Disturbi Specifici di Apprendimento

i disturbi specifici di apprendimento rappresentano una patologia che è salita alle cronache negli ultimi anni. Il fatto che se ne sia discusso tanto da un lato ha facilitato e ha messo in moto un meccanismo che ha generato una serie di provvedimenti legislativi  generando una grandissima confusione.

vediamo i vari disturbi di apprendimento. Stiamo parlando di scuola.

  • Scuola= richiesta di adattamento, di tempo e di capacità.  Parliamo di bambini che fanno un percorso lungo, si comincia da piccoli fino a essere giovani adulti nei banchi di scuola/università. Ma pensate allo sforzo che fa un bambino di 4/5 anni che va a scuola, che vede persone nuove, che è costretto a stare con altri bambini (spesso provengono da nuclei familiari molto piccoli) per cui i cambiamenti sono tanti, ad esempio incontrano le regole.

Sono tanti i cambiamenti che impone la scuola, intanto lo sforzo all’adattamento. In questo sforzo all’adattamento non è detto che tutti i bambini siano pronti a gestire tutte queste novità e talvolta accumulano delle difficoltà e delle problematiche che poi possono esplodere. Noi immaginiamo che per tutti ci sia il piacere di apprendere e di andare a scuola ma non è così per tutti, ci sono bambini che provengono da un ambiente familiare e culturale nel quale l’investimento nella conoscenza e istruzione non è tantissimo e quindi devono fare un doppio sforzo e devono immaginare valori che non hanno.

Anche se questo passaggio è mediato da un ‘contenitore intermedio’, dalla scuola dell’infanzia, il bambino si distacca in maniera più dolce dalla famiglia perché trova delle figure accudenti e molto buone che dovrebbero fare di tutto per accompagnare i bambini in questo passaggio. Le difficoltà maggiori si hanno all’ingresso nella scuola primaria, il bambino in questione può non essere pronto emotivamente e/o cognitivamente a salire questo gradino, allora si comincia ad allarmare tutto l’ambiente.

Andare a scuola richiede tempo e delle capacità che non tutti i bambini posseggono quando li iscriviamo a scuola. Cominciamo innanzitutto a toglierci dalla testa tutti quei concetti “È un ragazzo normale o è diverso?” sono tutti bambini diversi. Per questo dobbiamo assolutamente essere convinti del valore della diversità.

– consapevoli dell’unicità,

– certi della variabilità interindividuale,

– aperti alla diversità.

  • Buon funzionamento: insieme di comportamenti che rispondono alle attese. Immaginiamo che i bambini, che sono accompagnati a scuola, abbiano la formazione emotiva/cognitiva necessaria che permetta loro di poter assolvere ai famosi compiti di gruppo, così come è atteso rispetto all’età e al contesto in cui vivono.

Bisogna fare il punto sul concetto di disabilità:

  • Disabilità= riduzione funzionale conseguente a menomazione della capacità di compiere un’attività nel modo più consueto. Considerare quei bambini che sono portatori di una disabilità ossia di una riduzione di questo buon funzionamento e non può compiere quell’attività con le modalità e tempi attesi per la gran parte dei bambini. Può succedere che la sua disabilità sia visibile o anche invisibile (il bambino si muove bene, cammina bene, usa un linguaggio seguendo un codice di comunicazione assolutamente condiviso, non ha particolari dimorfismi ma è un bambino che non riesce ad assolvere compiti – DSA). Un esempio è la dislessia, disgrafia ecc… chiamate anche invalidità invisibile. Dobbiamo capire cos’è l’apprendimento.
  • Apprendimento scolastico= è un aspetto dell’apprendimento in generale, ha come fine l’istruzione.
  • Apprendimento = processo che conduce a un cambiamento stabile nel nostro comportamento.

Nel nostro caso, oggi, parliamo di un aspetto dell’apprendimento in generale ovvero dell’apprendimento scolastico, che può essere atteso quando divengono maturi dei processi che hanno bisogno di tempo per essere attuati (immagazzinamento, recupero delle informazioni, controllo = aspetti dell’apprendimento scolastico) che a sua volta si distingue in apprendimento concettuale, legato ai concetti ossia agli aspetti cognitivi e all’intelligenza matura per quell’età, e in apprendimento automatico, un po’ più semplice che il bambino esercita ad esempio attraverso il gioco. Questi sono due aspetti importanti che nell’apprendimento scolastico si incrociano, perché richiede anche una buona dose di esercizio.

Fattori principali sono:

– Memoria uditiva

– Memoria visiva

– Trasformazione grafema-fonema, fonema-grafema

– Competenze linguistiche sufficienti

– Traduzione fonema o grafema in programmi di movimento (il linguaggio parlato)

– Ortografia

– Regole lessicali

– Sintassi

Da una parte si chiede al bambino di mettere a disposizione i suoi strumenti cognitivi (udito, vista, ecc), dall’altra parte c’è bisogno di chi queste cose le riconosca e in qualche modo le amplifichi, ecco l’importanza della figura dell’insegnante. La scuola è importante, abitua il bambino allo scambio e all’interazione con gli altri, ma soprattutto lo abitua alle regole che molto spesso non ha. Allora quando uno di questi passaggi si inceppa o se i bambini non sono pronti può diventare un disturbo dell’apprendimento, perciò qualsiasi ostacolo il bambino incontri in questi processi potrebbe avere difficoltà nella lettura, a fare calcoli, nell’operare qualsiasi attività tutto questo determina uno scarso rendimento. Per cui possiamo definire disturbo dell’apprendimento qualsiasi difficoltà sia incontrata da un alunno durante la sua carriera scolastica che sia causa di scarso rendimento.

