Semiologia o semeiotica significa ricerca e studio dei sintomi. La semeiotica presuppone un complesso di conoscenze di vario genere, ma specialmente di ordine anatomo-fisiologico e di ordine patologico generale e speciale.
La semeiotica non ha fine a se stessa, ma rappresenta solo un mezzo per arrivare alla identificazione di un processo morboso nell’animale in vita e cioè alla diagnostica,La semeiotica fornisce il metodo ed i criteri di apprezzamento per i dati di fatto che un singolo organismo presenta in conseguenza di una perturbazione organica. La patologia speciale studia le malattie; la semiologia insegna ad analizzare il singolo malato.
L’importanza della semiologia, come base della clinica, è convalidata dal tempo e dalla statistica che ci dicono come la maggior parte degli errori diagnostici ha come punto di partenza omissioni semiologiche o falsi od insufficienti apprezzamenti.
Le difficoltà diagnostiche in relazione alla sintomatologia comune a più forme morbose, pongono spesso il clinico a formulare soltanto una diagnosi generica di sindrome, che significherebbe un insieme di sintomi comuni a diverse forme morbose o determinati da più processi patologici concomitanti.
Ne sono sorte così le denominazioni di sindrome colica, s. bolsaggine, s. capostorno, s. anasarca, s. influenzale, ecc.
Nel campo pratico applicativo, nel procedere alla visita di un animale ammalato, si dovrà applicare un criterio procedurale unico con la medesima mentalità interpretativa; nel quadro dei processi da prendere in esame per un diagnostico differenziale, potranno ad un tempo essere ricordate malattie mediche e malattie chirurgiche come pure malattie ostetrico-ginecologiche.
La semeiotica ha di necessità bisogno di conoscenze scientifiche e come tutte le branche della medicina necessita di uno studio teorico orientativo; ma non si creda da nessuno che questa branca propedeutica perchè fornisca ciò che deve fornire alla clinica si apprenda con delle parole, con delle figure o delle tavole sinottiche. La semeiotica è prevalentemente scienza di osservazione di fatti patologici; essa ha una base tecnica che presuppone una particolare educazione dei sensi a percepire determinati fenomeni, per cui va insegnata e va studiata più che tutto sugli animali vivi, sani ed ammalati.
Purtroppo per un insegnamento così concepito, sarebbero necessari dei mezzi e delle organizzazioni didattiche di ben altra portata di quelli esistenti in genere nelle nostre facoltà; comunque la finalità e gli obbiettivi cui si deve tendere in questo ramo debbono essere fin da principio ben ribaditi perchè così, ciò che non può fare a scuola, lo studente deve preoccuparsi di farlo fuori di scuola sapendo che ciò rappresenta un caposaldo della sua formazione professionale.
Accanto ai concetti tecnici ed analitici di semiologia, contenuti nel limite strettamente necessario per chi esordisce nel campo clinico, scartando di proposito ogni bagaglio di erudizione, di bibliografìa e dì critica, vogliamo porre in questo corso anche qualche concetto fondamentale di diagnostica. Lo scopo dell’aggiunta che non trova in genere riscontro, nel campo veterinario, nei corsi e nei testi di semeiotica, è soltanto quello di porre davanti allo sguardo del giovane che dovrà diventare clinico i dati più salienti, gli elementi sintomatologici più frequentemente presenti, i dati dei quali non è permessa a nessuno l’ignoranza, nei riguardi di un orientamento diagnostico per le forme morbose più comuni. Tutto ciò non signifìca che la semeiotica debba sostituirsi alla patologia ed alla clinica nell’indicazione e nella valutazione dei sintomi e nell’impostazione di ragionamenti interpretativi e differenziali, ma vuole soltanto semplificare il campo sintomatologico a scopo didattico introduttivo riducendolo ai dati essenziali che poi dall’insegnamento clinico, dalla pratica professionale e dalla lettura dei casi clinici speciali pubblicati nelle riviste, si completeranno in più organica e precisa inquadratura.
