Che cos’è l’edema in veterinaria?
L’edema è rappresentato da un aumento localizzato o generalizzato di notevole entità e durata del liquido interstiziale. Esso può imbibire la cute ed il tessuto connettivo sottocutaneo.
Perchè l’edema sia evidenziabile, l’aumento del liquido interstiziale della cute e del sottocute deve superare almeno del 10% la quota normale.
Aumento del liquido interstiziale nell’edema in veterinaria, a cosa è dovuto?
L’aumento del liquido interstiziale nell’edema è dovuto ad una alterazione degli scambi tra plasma sanguigno ed interstizio per un aumento della filtrazione del plasma attraverso i capillari o per un diminuito riassorbimento di liquido dall’interstizio attraverso le pareti dei capillari stessi; l’alterazione di questi scambi idrici non interessa il liquido intracellulare o talvolta solo secondariamente. I fattori che regolano ed influenzano questo flusso di liquido nei due sensi, sono molteplici.
L’edema e il plasma in veterinaria
Il plasma sanguigno contiene acqua, sostanze proteiche e sostanze minerali; gli stessi componenti si ritrovano nel liquido interstiziale, ma con un contenuto di sostanze proteiche molto inferiore a quello del plasma. Infatti le pareti dei capillari lasciano filtrare molto facilmente l’acqua ed i cristalloidi mentre ciò avviene con molta difficoltà per le proteine.
L’edema e le proteine in veterinaria
Delle proteine contenute nel liquido interstiziale prevalgono, dato il loro peso molecolare e le dimensioni inferiori, le albumine sulle globuline e sul fibrinogeno. Qualora intervengano fattori patologici che siano in grado di ledere l’integrità e la funzionalità delle pareti capillari, quali le tossine microbiche, l’istamina liberata in stati allergici, l’anossia, le elevate temperature, etc, si può avere un aumento della permeabilità capillare e quindi l’edema. Il contenuto di proteine nel plasma è fondamentale, infatti alla quota proteica è legata la pressione colloido-osmotica (o pressione oncotica) del plasma che trattiene, in condizioni fisiologiche, nei capillari la parte liquida del plasma ed esercita un richiamo della stessa dall’interstizio. La pressione colloido-osmotica del plasma è dovuta in massima parte alle albumine ed in misura molto inferiore alle globuline. Alla pressione oncotica del plasma si oppone la pressione meccanica del sangue nei capillari; questa nei capillari più vicini al lato arterioso è superiore a quella del lato venoso.
L’edema e i capillari in veterinaria
La pressione capillare nel lato arterioso essendo superiore a quella colloido-osmotica del plasma, permette il passaggio nell’interstizio di acqua, soluti del plasma (elettroliti, glucosio, urea) e di una modesta quantità di proteine (albumine); viceversa nel lato venoso prevale, sulla pressione capillare, quella colloido-osmotica del plasma per cui si avrà un riassorbimento nell’interno del vaso di acqua, cristalloidi e scorie di ritorno dai tessuti, ma non di proteine (che come si vedrà vengono riassorbite dai vasi linfatici). Tutti i fattori patologici che alterano l’equilibrio di queste due forze antagoniste e cioè che siano in grado di determinare una diminuzione della pressione colloido-osmotica (iponchia) per diminuzione delle proteine plasmatiche (particolarmente delle albumine), oppure un aumento della pressione capillare dal lato venoso, possono determinare la comparsa dell’edema.
L’edema e la pressione dei tessuti in veterinaria
Un’altra forza, anche se modesta, che si oppone come la pressione oncotica del plasma al passaggio di acqua dai capillari nell’interstizio, è data dalla pressione dei tessuti. Questa pressione varia da regione a regione, è praticamente nulla nelle sierose; nelle palpebre, nei genitali, nella giogaia dei bovini dove la cute è più cedevole ed il sottocute privo di grasso, l’edema si forma, qualora intervengano delle condizioni edemigene, più facilmente e più abbondantemente che in altre regioni. Attraverso le pareti dei capillari riesce a filtrare anche una piccolissima quantità di proteine le quali determinano una pressione colloido-osmotica propria del liquido interstiziale.
