitiva del PV si basa sugli aspetti clinici, l’istologia e i tests immunologici. Fondamentali sono la valutazione bioptica e l’immunofluorescenza diretta e indiretta per confermare la diagnosi.