La diagnostica vera e propria, applicata su di un singolo ammalato. Dopo una diagnosi generica (sintomatologica, funzionale o di sindrome), bisogna aspirare ad una diagnosi di sede od anatomica, a seguito della quale, specie in certi casi, è indispensabile una diagnosi di natura (identificazione della causa efficiente).
Per raggiungere questo ultimo scopo, la diagnostica può richiedere anche delle indagini supplementari alla semplice semiologia e cioè ai sintomi naturali che l’animale presenta si possono aggiungere dei sintomi provocati o i risultati di ricerche particolari svolte al di fuori dell’ammalato stesso.
La semiologia è quindi a servizio della diagnostica dai primi passi dell’indagine clinica fino all’epilogo diagnostico che raggiunge la perfezione appunto con la diagnosi di natura od eziologica.
INDAGINI SEMEIOLOGICHE DIRETTE E RICERCHE COLLATERALI
Intendiamo per indagini dirette, quelle che si compiono direttamente sull’animale ammalato; ricerche collaterali sono quelle che si effettuano dopo l’esame clinico ed a complemento di questo, mediante apparecchi speciali od analizzando con sostanze chimiche o biologiche materiale patologico o prodotti organici o provocando nell’animale in esame particolari quadri reattivi.
Le indagini cliniche dirette comprendono: l’ispezione, la palpazione, la percussione, l’ascoltazione, la misurazione, la termoscopia, i sondaggi, i caterismi, le punture esplorative.
Le ricerche collaterali vengono compiute mediante reazioni e prove fisiche e chimiche, esami microscopici, prove microbiologiche (colturali, sierologiche e sperimentali), reazioni allergiche.
Indagini radiologiche, cardio e pneumografiche, elettrocardiografiche, elettroencefalografiche, spettroscopiche e crioscopiche, costituiscono un insieme di ricerche, applicabili in casi particolari anche in medicina veterinaria.
Dell’ispezione: Ispezione significa vedere ed odorare.
Il primo passo dell’esame clinico vero e proprio si compie coll’organo della vista, innanzitutto per analizzare l’ambiente in cui l’animale o gli animali ammalati vivono e con l’ambiente inteso in senso lato, anche le persone che ci presentano o custodiscono gli ammali stessi.
I nostri ammalati non parlano e chi li circonda tende a mascherare od a nascondere qualche cosa, per cui noi dobbiamo mettere in atto tutte le nostre possibilità per raccogliere quanto più dati possibile. Mediante l’analisi visiva abbiamo poi modo di apprezzare i dati relativi alla identificazione del soggetto e di compiere sul medesimo esami di insieme ed esami particolareggiati.
Vedere prima di toccare costituisce una regola generale da applicarsi in senso assoluto, sempre, non solo per un principio di ordine metodologico, ma anche agli effetti di eventuali pericoli ai quali possiamo esporre la nostra incolumità personale avvicinando degli animali.
Innanzi tutto prima di prendere contatto con un animale bisogna essere informati sulla sua indole e poi, piccoli segni manifesti all’esame ispettivo esterno, come potrebbero essere bava alla bocca, scolo nasale, od altro, possono suggerirci particolari precauzioni da prendersi prima di compiere esami ispettivi interni agli effetti delle infezioni trasmissibili dall’animale all’uomo come per es. la rabbia e la morva.
La vivacità dell’occhio, il movimento delle palpebre, l’umidità del muso del bovino e della punta del naso del cane, la coda attorcigliata del suino, il fermarsi delle mosche sul corpo di un animale ed altri particolari e caratteristici fatti ed atteggiamenti, sono rapidamente apprezzati solo da chi ha confidenza visiva colle normali manifestazioni vitali e reattive degli animali.
Non basta vedere molti animali per capire qualche cosa delle loro manifestazioni fisiologiche e patologiche; bisogna imparare ad analizzarli, sia pure rapidamente, con metodo, in tutte le loro parti, cominciando dalla punta del naso per arrivare gradualmente alla punta della coda ed alla punta degli zoccoli, con senso anatomo-topografico e fisiologico, calcolando lo sviluppo e la simmetria delle diverse parti ed il loro funzionamento.