Questa pressione si oppone a quella colloido-osmotica del plasma e quindi al riassorbimento di acqua dall’interstizio nei capillari (dal lato venoso), ma in condizioni fisiologiche il suo valore è minimo appunto in rapporto al modestissimo contenuto di proteine. Se però, per condizioni patologiche, la quantità di proteine nel liquido interstiziale aumenta,sia per una maggior filtrazione attraverso le pareti dei capillari, che per un diminuito riassorbimento delle stesse da parte dei vasi linfatici, si può avere la formazione di edema. Il liquido interstiziale viene riassorbito oltre che dal lato venoso dei capillari anche dai vasi linfatici i quali originano a fondo cieco e sono costituiti per di più da un endotelio che, a differenza di quello dei capillari sanguigni, viene facilmente attraversato dalle proteine.
Queste infatti dall’interstizio vengono riassorbite soltanto per questa via e qualora si abbia un ostacolato deflusso della linfa in una regione si può avere edema in quanto non potrà essere riassorbita per questa via parte di acqua e cristalloidi dall’interstizio, ma soprattutto perchè, in tale sede aumenta la quota di proteine le quali determinano l’aumento della pressione oncotica del liquido interstiziale e quindi il conseguente richiamo di acqua. Nel ricambio idrico oltre ai fattori sopra ricordati notevole importanza riveste il cloruro di sodio. La pressione colloido-osmotica legata alle proteine del plasma, nonostante la sua importanza fondamentale negli scambi dell’acqua nell’organismo, rappresenta un valore molto piccolo della pressione osmotica totale del sangue. La pressione osmotica del sangue, oltre la quota dovuta alle proteine (pressione oncotica), e determinata dagli elettroliti e dai cristalloidi organici; di questi gli ioni sodio e cloro hanno la massima importanza.
Un aumento di questi due elementi (cloruro di sodio) nel sangue per aumentata ingestione o più spesso per diminuita eliminazione (da diminuita filtrazione attraverso i glomeruli renali od aumento del suo riassorbimento a livello dei tubuli) comporta un aumento della pressione osmotica e conseguentemente un aumento di secrezione, da parte della post-ipofìsi, di ormone antidiuretico che determina la ritenzione di acqua e quindi aumento della pressione capillare. L’aumento della pressione capillare faciliterà l’insorgenza o l’aumento dell’edema per cui il cloruro di sodio deve essere considerato, in tal caso un fattore edemigeno collaterale. L’aumento del tasso ematico di cloruro di sodio può determinare od aggravare l’edema attraverso un altro meccanismo.
Al fine di mantenere inalterata la concentrazione di ioni sodio nel plasma il loro eccesso passa nell’interstizio dove conseguentemente, per non avere un’alterazione della concentrazione molecolare del liquido interstiziale, si ha un richiamo dal plasma di una maggior quantità di acqua e quindi la formazione di edema. Questo edema che serve a mantenere inalterata l’omeostasi della concentrazione molecolare dei tessuti, elemento indispensabile alla vita ed alla attività delle cellule, va considerato come un edema di compenso. Infine un altro fattore edemigeno è rappresentano dalle alterazioni della innervazione (come si può avere nella paralisi di alcune regioni del corpo) in cui si ha aumento della filtrazione di acqua dal plasma all’interstizio per vasodilatazione (edema angio-neurotico) come pure diminuito riassorbimento di liquido e pro¬teine dall’interstizio ai vasi linfatici per stasi della linfa, la cui progressione è legata essenzialmente al movimento muscolare che è appunto, nelle alterazioni della innervazione, arrestato. L’equilibrio dei vari fattori che intervengono nel ricambio idrico è regolato ed influenzato oltre che dal metabolismo generale e da varie condizioni patologiche anche dall’apparato endocrino.
La tiroide esplica indirettamente una azione sul movimento idrico dell’organismo; infatti mantiene la normale escrezione di acqua e di sodio regolando la portata sanguigna renale. Nell’ipotiroidismo primitivo si ha una produzione eccessiva di ormone tireotropo ipofisario che comporta un aumento dei mucopolisaccaridi della sostanza fondamentale del connettivo con relativo aumento nell’interstizio di acqua (mixedema) attratta da queste sostanze per aumento della pressione oncotica. Pure gli ormoni sessuali influenzano il contenuto di acqua dei tessuti e precisamente la follicolina aumenta la idratazione degli stessi mentre l’ormone del corpo luteo la riduce. L’ipofisi interviene regolando la diuresi mediante l’ormone antidiuretico il quale modifica il riassorbimento di acqua nei tubuli renali. La corteccia surrenale ha pure notevole importanza sul ricambio idrico e salino (acqua e sodio) esplicando la sua azione sul riassorbimento tabulare del sodio: infatti gli ormoni mineralcorticoidi tra cui particolarmente l’aldosterone, il desossicorticosterone (DOC) e il suo acetato (DOCA) determinano la ritenzione di sodio e conseguentemente il riassorbimento tubulare dell’acqua.
