Il test del DNA è un metodo per identificare gli individui per le caratteristiche uniche del loro DNA. Si tratta essenzialmente di un’impronta digitale genetica di seconda generazione, che incorpora una reazione a catena della polimerasi (PCR). E’ ampiamente utilizzato nel test di paternità per determinare il possibile coinvolgimento in un reato di un soggetto sospettato.
A differenza di una convenzionale impronta genetica utilizza una grande quantità di DNA in buone condizioni e che il campione (di solito sangue o saliva o mucosa orale) è soggetto ad una reazione a catena primer polimerasi fluorescenti che amplificano specifiche regioni ipervariabili di DNA.
Queste regioni, che non si limitano alle estremità dei cromosomi, come nel caso di mini-satelliti, ma sono sparsi in tutto il genoma, sono chiamati ripetizioni brevi in tandem (STR) o “microsatelliti”; in generale, l’amplificazione di tre o quattro di tali regioni (locus) è solitamente sufficiente per ottenere risultati conclusivi. Quindi, il DNA amplificato è separato mediante elettroforesi in un tubo capillare, e come i frammenti migrano attraverso il capillare un rivelatore legge le etichette fluorescenti con l’aiuto di una sorgente di luce laser.
I segnali digitali a laser sono a loro volta lette ed interpretate da un programma per computer specifico, che traccia un grafico. Qui, ogni regione STR viene visualizzata come due picchi corrispondenti ai paterni e materni alleli, ma se non c’è polimorfismo in questa regione STR (cioè, se gli alleli materni e paterna sono di uguale lunghezza) viene visualizzato solo un picco.