L’ispezione visiva deve essere svolta nelle migliori condizioni di illuminazione e, se necessario in particolari circostanze, con qualche apparecchio di illuminazione; consideriamo un’ispezione esterna ed un’ispezione interna quale per es. quella della bocca, delle cavità nasali, della vagina, della congiuntiva. L’ispezione interna però deve sempre essere preceduta dall’ispezione esterna.
Dall’ispezione visiva non deve andar disgiunto l’apprezzamento di eventuali odori provenienti dall’animale ammalato o dall’ambiente in cui l’animale vive (ispezione olfattiva); odori di acetone, di cancrena, di acido butirrico, sono particolarmente significativi, come pure sono abbastanza caratteristici gli odori della pelle del cane con rogna demodettica, del fettone del cavallo in preda ad imputridimento, dello scolo vaginale della vacca con ritenzione placentare.
Della palpazione: L’esame di palpazione eseguito col polpastrello delle dita o con l’intero palmo della mano o col pugno stretto, ci fornisce delle sensazioni tattili e delle sensazioni termiche; da essa potremo arguire caratteri di volume, di consistenza e di resistenza; potremo apprezzare la contrattilità di determinati organi ed il crepitio di certe tumefazioni. Con la palpazione possiamo provocare reazioni dolorifiche e sintomi riflessi.
Procedendo all’esame di palpazione e prima di interpretare eventuali reazioni dell’animale, bisogna esser ben edotti della sensibilità del soggetto. Va pure tenuto ben presente che anche gli animali, in certe regioni del corpo (per es. la regione della grassella del cavallo) percepiscono il solletico, come pure va ricordato che certi equini, specie di sesso femminile, alla palpazione della groppa rispondono facilmente con sgroppate e calci.
La sensazione tattile ci serve in campo semiologico anche per apprezzare determinati elementi funzionali come il polso e ritto cardiaco. La palpazione digitale ci permette di stabilire la fluttuazione di raccolte sottocutanee od endo-addominali.
Particolari modalità di applicazione della tecnica palpatoria le troviamo nella esplorazione rettale. Consideriamo pure una palpazione strumentale eseguita cioè con l’ausilio di qualche mezzo meccanico. Così viene compiuta la palpazione dello zoccolo con una speciale tenaglia, la palpazione del reticolo con un bastone posto trasversalmente alla regione xifoidea, la palpazione intercostale colla punta del manico del martelletto, ecc.
Della percussione: Lo scopo della percussione in campo semiologico è quello di provocare delle vibrazioni su determinate parti del corpo, mediante dei colpi esercitati. Tali vibrazioni determinano un suono che avrà durata ed intensità diverse a seconda della resistenza che le onde vibratorie trovano nella loro espansione e più ancora dalla presenza o meno di aria o di gas al di là del punto dove i colpi percussori vengono applicati. Così sarà ben diverso il suono ottenuto percuotendo la regione della spalla o quella della coscia, da quello ottenuto percuotendo le regioni toraciche.
La nomenclatura che si usa abitualmente in clinica, relativa ai suoni della percussione, è soltanto tradizionale e convenzionale, per cui non va presa alla lettera e va considerata ben lontana da quella che dovrebbe usarsi se si dovesse riportare alle leggi fìsico-acustiche.
Quale esempio possiamo ricordare che il concetto di suono si dovrebbe applicare solo alle vibrazioni che partono da un mezzo a costituzione omogenea; quei suoni che pervengono al nostro orecchio trasmessi da mezzi a diversa costituzione fisica, quindi a diversa tonalità, dovrebbero chiamarsi rumori. Da questo concetto potremmo dedurre che tutti i suoni organici dovrebbero chiamarsi rumori.
