Si definisce campo magnetico una zona dello spazio in cui si risente dell’effetto di azioni magnetiche. Può essere generato anche da una corrente elettrica.
Si definisce campo magnetico una zona dello spazio in cui si risente dell’effetto di azioni magnetiche. Può essere generato anche da una corrente elettrica.
Il fenomeno della risonanza magnetica nucleare si verifica nei nuclei degli atomi con spin (momento angolare intrinseco associato alle varie particelle) diverso da zero (i.e numero di protoni dispari). Questi posseggono un momento magnetico nucleare, specifico per ogni nucleo. Pertanto, quando sono immersi in un campo magnetico uniforme (nelle procedure di diagnostica di solito di 1,5-2 Tesla) si comportano come dipoli magnetici e tendono ad allinearsi in modo parallelo o antiparallelo all'asse del campo.
In più, ruotano intorno al loro asse (movimento di precessione) con una frequenza definita.
Somministrando energia in forma di radiazioni elettromagnetiche di frequenza pari a quella con cui ruotano (frequenze in risonanza), i nuclei immersi nel campo magnetico statico passano ad uno stato energetico superiore, e i protoni prendono a precettare in sincrono creando una magnetizzazione trasversale.
Quando s'interrompe la sorgente energetica accade dunque che
1) si perde la coerenza sul piano trasversale. Si definisce con il tempo di rilassamento T2, che esprime la perdita del 37% della magnetizzazione trasversale.
2) si ripristina la differenza tra spin in posizione parallela al campo e spin in posizione antiparallela. Si definisce con il tempo T1 che esprime il recupero del 63% della magnetizzazione longitudinale originaria.
L’energia assorbita viene emessa sotto forma di onde radio: è il segnale di RM.
Questi segnali hanno lunghezza d'onda specifica per ogni nucleo e possono essere ricevuti da un'antenna idonea. Inoltre, quando il nucleo fa parte di una molecola emette un segnale di risonanza con lunghezza d'onda lievemente diversa a seconda della struttura della molecola di cui fa parte. In altre parole, la lunghezza d'onda del segnale di risonanza varia in funzione del micro-ambiente chimico, quindi magnetico, nel quale è immerso il nucleo. Tale fenomeno, definito "chemical shift", consente di individuare molecole diverse contenenti lo stesso nucleo.
Le indagini basate sul principio della risonanza magnetica nucleare eseguibili sull'uomo si dividono in due categorie che non devono essere confuse poiché per la comprensione dei risultati sono richieste competenze culturali completamente diverse: MRI e spettroscopia di RM.
La MRI(Immagini di Risonanza Magnetica) utilizza la risoluzione spaziale del forte segnale di risonanza del nucleo dell'idrogeno (1H) dell'acqua per ricostruire immagini dettagliate delle strutture anatomiche, richiede una cultura squisitamente radiologica.
Il problema principale è la localizzazione di ciascun segnale RM captato: si accendono quindi sotto-campi magnetici aggiuntivi che creano lievi alterazioni nel campo principale. Cosicché si creano delle “linee” in cui i protoni precedono alla stessa frequenza e possono venire eccitati selettivamente, per poi fare lo stesso, sempre lungo la stessa linea ma nelle altre due direzioni spaziali per attribuire così tutte e tre le coordinate spaziali a ciascun segnale di RM. In seguito, grazie alla trasformata di Fourier, si ricostruisce l’immagine.
Scegliendo i parametri tempo di ripetizione e tempo di esposizione l’operatore può far sì che l’immagine sia pesata in T1 (TE 10ms e TR 200ms), T2 (TE 100ms e TR 1000ms) o in densità protonica (TE 10ms e TR 1000ms).
Terminologia:l’intensità del segnale è basata sui tempi di rilassamento (in T1 è iperintenso l’elemento con tempo T1 più breve àadipe, mentre in T2 quello con T2 più lungo).
Strumentazione:c’è innanzitutto il magnete, che crea un campo che può andare da 0,02-0,3 a >1 Tesla, e che può essere permanente (costruito di bario ceramico o ferrite), in grado di mantenere il campo magnetico a lungo dopo la somministrazione di corrente elettrica che orienti i dipoli, ma che non supera i 0,5 T; oppure resistivo (bobine con continuo passaggio di corrente), anche questi <0,5 T e che necessitano di corrente continua; vi sono infine i superconduttivi che sono analoghi ai precedenti ma a temperature prossime allo zero assoluto grazie all’immersione in elio liquido, sicché la resistenza sia praticamente nulla: consentono campi di 1,5-2 T e hanno però alti costi di gestione.
Abbiamo poi i gradienti, ovvero gli elementi che creano i sotto-campi magnetici, e il sistema a radiofrequenza, diviso in parte trasmittente e ricevente: quella trasmittente crea il campo magnetico ortogonale a quello dei magneti e quella di ricezione capta il segnale di RM.
Mezzi di contrasto:non vengono visualizzati nell’immagine, ma modificano i tempi di rilassamento dei vari tessuti; devono avere particolari caratteristiche magnetiche:
· diamagnetismo: elementi a pari numero di elettroni negli orbitali esterni, pertanto non hanno attività magnetica.
· paramagnetismo: elementi con elettroni spaiati nell’ultimo orbitale. Se immersi in un campo magnetico, si orientano formando un dipolo molto intenso in grado di influenzare le sostanze vicine. Il più usato è il gadolinio.