Nei casi di insufficienza corticosurrenale si osserva perdita di sodio per via renale che è accompagnata da perdita di acqua per la stessa via. Somministrando invece, a volte a scopo terapeutico, gli ormoni cortisurrenali, a dosi elevate e protratte si può avere ritenzione di sodio e conseguentemente di acqua con relativa formazione di edemi. L’ipofisi anteriore, mediante il suo ormone ACTH, in quanto attiva la corteccia surrenale, ha azione analoga a quella dei mineralcorticoidi sul ricambio del sodio e dell’acqua. È bene tener presente che ognuno dei fattori edemigeni sopra ricordati soltanto alcune volte agisce da solo, più spesso esso rappresenta il fattore dominante, ma non esclusivo ; infatti contemporaneamente o successivamente ne intervengono altri i quali costituiscono elementi, anche se di second’ordine, che rendono in ogni modo più complessa la patogenesi dell’edema stesso.
L’edema può essere generalizzato o localizzato; quando è diffuso a tutto o quasi il tessuto connettivo sottocutaneo si dice anasarca. La pelle, nell’edema, diviene turgida, tesa, lucente dove è priva di peli (genitali), aumenta di volume e pertanto le pieghe cutanee scompaiono, è difficile od impossibile sollevarla in piega. Se sulla superficie cutanea edematosa si preme con un dito, questo determina la formazione di un’impronta che scompare solo lentamente; in questo caso l’edema viene definito pastoso. Solo raramente e quando l’imbibizione cutanea duri da lungo tempo, la cute, in seguito ad una reazione iperplastica connettivale, non è più pastosa e compressibile e non riceve più quindi l’impronta del dito; in ogni caso però la cute perde l’elasticità.
Negli edemi di natura non infiammatoria la pelle assume in genere un aspetto pallido per ischemia dei capillari conseguente all’aumentata pressione tessutale; ciò è naturalmente evidenziabile nelle regioni depigmentate e prive di pelo. Il liquido dell’edema ha una costituzione molto simile qualitativamente a quella del normale liquido interstiziale e del plasma sanguigno, cioè contiene acqua, sali, glucosio e sostanze proteiche, ma queste ultime in percentuale diversa a seconda del meccanismo patogenetico con il quale l’edema si è formato; infatti qualora la causa non sia flogistica, il liquido si chiama trasudato e la sua composizione è simile a quella del normale liquido interstiziale, mentre quando il fattore edemigeno è di natura infiammatoria, il liquido si chiama essudato ed ha una composizione simile a quella del plasma sanguigno con un contenuto proteico tuttavia inferiore, ma sempre superiore a quello del liquido interstiziale. A tal punto bisogna ricordare che non sempre esiste una differenza netta tra essudato e trasudato. Da un punto di vista eziologico possiamo classificare gli edemi in edema da causa circolatoria, discrasico da malattie endocrine, allergico ed infiammatorio.
Edema da cause cardio-circolatorie
È conseguente ad aumento di volume del sangue nei vasi venosi ed all’aumento di pressione venosa che si fa risentire a ritroso sino al lato venoso dei capillari ; si avrà ostacolato riassorbimento del liquido interstiziale nell’interno dei capillari per prevalenza della pressione capillare su quella oncotica e nei casi, dove la pressione è particolarmente elevata, pure aumento della filtrazione capillare. Partecipano alla patogenesi di questo edema anche altri fattori che sono diversi a seconda del tipo di disturbo di circolo. L’edema può essere generalizzato o localizzato. In forma generalizzata si può riscontrare, nell’insufficienza cardio-vascolare e nei disturbi meccanici dei grossi vasi venosi (compressioni da neoformazione di natura infiammatoria o neoplastica in sede mediastinica, da ernia diaframmatica, etc).