Lo scopo della percussione è quello di renderci edotti delle condizioni fisiche degli organi sottostanti al punto che noi percuotiamo, al loro volume od alla loro posizione. Sia ben chiaro che la percussione non serve soltanto per la semiologia del polmone; è bensì applicabile all’esame dei seni, all’esame degli organi addominali, all’esame di tumefazioni sottocutanee per stabilire se in esse è contenuto o meno del gas. Non entrano invece in questo concetto finalistico le percussioni eseguite per provocare reazioni dolorifiche.
Convenzionalmente chiamiamo ottuso il suono che si ottiene percuotendo dei punti al di sotto dei quali non si trovi aria o gas, nelle condizioni cioè in cui le onde vibratorie si arrestano per la resistenza che incontrano alla loro espansione. In contrapposto a questo, indichiamo come suono chiaro quello in cui le onde vibratorie hanno la possibilità di espandersi per la presenza di aria o gas.
Dal concetto di suono chiaro si dipartono molte altre particolarità di suoni, diversi da questo per intensità, durata ed altezza, ma che hanno sempre come substrato la presenza di gas od aria.
La diversa tonalità del suono chiaro è subordinata ad alcuni elementi fondamentali e cioè la grandezza della cavità che l’aria od il gas contiene, l’elasticità e la tensione delle pareti della cavità stessa, la pressione dell’aria o del gas, la distanza della cavità dal punto che si percuote o meglio lo spessore del mezzo non aerato antistante quello aerato, la comunicazione della cavità aerata coll’esterno.
Ne sorgono così diverse altre denominazioni, partendo dal punto base che il suono che vien detto semplicemente chiaro dovrebbe convenzionalmente essere quello in cui al di sotto ed a breve distanza dal punto che percuotiamo (qualche centimetro), si trovi aria o gas contenuti in piccole cavità a pareti elastiche modicamente tese. Siccome questo suono è caratteristico delle zone più sonore del torace, in condizioni fisiologiche, vien detto anche suono polmonare, ma non e detto che si riscontri solo nel torace.
Lo stesso suono potremmo ottenerlo, per lo meno in linea relativa, anche percuotendo una grande cavità qual’è il rumine di un bovino, in particolari condizioni di tensione delle pareti e con contenuto solido e liquido uniformemente mescolato al gas.
La diminuzione della sonorità al di sotto del suono chiaro (ipofonesi), verso il suono ottuso, viene denominata suono sub-ottuso. Gli aumenti di sonorità (iperfonesi) vengono, indicati come suoni: soprachiaro, timpanico, anforico, di pentola fessa.
Il suono sub-ottuso viene determinato da svariate condizioni fìsiche e cioè notevole spessore dello strato solido interposto, sottile strato di organo o tessuto aerato al di là del quale si trova ancora strato solido o liquido, poco gas o lievi quantità di aria presenti in piccole cavità intercalate fra tessuti non aerati.
Per esempio riscontriamo suono subottuso nelle regioni superiori del torace (doccia vertebro-costale), nell’aia di ottusità relativa del cuore, negli infiltramenti polmonari (polmoniti interstiziali), ecc.
Il suono soprachiaro in punti o regioni dove normalmente si riscontra suono chiaro, denota o aumento del contenuto in aria o gas o diminuita elasticità delle pareti cavitarie o diminuito spessore dello strato solido antistante il punto di percussione.
Il suono timpanico vuol riportarsi a quello che si ottiene percuotendo il timpano di un tamburo e trova la sua ragione di essere nel contenuto di aria o gas in grandi cavità a pareti lisce e non troppo tese. Nelle stesse condizioni base, aumentando la tensione delle pareti diminuisce l’intensità del suono verso il suono soprachiaro; se però la pressione dell’aria o del gas arriva a limiti estremi, il suono rimane timpanico anche se la tensione delle pareti è notevole.