· ferromagnetismo: analoghe alle precedenti, ma perché si verifichi l’effetto è necessario che vi siano più molecole aggregate in cristalli. Mantengono il magnetismo anche dopo l’esposizione al campo magnetico, e non vengono pertanto usate per non sottoporre l’organismo ad un continuo campo magnetico.
· superparamagnetismo: isolamento di un singolo dominio magnetico di un aggregato molecolare ferromagnetico: l’effetto pertanto è quello di un intenso momento magnetico che però non perdura fuori dal campo esterno. Sono prodotti a base di ossido di ferro.
In base alla cinetica i mdc si dividono in:
– intravascolari-extracellulari: chelati del gadolinio; sono paramagnetici (↓T1) e analoghi come cinetica ai mdc iodati
– epatobiliari: composti di gadolinio o manganese, con tropismo per gli epatociti
– reticoloendoteliali: ossidi di ferro; abbattono il segnale soprattutto in fegato e milza
– intravascolari: sperimentali, macromolecole che permangono a lungo nei vasi
– gastrointestinali: paramagnetici (mdc positivi àanse iperintense) o superparamagne-tici (mdc negativi àanse ipointense).
La Spettroscopiadi Risonanza Magnetica(MRS) utilizza i segnali più deboli di altri nuclidi per ottenere informazioni quantitative e dinamiche su composti biochimici presenti nel tessuto in esame, si basa sul fatto che il medesimo atomo emette diversamente se inserito in diverse molecole. I principali nuclidi d'interesse clinico che presentano il fenomeno della risonanza magnetica sono: il fosforo (31P) e l'idrogeno (1H) legato a molecole organiche.
L’analisi è perciò funzionale, in quanto rileva indirettamente la concentrazione dei vari composti in diverse aree e le esprime in ppm (parti per milione), consente la diagnosi di particolari patologie (es. carcinoma prostatico, stati di sofferenza cerebrale e DD di essi).
Tuttavia, poiché necessita di campi ad alta intensità (1,5-2 T) e molto omogenei è ancora poco diffusa. Recentemente sono state sviluppate altre metodologie di spettroscopia RM per lo studio della biochimica in vivo e tuttora in grande sviluppo: la spettroscopia di diffusione (d-RM) e la risonanza magnetica funzionale (f-MR).
1. Spettroscopia di diffusione – ADC quantitativa
Con la spettroscopia di diffusione (d-MR) è possibile misurare in vivo in modo non invasivo la mobilità intra- ed extra-cellulare di molecole specifiche grazie alla naturale sensibilità della risonanza magnetica al moto delle molecole.
In un mezzo isotropico (omogeneo) il coefficiente di diffusione (D, cm2s-1) descrive il “cammino libero medio” del 1H dell’acqua ed è espresso dal rapporto tra flusso (Js) e gradiente di concentrazione del soluto Js = -D (dC / dx)
Nei tessuti il coefficiente di diffusione è definito ADC (Coefficiente di Diffusione Apparente) poiché rappresenta la sommatoria della diffusione pura, dei flussi locali, della compartimentazione cellulare, dei processi di assorbimento, di trasporto, ecc.
– immagini “pesate” in diffusione (DWI) in cui l’intensità del pixel dipende dalla riduzione del segnale (basso coefficiente di diffusione àiperintenso)
– mappe dell’ADC, in cui l’intensità del pixel è proporzionale al valore assoluto dell’ADC (basso coefficiente di diffusione àipointenso)
Nelle patologie cerebrali il valore di ADC della molecola dell'acqua cambia in seguito ad alterazioni della struttura e/o della funzionalità neuronale e/o assonale e del compartimento extraneuronale (glia e spazio extra-cellulare). Ad esempio, si riscontra un aumento del valore di ADC dell’acqua nell’edema vasogenico nella fase sub-acuta dell’infarto cerebrale.
2. Risonanza magnetica funzionale
Con la risonanza magnetica funzionale (f-MR), grazie ad una risoluzione temporale di pochi secondi ed una rilevante risoluzione spaziale, è possibile seguire le rapide variazioni metabolico/funzionali correlate a componenti specifiche dei processi mentali. Ad esempio è possibile studiare gli effetti del blocco dell'enzima acetilcolinesterasi sul potenziamento della trasmissione colinergica cerebrale in relazione alle diverse fasi del processo mnemonico (apprendimento, mantenimento in memoria e richiamo della traccia appresa) e gli effetti del potenziamento colinergico sull'apprendimento rispetto alle altre parti del processo di memoria.
Ad esempio, si possono sfruttare le diverse capacità magnetiche dell’ossiemoglobina e della desossiemoglobina:
• quando l’O2 è legato all’Hb (HbO2), tutti e 6 gli elettroni del Fe2+ sono appaiati e si trovano nello stato di minore energia (“low-spin state”) àHbO2 diamagnetica
• quando l’O2 si stacca dall’Hb (Hb), gli elettroni del Fe2+ sono spaiati e si trovano in uno stato di energia maggiore (“high spin state”) àHb paramagnetica
Pertanto ci si attenderebbe una riduzione del segnale se il cervello consuma l’ossigeno del sangue; tuttavia questo effetto non solo non si verifica, anzi paradossalmente si verifica il contrario: ad un aumento del metabolismo viene associato un aumento del segnale NMR. L’aumento del metabolismo cerebrale porta anche a vasodilatazione e quindi ad un aumento del flusso sanguigno, molto maggiore dell’aumento del consumo di O2.
La variazione del segnale dell’emoglobina è usata per studiare la correlazione tra azioni e attivazione di particolari aree del SNC (segnale BOLD, blood oxygen level dependent).