Nell’insufficienza cardiaca oltre all’aumento della pressione venosa e quindi diminuito riassorbimento di liquido dall’interstizio, si avrebbe pure un aumento della permeabilità capillare conseguente a disturbi trofici delle pareti da anossia per rallentato circolo sanguigno. A questo fattore oggi si da importanza molto modesta, mentre è notevole, nel determinismo dell’edema da stasi di origine centrale, quella attribuita alla ritenzione di cloruro di sodio; ritenzione sia da diminuita filtrazione glomerulare che da aumentato riassorbimento tubulare. Nell’edema conseguente all’ostacolato scarico venoso nel cuore, l’aumento della pressione nell’interno dei grossi tronchi venosi determina pure un ostacolato scarico dei dotti linfatici, la cui stasi a monte provoca un diminuito riassorbimento dall’interstizio di liquido e proteine; pertanto anche questa stasi linfatica secondaria partecipa alla formazione o per lo meno all’aumento dell’edema stesso. Edema localizzato si può osservare nei disturbi locali della circolazione venosa sia che colpiscano le vene (trombosi e tromboflebiti) sia che interessino i tessuti adiacenti (neoformazioni, etc). La stenosi venosa deve essere tale che il disturbo circolatorio non possa venir compensato da un circolo collaterale. Forse di natura meccanica da ostacolato circolo di ritorno per compressione fetale, vanno considerati gli edemi che possono riscontrarsi negli ultimi mesi di gravidanza negli animali.
Essi si localizzano preferibilmente nelle parti declivi del corpo con sede di elezione nel bovino agli arti posteriori, nel cavallo alla faccia ventrale dell’addome. Nelle affezioni cardio-circolatorie l’edema cutaneo presenta delle caratteristiche cliniche che sono rappresentate dalla sua comparsa non precoce rispetto alla malattia causale; spesso, particolarmente nei piccoli animali, è preceduto od accompagnato da ascite e più raramente da idrotorace ed idropericardio. Esso si presenta di consistenza pastosa, non dolente e freddo; non appare inizialmente mai in forma generalizzata; la sua comparsa in alcune sedi di predilezione rappresentate dalle regioni ricche di tessuto connettivo sottocutaneo lasso e dalle parti declivi e simmetriche del corpo; non è infine nettamente limitato. Nei bovini tali edemi compaiono facilmente alla giogaia, nei cavalli nella faccia inferiore dell’addome, nei cani nel prepuzio e nelle estremità distali degli arti. Quando l’edema è localizzato può essere limitato al territorio della stasi.
Edema discrasico
È quello che consegue a malattie che alterano la crasi sanguigna determinando particolarmente una diminuzione delle proteine. Lo stato di ipoprotidemia e più esattamente di ipoalbuminemia sarebbe alla base di questo edema. Le malattie che vengono prese come prototipo di edema ipo-oncotico sono nell’uomo le affezioni renali che comportano notevole proteinuria, tra cui particolarmente la nefrosi e la glomerulonefrite in cui si ha eliminazione di albumina in quantità tale da poter determinare uno stato ipo-oncotico del sangue. Tuttavia in queste malattie si attribuisce notevole importanza, nella patogenesi dell’edema, alla ritenzione di acqua e di cloruro di sodio. Negli animali domestici l’insorgenza di edemi nel corso di nefropatie, anche se altamente albuminuriche, è del tutto eccezionale. Alcune malattie epatiche, specialmente se ad andamento cronico (cirrosi, epatiti), possono determinare l’insorgenza di edema. In questi processi morbosi si osserva diminuzione delle albumine plasmatiche, l’ipo-albuminemia porta ad iponchia la quale viene a costituire un fattore edemigeno.
Non bisogna pensare però che la patogenesi di questi edemi sia così semplice perchè alla loro formazione con¬corrono più fattori tra i quali: l’ipertensione della vena porta, la ritenzione di sodio ed acqua (a sua volta conseguente ad alterazione renale secondaria all’epatopatia, a mancata inattivazione da parte del fegato dell’ormone antidiuretico postipofisario, ad aumento della secrezione da parte della corteccia surrenale di desossicorticosterone). Questo edema di origine epatica, oltre a raccogliersi con una certa predilezione nella cavità peritoneale (ascite), si osserva nelle parti più declivi del corpo (arti, faccia ventrale dell’addome, etc.); è molle, non dolente e freddo. Le malattie croniche gravi infettive (tubercolosi) o parassitarie (strongilosi broncopolmonare degli ovini, distornatosi epatica dei bovini e degli ovini), le anemie gravi possono condurre ad una discrasia ipoprotidemica e quindi alla formazione dell’edema; oltre allo stato di iponchia concorre anche l’aumentata permeabilità capillare da anossia delle pareti vasali.