Bisogna tenere, ben presenti queste diverse possibilità e ricordare che la prevalenza di uno degli elementi determinanti sugli altri, può spostare in un senso o nell’altro la sonorità. Così il rumine di un bovino od il cieco di un cavallo in condizioni normali, alla corrispondente fossa del fianco, forniscono suono timpanico; questi anzi permangono come punti di riferimento e di controllo per il suono stesso. Però aumentando il contenuto solido, rimanendo invariate le altre condizioni, si può ottenere nella stessa sede suono soprachiaro, chiaro ed anche sub-ottuso; aumentando in modica misura il contenuto di gas, si ha pure diminuzione di suono, verso il soprachiaro per l’aumentata tensione e minor vibratilità delle pareti, però se la quantità di gas diventa notevolissima come nel meteorismo grave, il suono ritorna timpanico perchè l’elemento quantità di gas prevale sugli altri.
Una varietà del suono timpanico è quella che prende il nome di suono anforico, suono di vuoto, che presuppone la presenza di cavità contenenti aria o gas, a pareti lisce e rigide. Tale possibilità si riscontra nel pneumotorace ed in certe caverne polmonari. Va pure considerata come varietà del suono timpanico quello denominato di pentola fessa, che parte da una cavità contenente aria o gas, in comunicazione con l’esterno. Fisiologicamente ne abbiamo un esempio se si percuote la trachea; in campo patologico lo riscontriamo nelle broncoectasie e nel pneumotorace aperto.
Tecnica percussoria: Inizialmente la percussione limitata al torace, nei nostri animali domestici, veniva eseguita direttamente sulla parete toracica colla punta delle dita di una mano riunite a cono (percussione immediata). In periodi di maggior evoluzione si è ricorsi alla interposizione di un mezzo fra la parte percossa ed il mezzo percussore (percussione mediata). Il più elementare di questi è rappresentato dal dito medio della mano sinistra distanziato dalle altre dita della mano distesa e compressa sulla parte da percuotere; il mezzo percussore è rappresentato dal polpastrello del dito medio dell’altra mano fatto cadere con forza, a mano morta, sull’articolazione della prima falange dell’altro medio (percussione digito-digitale).
È il metodo di percussione normalmente applicato nella pratica semiologica dei piccoli animali; non è però da rigettarsi senz’altro anche per i grossi animali. Innanzi tutto si tenga presente che nella percussione digito-digitale, oltreché una sensazione acustica si ha anche una sensazione tattile dei suoni che si determinano, sensazione del tutto soggettiva e di notevole importanza. Poi, la percussione digito-digitale può essere preferibile a quella armata in certi casi, come per es. per la delimitazione dei margini posteriori del polmone, della zona di ottusità cardiaca o di una raccolta gassosa sottocutanea.
La percussione armata presuppone l’uso del plessimetro e del martelletto; il primo è rappresentato da una lamina o da un dischetto, con margine a presa, di avorio o di metallo, da porsi sul corpo dell’animale, ben pressato sulla pelle per evitare che si verifichino dei falsi rumori; il martelletto è un particolare strumento adatto allo scopo con manico di metallo o di legno piuttosto lungo e testa in proporzione pesante con alla punta fissata una sferettina di gomma.
Sull’uso del plessimetro e del martelletto è necessario molto esercizio controllato; si dia grande importanza alla caduta passiva della testa del martelletto sul plessimetro. Particolare importanza va attribuita alla percussione forte ed alla percussione debole, ambedue applicabili ma con cognizione di causa.
Con la percussione energica ci proponiamo di ottenere una serie di onde vibratorie concentriche col massimo raggio possibile, che arrivino quindi a determinare il massimo delle possibilità vibratorie. Dalla percussione forte dobbiamo quindi attenderci le ripercussioni dei fatti patologici profondi, per quel tanto, si capisce, che ci è possibile e che sappiamo per esperienza essere di entità molto relativa.
Non dobbiamo dimenticarci però che la percussione forte vince le resistenze superficiali, per cui lievi fatti patologici vicini al punto dove si percuote, possono sfuggire o meglio non ripercuotersi sui suoni della percussione forte. Da ciò la necessità di alternare la percussione forte con quella debole; quest’ultima dà il massimo di risultato se applicata col metodo digito-digitale.
Ad ogni modo, si ricordi che, per quanto forte la percussione sia, il suono che si origina sarà più intenso ma sempre dello stesso tipo; per quanto la percussione possa essere forte non potrà mai trasformare un suono chiaro in un suono timpanico.
