Suono, voce, rumore sono stimoli sensoriali apparentemente diversi per la sensazione soggettiva che provocano in noi: piacere, fastidio, danno… In realtà, sono tre manifestazioni dello stesso tipo di fenomeno: la propagazione di onde elastiche.
Quindi quando si parla di suono, voce, rumore si parla sempre della stessa cosa: di stimoli sensoriali che soggettivamente stimolano sensazioni diverse. Ma sostanzialmente sono manifestazioni dello stesso fenomeno, ovvero della propagazione di onde elastiche.
Suono, voce, rumore sono stimoli sensoriali apparentemente diversi per la sensazione soggettiva che provocano in noi: piacere, fastidio, danno… In realtà, sono tre manifestazioni dello stesso tipo di fenomeno: la propagazione di onde elastiche.
Quindi quando si parla di suono, voce, rumore si parla sempre della stessa cosa: di stimoli sensoriali che soggettivamente stimolano sensazioni diverse. Ma sostanzialmente sono manifestazioni dello stesso fenomeno, ovvero della propagazione di onde elastiche.
Il suono, pertanto, può essere descrittocome la sensazione generata dalla vibrazione prodotta da un corpo in oscillazione.
L’onda sonora si trasmette come una successione, a fasi alterne, di zone a maggiore densità di aria (e quindi maggiore pressione) e successivamente di minore densità (e quindi minore pressione). Tali zone, per effetto del moto delle molecole d’aria, avanzano nella direzione di propagazione dell’onda: si parla di “onde longitudinali”.
Quindi, qualsiasi suono, discorso o sinfonia è un’onda di pressione dell’aria!
Una prima ma importante distinzione si fa proprio visivamente tra quello che si definisce tono puro (utilizzato nella diagnostica strumentale) e il suono complesso . Il tono puro in natura non esiste; quello che si utilizza per i test e gli esami è ricreato artificialmente perché in natura esistono i suoni complessi, ovvero quelli che hanno al loro interno molte più componenti, molti più suoni puri.
Come tutte le onde, anche quelle sonore, sono caratterizzate da una frequenza (che nel caso del suono è in diretta relazione con la percezione dell’altezza, più basso o più acuto) e da un’intensità (che è in diretta relazione con il cosiddetto “volume” del suono, più forte o meno forte). Su questo si basano la maggior parte dei test di base audiologici, ovvero sulla capacità di distinguere un suono che abbia una determinata frequenza ed una determinata intensità.
Un’altra caratteristica importante è quella che permette di distinguere suoni che possono avere lo stesso contenuto frequenziale; cioè quello che cambia tra un LA di una chitarra, per esempio, ed un LA di un pianoforte è il timbro, ovvero cambia la forma d’onda che è relativa alla sorgente che sta generando il suono. Pertanto, caratteristica saliente delle onde sonore è la forma d’onda stessa, che rende in gran parte ragione delle differenze cosiddette di timbro che si percepiscono tra diverse tipologie di suono, il che è legato alla diversa sorgente sonora che genera il suono.
La FREQUENZA(pitch) si definisce come il numero di oscillazioni compiute nell’unità di tempo; si misura in Hertz (Hz). Alla frequenza si associa la maggiore o minore acutezza dei suoni.
Un suono grave ha una frequenza minore cioè ci sono meno vibrazioni nell’intervallo di tempo; il contrario vale per un suono acuto che ha una frequenza maggiore e quindi più vibrazioni nell’unità di tempo.
Si ricordi che non tutti i suoni sono udibili da tutte le specie. L’orecchio umano (normofunzionante e giovane), ad esempio, percepisce suoni con frequenza compresa tra 20 e 20.000Hz. Frequenze al di sotto o al di sopra degli estremi di tale range sono dette rispettivamente, infrasuoni ed ultrasuoni, percepiti da altre specie di animali (il sonar, i delfini ed i pipistrelli percepiscono gli ultrasuoni; mentre gli elefanti, per esempio, percepiscono gli infrasuoni).
In natura, ovviamente, non esiste tutta questa estensione; dal punto di vista musicale, ad esempio, si arriva ad un massimo di circa 4.000Hz ed un minimo di circa 27Hz {infatti, il campo delle frequenze normalmente utilizzate in musica, considerando strumenti e voci, è più ristretto e va dal primo LA grave del pianoforte e del basso tuba (27,5Hz), all’ultimo DO dell’ottavino (4.186Hz)}.
Con l’età l’orecchio umano tende a perdere la sensibilità; man mano che si invecchia le frequenza più acute cominciano ad essere sentite con minore intensità.