Tali edemi si possono osservare pure in seguito a malattie croniche e gravi dell’apparato gastro-enterico (stenosi esofagea, gastro-enteriti croniche) che non permettono ingestione di alimenti o la digestione e l’assimilazione degli stessi (edemi da fame o edemi cachettici). Il meccanismo di formazione degli edemi anche in queste malattie, pur riconoscendo come fattore dominante la ipoprotidemia, è piuttosto complesso. La loro comparsa rispetto al processo morboso determinante è piuttosto tardiva; si localizzano alle parti declivi del corpo (arti, addome) ai geni-tali esterni; sono freddi, indolenti e pastosi.
Edema da malattie endocrine
Gli stati patologici di alcune ghiandole endocrine particolarmente della tiroide, dell’ipofisi e della corteccia surrenale possono determinare. In animali, particolarmente vitelli, cavalli, suinetti e cani, con ipotiroidismo si osserva un particolare tipo di edema, a volte diffuso a tutta la superficie del corpo, che prende il nome di mixedema, una concausa è la diminuzione della escrezione renale di acqua e sali. Gli edemi conseguenti a disfunzioni delle altre ghiandole endocrine sono rari negli animali. A tal punto si può ricordare’ l’edema mammario abnorme da parto che sarebbe conseguente a disturbi neuroendocrini.
Edema allergico
In alcuni stati allergici per azione di istamina o sostanze istaminosimi si ha una rapida vasodilatazione con relativo aumento della permeabilità capillare che comporta una aumentata filtrazione nell’interstizio di liquido e sostanze proteiche. Il liquido interstiziale in questi edemi è da considerare, per il suo alto contenuto di proteine, più che un trasudato un essudato. Questo edema interessa generalmente il tegumento e può essere localizzato al derma o al sottocute. Nel primo caso si ha un sollevamento dell’epidermide che è ben circoscritto e che si chiama pomfo; nel secondo caso invece l’essudato si diffonde in zone più o meno ampie con delimitazione non molto esatta.
Quando l’edema è localizzato al derma si ha pure notevole prurito, che in genere precede la comparsa del pomfo, determinato dall’azione della sostanza istaminica sulle terminazioni nervose sensitive ; il prurito invece manca quando l’edema è localizzato al tessuto sottocutaneo. Questo edema è caratterizzato da una rapida comparsa e da una altrettanto rapida scomparsa; è indolente e la consistenza è più dura di quella degli edemi presi in esame precedentemente; quello del sottocute è sempre pallido, mentre il pomfo può essere più o meno rosso. Si può osservare in tutti gli animali e come zone di predilezione interessa la testa, particolarmente le palpebre, ed i genitali esterni. Un tipico esempio di edema allergico del derma è rappresentato dall’orticaria.
Edema infiammatorio
Questo edema accompagna i vari processi infiammatori acuti localizzati alla cute o al connettivo sottocutaneo, come pure alcune malattie infettive setticemiche. Vari fattori intervengono nel suo determinismo e particolarmente la vasodilatazione prodotta dall’agente flogogeno, quindi aumento della permeabilità vasale. Il processo infiammatorio comporta pure la occlusione di alcuni capillari venosi e linfatici per cui il drenaggio del liquido interstiziale è notevolmente ostacolato.
L’edema infiammatòrio è caratterizzato, oltre che da tumefazione locale, da rossore, calore e dolore, ed a seconda della sua evoluzione può rimanere localizzato oppure diffondersi a vaste zone. Il liquido è un tipico essudato ricco di elementi morfologici del sangue. Nelle dermatiti in generale, in seguito a punture di insetti, ad iniezioni sottocutanee di sostanze irritanti, nel corso di alcune malattie infettive quali il carbonchio ematico, il carbonchio sintomatico, l’edema maligno, la pasteurellosi dei bovini e dei bufalini, etc. L’edema infiammatorio collaterale insorge in seguito ad intensi processi infiammatori di organi situati più o meno profondamente. Così esso si verifica nella regione del naso per una grave rinite, nelle regioni delle guance e faringea per una stomatite ed una faringite profonda, nel perineo e genitali esterni per lesioni infiammatorie gravi degli organi genitali interni o del retto, etc. L’edema infiammatorio collaterale presenta i caratteri dell’infiammazione (rossore, calore è dolore) in maniera molto più modesta. Enfisema sottocutaneo o pneumoderma. La presenza di aria o gas nel connettivo sottocutaneo dicesi pneumoderma. Questo può essere circoscritto o diffuso.