Dell’auscultazione: Nell’esame di auscultazione mettiamo in opera il senso dell’udito. L’esame dei caratteri della tosse, la constatazione di un russo respiratorio o di un gemito, rientrano nel campo auscultatorio.
Ma allorchè parliamo di ascoltazione in senso stretto ci riportiamo alla percezione di lievi suoni o rumori organici il che comporta un intimo contatto del nostro orecchio su determinate regioni del corpo o l’uso di particolari apparecchi atti ad ingrandire i suoni ed i rumori medesimi.
Applicato alla percezione dei rumori respiratori, questo metodo di indagine semiologica è legato al nome di Laennec, medico francese, che, da una prima e pressoché fortuita osservazione fatta nel 1816 ascoltando il cuore mediante un tubo di carta, escogitò un metodo razionale ed approfondito di indagine qual è l’ascoltazione mediata.
L’ascoltazione immediata cioè realizzata ponendo direttamente l’orecchio sulla superficie del corpo da ascoltare, può essere applicata allo studio delle funzionalità del cuore, dei polmoni, dell’intestino, e del rumine. È opportuno, anzi dovrebbe diventare una regola, interporre fra la superficie che si ascolta ed il nostro orecchio, un telo piuttosto sottile e ben teso per ragioni igieniche e per una certa estetica professionale.
L’ascoltazione mediata si compie usando un mezzo di ingrandimento dei suoni rappresentato da uno stetoscopio o da un fonendoscopio. In campo veterinario è molto in uso con generale soddisfazione, il fonendoscopio tipo « Bazzi-Bianchi », di due dimensioni uno per piccoli e l’altro per grandi animali.
È indispensabile innanzi tutto educare l’orecchio a percepire direttamente ciò che è possibile senza nessun altro ausilio, riserbando l’uso dei mezzi meccanici ai casi in cui esiste qualche alterazione funzionale che ha bisogno di essere chiarita, interpretata o localizzata con precisione.
L’esame di ascoltazione va sempre eseguito nelle migliori condizioni e cioè in locali chiusi, di medie dimensioni ed in perfetto silenzio.
Misurazione e termometria. Rappresentano dei mezzi di indagine diretta di indubbia importanza.
Già nel segnalamento dell’animale vedremo una prima applicazione della misurazione in quanto dovremo stabilire a cm. l’altezza del soggetto in esame. Tale rilievo riveste peraltro più interesse di ordine medico-legale che clinico. Di maggior significato semiologico sono le misurazioni comparative degli emitoraci in casi di evidenti asimmetrie e la traduzione in termini precisi delle dimensioni di una tumefazione e della superficie di lesioni esterne od interne. Vengono usati allo scopo i soliti nastri misuratori. Con particolari cutimetri si misurano attualmente le reazioni tubercoliniche intradermiche.
Un interesse ancora maggiore riveste la misurazione della temperatura corporea interna mediante il termometro. Il rilievo termometrico è uno dei pochi elementi semiologici sui quali possiamo poggiare con sicuro affidamento, per cui non deve mai essere dimenticato.
Vengono usati allo scopo i soliti termometri clinici a massima, in uso anche per la medicina umana. Vi sono però in commercio dei tipi speciali di termometri prismatici per uso veterinario, più robusti degli altri e più comodi per l’applicazione.
Nei nostri animali domestici ricorriamo in genere al prelievo della temperatura rettale. Vi è differenza fra termometro e termometro circa il tempo di contatto necessario per una esatta valutazione della temperatura; bisognerà lasciare il termometro in posto per lo meno per cinque minuti.
L’introduzione del termometro nel retto esige una certa lubrificazione che può essere fatta o con acqua e sapone o con qualche sostanza grassa. È molto pratico mantenere al fondo dell’astuccio porta-termometro, un piccolo batuffolo di cotone imbevuto di olio di vaselina. L’istrumento ne viene così estratto col bulbo sufficientemente lubrificato. È indispensabile non solo in questo caso, ma sempre, riporre il termometro nell’astuccio accuratamente pulito.