Una curiosità interessante è quella della cosiddetta “geografia acustica”, nel senso che le lingue non hanno tutte lo stesso contenuto frequenziale. Ad esempio:
ü L’orecchio francese ha una predominanza di frequenze fra i 1.000 e i 2.000 Hz;
ü L’orecchio inglese: fra i 2.000 e i 12.000 Hz (la lingua inglese è più spostata verso i toni acuti);
ü L’orecchio italiano: fra i 2.000 e i 4.000 Hz;
ü La banda sonora della lingua tedesca è molto ampia;
ü La banda sonora dei russi si estende dai suoni gravi ai suoni estremamente acuti;
ü Gli spagnoli: fra i 1.500 e i 2.500 Hz e sensibili ai suoni gravi.
Ciò significa che lo stesso tipo di sordità andrà meglio o peggio a seconda della lingua parlata; ad esempio, se una persona avesse una perdita di udito sulle frequenze dei 6-8.000 Hz avrebbe maggiori difficoltà a parlare e capire l’inglese rispetto al francese o l’italiano. Quindi, dal punto di vista della disabilità potrebbe essere completamente diverso. Inoltre, questa diversa geografia acustica fa capire che ci sono alcune frequenze che, dal punto di vista comunicativo, potrebbero interessare fino ad un certo punto nella gestione della sordità; in genere, soprattutto in Italia, le frequenze più importanti sono tra i 1.000-2000Hz grosso modo.
Un altro concetto interessante è che l’orecchio umano non sente tutte le frequenze allo stesso modo: la risposta dell’orecchio umano alle sollecitazioni sonore non è lineare, in quanto presenta una minore sensibilità verso i suoni agli estremi del campo uditivo. È come se fosse strutturato per sentire meglio la voce! Perché agli estremi del campo uditivo si hanno i suoni più acuti e i più bassi mentre quelli centrali sono quelli della voce parlata.
L’audiogramma è la rappresentazione grafica della capacità uditiva di una persona. Attraverso l’audiometria si fa la misurazione della capacità uditiva che viene poi riportata sull’audiogramma.
L’audiogramma sulle ordinate riporta le intensità e sulle ascisse le frequenze; sul grafico viene annotato il livello di intensità minore a cui la persona esaminata percepisce il suono inviato: questa sarà la SOGLIA UDITIVAper quella determinata frequenza.
La sensibilità dell’orecchio umano non è lineare alle diverse frequenze,che significa che c’è una diversa sensibilità dell’orecchio umano alle diverse frequenze, cioè che alcune frequenze si possono sentire meglio e altre peggio per cui è necessario un volume maggiore.
I test audiometrici che si fanno giornalmente sono corretti già in partenza tenendo conto di queste differenze. Il concetto di base è: differenti sensibilità per differenti frequenze.
L’orecchio lavora più o meno come la trasformata di Fourier (FFT); proprio per come è costruito riesce a separare un suono complesso, cioè costituito da più toni, in singole frequenze e singole onde. Questo perché le cellule ciliate, che sono l’elemento base del recettore uditivo, sono sintonizzate ognuna su una determinata frequenza e quindi il risultato finale sarà che l’orecchio non solo sente ma riesce realmente a scomporre il suono complesso nelle sue singole frequenze. Lavora proprio come la trasformata di Fourier, ovvero un procedimento matematico che scompone un suono complesso nella sua frequenze fondamentale e nelle sue armoniche.
L’AMPIEZZA(o intensità) è la seconda caratteristica fondamentale del suono. Il valore massimo della pressione è l’ampiezza dell’onda. Essa ci dice quanto un suono è forte ed è associata all’energia che viaggia con l’onda. È la qualità sonora associata alla definizione intuitiva di forza del suono (volume), è determinata dall’ampiezza della vibrazione e dalla distanza del punto di percezione da quello di emissione del suono, il che è ovvio perché l’energia trasferita ad ogni metro decade di un tot!
Ildecibel è l’unità di misura del livello sonoro (del volume, dell’intensità del suono).
La soglia dell’udito, ovvero il livello di intensità minima percepibile a quella determinata frequenza, è per definizione uguale a zero. La soglia del dolore non è il livello udibile massimo ma è quella soglia oltre la quale si percepisce un vero e proprio dolore. Il livello della voce parlata è intorno ai 40-50dB, in ufficio di 60dB, la TV di 70dB, un concerto rock di 120dB, una pistola sparachiodi di 150dB, il traffico urbano di 80dB.