Per un piccolo accumulo di aria o di gas nel tessuto sottocutaneo, il sollevamento della cute è appena apprezzabile, ma diviene considerevole nei gradi più elevati. Nell’uno e nell’altro caso la parte non conserva l’impronta digitale, e elastica e sotto la pressione si sente un rumore crepitante, simile a quello che si produce quando si comprime un pezzo di polmone pieno d’aria; alla percussione si ha una risonanza timpanica o di pentola fessa. L’aria può penetrare nel sottocute dall’esterno attraverso lesioni di continuo dei tegumenti o giungervi dall’interno, provenendo dalle vie aeree o dal tubo gastro-enterico. Le ferite, della, cute e del connettivo sottostante di alcune regioni del corpo sono facilmente seguite da pneumoderma; tali sono le ferite della regione inguinale, ascellare o del collo. La particolare rilassatezza del sottocutaneo ed i movimenti della ferite favoriscono il passaggio dell’aria dall’esterno nelle maglie del sottocutaneo.
Nelle ferite penetranti della laringe, della trachea, dei polmoni se manca il parallelismo tra la ferita interna dell’organo respiratorio e quella esterna dei tessuti circostanti, l’aria s’infiltra facilmente nel sottocutaneo. In alcuni processi morbosi dell’apparato respiratorio, accompagnati da lacerazione delle pareti di un certo numero di alveoli, come si può verificare nell’enfisema polmonare e nella bronchite con tosse violenta (influenza dei bovini)l’aria giunge nel tessuto sottocutaneo, determinandovi pneumoderma. Il percorso seguito dall’aria è generalmente il seguente: alveoli lacerati, connettivo interstiziale del polmone e sottopleurico, ilo del polmone, lamine del mediastino, infine connettivo pariesofageo, peritracheale, perivascolare, raggiungendo così il connettivo dell’entrata del petto. Di qui l’infiltrazione di aria si può estendere, più o meno diffusamente, alle regioni limitrofe. Anche in seguito a punture del rumine o degli intestini, del retto, dell’esofago, delle tasche gutturali l’aria o il gas contenuto si può infiltrare nel connettivo producendo l’enfisema sottocutaneo delle regioni più vicine.
A queste punto va ricordato che se il gas che si trova nel sottocutaneo ha un’origine autoctona, si sviluppa cioè in seno ed a spese dei tessuti stessi per azione di germi anaerobi non si tratta di pneumoderma, bensì di edema gassoso. La tumefazione crepitante provocata dal metabolismo di questi germi può avere sede in diverse parti del corpo; essa interessa non solo il cellulare sottocutaneo, ma anche le masse muscolari. Questa tumefazione è tesa, edematosa e all’inizio dolente; poi la sensibilità scompare man mano che la pelle si fa coriacea, secca e ghiaccia, ma anche in questo momento il carattere infiammatorio permane nelle zone periferiche. Alla percussione la risonanza è timpanica. Incidendo fuoriesce un liquido rosso scuro, denso, commisto a bollicine d’aria, di odore di grasso rancido (carbonchio sintomatico) o piuttosto fetido (edema maligno). Note: edemi sottocutanei: Possono essere superficiali o profondi (cavitari).
I superficiali nei bovini si verificano a livello degli spazi intramascellari, giogaia, arti, e nella porzione anteriore della mammella, nei cavalli a livello degli spazi intermascellari, arti e porzioni ventrali del torace e precisamente all’entrata del petto (edema del tavolato); nei cani a livello scrotale, del prepuzio e arti ; nel suino agli arti. Nei grossi animali sono piu’ frequenti gli edemi superficiali ; nel cane e nel gatto quelli cavitari.
L’edema scrotale si può avere in caso di arterite equina.
L’ ANASARCA è un edema sottocutaneo diffuso e si verifica a livello della regione sopra-orbitaria nel cavallo in corso di febbre petecchiale. Nel suino e’ possibile l’edema gassoso in corso di clostridiosi.