Allorché il prelievo termico non è possibile per via rettale o per processi infiammatori o per un rilasciamento dell’organo (ano beante), si può ricorrere alla vagina o alla mucosa buccale. Nei piccoli animali si può ricorrere anche alla misurazione ascellare o inguinale aggiungendo mezzo grado al dato ottenuto per equipararlo alla temperatura rettale.
SONDAGGI CATETERISMI E PUNTURE
Oltre ché per la cura delle coliche del cavallo e del meteorismo del rumine dei bovini sono indispensabili ormai la sonda rinoesofagea e la sonda gastrica. Nelle affezioni anginose del cavallo, il cateterismo delle tasche gutturali rappresenta un intervento di frequente applicazione.
Per il prelievo delle urine a scopo diagnostico è necessario il cateterismo vescicale. Nelle raccolte pleuriche, pericardiche e peritoneali, le punture esplorative rappresentano un mezzo di indagine di somma importanza ai fini diagnostici.
Ricerche diagnostiche collaterali. Per ricerche diagnostiche collaterali all’esame clinico, intendiamo tutte quelle prove che si possono eseguire dopo aver esaurite le comuni indagini semiologiche, allo scopo di completarle raccogliendo elementi nuovi che possono colmare lacune e servire di conferma ad un diagnostico emesso solo in forma dubitativa o di sospetto.
Prove fisiche e reazioni chimiche vengono applicate negli esami delle urine, delle feci e del sangue; nella identificazione degli essudati e trasudati ed eventualmente nell’esame del succo gastrico.
Gli esami microscopici sono comunemente applicati per la messa in evidenza dei fito e zooparassiti della pelle (esame delle croste), delle uova e delle larve di parassiti intestinali e bronco-polmonari (es. microscopico dell’espettorato e delle feci), degli elementi morfologici dei sedimenti urinari e del sangue, dei protozoi ematici, ecc.
Le prove microbiologiche, rappresentate dalla coltivazione dei microorganismi su terreni colturali artificiali comuni ed elettivi, dalle reazioni sierologiche (prove dell’agglutinazione, della deviazione del complemento e della precipitazione), dalla inoculazione di materiale patologico sospetto in animali da esperimento particolarmente recettivi alla forma che si suppone o che si vuol escludere (cavie, conigli, topi), racchiudono nel loro insieme ciò che un laboratorio di microbiologia può fornire alla clinica. È ammissibile che fino ad un esame microscopico si possa giungere anche nel campo pratico; ma le altre ricerche relative alla diagnosi sperimentale delle malattie infettive debbono essere svolte di massima in un laboratorio attrezzato e da un personale specializzato in materia.
Reazioni allergiche.
Le reazioni allergiche costituiscono un altro capitolo di fondamentale interesse pratico-applicativo. In questo campo si considerano degli interventi che si compiono su animali sospetti di determinate malattie infettive con delle sostanze particolari ricavate da colture artificiali di germi dei quali appunto si sospetta l’azione patogena.
Tali sono le tubercoline agli effetti della tubercolosi, la malleina per la morva. Queste sostanze non sono delle tossine vere e proprie in quanto manifestano un’azione specifica solo negli organismi in preda alle infezioni e perchè non sono in grado di provocare la formazione di antitossine; inoltre la reazione che sussegue alla loro introduzione parenterale non e una reazione tossica vera e propria, ma un complesso di fatti reattivi non immediati che rientrano nel quadro ormai ben studiato delle reazioni allergiche.
L’allergia rappresenta uno stato di ipersensibilità organica molto vicina a quello dell’anarìlassi, ma non a questo perfettamente sovrapponibile. Il complesso degli elementi reattivi di ordine allergico comprende: una reazione locale al punto di inoculazione, una reazione generale, di cui la principale manifestazione è l’innalzamento termico, e una reazione focale, che potrebbe corrispondere a una riaccensione o una esacerbazione di focolai infettivi preesistenti.