Ecco perché in una situazione di traffico urbano di 80dB o il passaggio di un autocarro di 90dB, il suono della voce parlata (50dB) diventa scarsamente comprensibile, proprio perché è sopraffatto dagli altri suoni; è la stessa cosa che accade in discoteca dove bisogna urlare per poter parlare perché c’è un livello sonoro di 100dB rispetto ai 50 della voce parlata.
Allora l’ampiezza è il volume del suono e rappresenta la forza, l’intensità, l’energia dell’onda sonora. Essa non dipende solo dalla forza del suono ma anche dalla distanza dalla sorgente sonora; ecco perché, ad esempio, nelle scuole i bambini che sentono poco vengono fatti sedere ai primi banchi: il concetto è proprio quello di accorciare la distanza tra la sorgente sonora e il ricevente del suono.
Ma che cosa sono i decibel e perché si usano?
Le potenze e le intensità sonore associate ai fenomeni che l’orecchio dell’uomo può percepire hanno una dinamica molto ampia, che va da:
Ø 1 pW/m2 (soglia dell’udibile) a 1 W/m2 (soglia del dolore)
Ø 20 mPa (soglia dell’udibile) a 20 Pa (soglia del dolore)
Si tratta quindi di numeri a 6 cifre almeno, difficili da usare dal punto di vista pratica; ecco perché si fa uso di una scala logaritmica, nella quale, al valore della grandezza in esame, si fa corrispondere il logaritmo del rapporto tra quello stesso valore ed un valore prefissato di “riferimento”. In pratica si utilizzano i decibel (esistono diversi tipi di decibel). Lo scopo principale è la riduzione del campo di variabilità, ovvero la riduzione della dinamica (anziché andare da 20 a 20milioni si va da 0 a 150dB).
Il decibel è un rapporto non una misura assoluta. Il decibel indica la differenza tra due pressioni sonore. Prima si misura la relazione tra due diverse pressioni sonore, quindi si calcola il logaritmo decimale di questo rapporto, moltiplicando il risultato per 20.
Pressione sonora in DB =
Espressi in watt la cosa sarebbe molto complicata, espressa in decibel diventa estremamente semplice. Basti guardare questi rapporti di potenza:
ü 1 watt → 0dB
ü 10 watt → 10dB
ü 100 watt → 20dB
ü 1000 watt → 30dB
ü 10.000 watt → 40dB
ü 100.000 watt → 60Db
ü 1.000.000 watt → 60dB
ü 0.1 watt → -10dB
ü 0.01 watt →-2 0dB
ü 200 watt → 23dB
ü 400 watt → 26dB
Il TIMBROè la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un altro. Il timbro dipende dalla forma dell’onda sonora che, come detto, non va immaginata come un suono puro perché in natura non esistono ma va immaginata come una situazione più complessa ovvero determinata dalla sovrapposizione delle onde sinusoidali caratterizzate dai suoni fondamentali e dalle loro armoniche (suoni con frequenze che sono multipli interi del suono principale). Cioè le vibrazioni dello strumento che produce il suono producono una frequenza fondamentale (500Hz) e poi multipli di questa frequenza.
Dal punto di vista della produzione del suono, il timbro è determinato dalla natura (forma e composizione) della sorgente del suono e dalla maniera in cui questa viene posta in oscillazione.Quindi, cambiando la sorgente del suono cambia il livello del suono; le stesse frequenze, la stessa nota suona in maniera diversa.
In musica, tanto più un suono è composto da diverse componenti, tanto più esso risulta complesso: si va dal flauto dolce, composto dalla fondamentale e da pochissime armoniche, al suono degli strumenti ad arco, composto da moltissime frequenze armoniche secondarie.
Tanto più le frequenze secondarie che si sovrappongono alla principale non sono armoniche (cioè hanno frequenze che non sono multipli interi della fondamentale), tanto più ci si avvicina alrumore. La definizione di rumore è codificata da organismi internazionali però, in parole semplici, il rumore si può definire come un suono complesso non costituito da armoniche ma da frequenze secondarie che non sono multipli interi della fondamentale.
Quindi , il suono è dato da una o più frequenze fondamentali e dalle loro armoniche; mentre il rumore è dato da una frequenza fondamentale e da frequenza secondarie non armoniche, cioè che non sono multipli interi della fondamentale.
Ad esempio, aumentando l’intensità si ha la sensazione (“sensazione” intesa come percezione soggettiva, non come misura esatta) di una maggiore altezza frequenziale; un aumento di frequenza potrebbe simulare un aumento d’intensità; la stessa cosa la forma d’onda può influenzare il volume e l’altezza.