Ci sono disturbi generici e ci sono quelli specifici, stiamo parlando del disturbo dell’apprendimento in generale = Quando qualcosa non funziona in questo apprendimento che, molto spesso, genera dei disturbi aspecifici dell’apprendimento. Mentre i disturbi specifici dell’apprendimento riguardano una fetta della popolazione scolastica più ristretta, che si attesta intorno al 1-2%.

Rimanendo sulle difficoltà aspecifiche, cioè quelle legate a questo meccanismo inceppato o ad altre situazioni che possono determinare una condizione di disturbo dell’apprendimento: Quali sono i più comuni disturbi dell’apprendimento aspecifici?

– Flessione

– Inibizione

– Insuccesso

– Ritardo scolastico

Mi capita di vedere bambini appesantiti da difficoltà, familiari o di contesto, che sentono quasi come difficoltà proprie e poi le riversano a scuola, non hanno voglia di apprendere e imparare.

  • Ad esempio la flessione dell’apprendimento è una disturbo comune in moltissimi bambini che cambiano città, sono bambini che vanno molto bene a scuola e poi a un certo punto “scendono”, caratteristicamente in tutte le materie. Perché? C’è sempre un motivo non diretto del bambino ma che si riflette sul bambino. È importante perché molte volte il bambino che non va bene a scuola per motivi degli adulti viene doppiamente punito, non solo assorbe le difficoltà di casa sua ma viene anche bacchettato perché “ha scritto tetto con una T”.
  • L’inibizione scolastica , che si distingue in attiva e passiva, è una situazione in cui il bambino non ha voglia forse perché cresce in un ambiente culturale poco stimolante o perché dal genitore vengono trasferite le esperienze scolastiche ad impronta negativa (“che ci vai a fare a scuola?”) perché fare una cosa se il genitore non ritiene importante. Quindi può manifestare una sorta di inibizione attiva “non ci voglio andare” , può anche diventare disturbo d’ansia o vomito dolore addominale, oppure può essere inibizione passiva il bambino va a scuola non manifesta nessun interesse e nessuna partecipazione.
  • L’insuccesso,
  •  Il ritardo.

In questi ultimi 2 disturbi il bambino non riesce a stare al passo col resto della classe, è nettamente al di sotto per quanto riguarda il suo apprendimento nell’insuccesso e nel ritardo addirittura la distanza tra l’apprendimento del  bambino e quello dei compagni è superiore ai 2 anni, c’è un grosso divario tra le capacità di questo bambino e quelle che potrebbe avere se non avesse queste problematiche, che sono sempre di natura emotiva.

Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), [la sigla DSA è la stessa di quella che indica i disturbi dello spettro autistico], Quando si parla di disturbi specifici dell’apprendimento ci si riferisce a soggetti che presentano difficoltà di apprendimento emergenti nel confronto scolastico per motivi non clinicamente evidenti, non c’è nulla che faccia sospettare una difficoltà in questo bambino, mi trovo davanti un bambino assolutamente “normale”. Sono bambini che non avrebbero sulla carta nessun motivo per non raggiungere un successo scolastico, eppure affannano. Fanno questo percorso con grandissima difficoltà. I principali criteri diagnostici:

Col termine vengono indicate difficoltà scolastiche presenti in bambini:

  • normalmente scolarizzati, bambini che vanno a scuola regolarmente;
  • se valutati dal punto di vista medico non presentano:
  • deficit cognitivo, sono normodotati;
  • alterazioni neuro-motorie, E.O. neurologico negativo;
  • psicopatologie, non sono ansiosi/depressi/demotivati;
  • deficit neurosensoriali, vedono e sentono bene;

però è un bambino che inspiegabilmente legge e scrive in maniera insoddisfacente e non fa bene i calcoli. Per questo per questi bambini lo studio è una sofferenza. Eppure sono sani. Appena arrivano a scuola comincia la loro sofferenza. Nell’ambito dei disturbi specifici dell’apprendimento abbiamo 3 disturbi specifici:

  • Disturbo specifico della lettura = dislessia
  • Disturbo della scrittura = disortografia/disgrafia
  • Disturbo del calcolo = discalculia

Ma secondo gli ultimi criteri basta utilizzare l’unica sigla DSA senza entrare nei dettagli (cioè se si tratta di lettura, scritture, ecc.). Tra questi vediamo il disturbo più studiato e che incontriamo più spesso: la dislessia.

Definizione:“è un disturbo specifico dell’apprendimento di origine neuro-biologico. Caratterizzato dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarse abilità nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano da un deficit nella componente fonologica del linguaggio, inattesa in rapporto altre abilità cognitive e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere problemi nella comprensione della lettura e una ridotta crescita del vocabolario e della conoscenza generale attesa in rapporto alle altre abilità cognitive”.

Se leggiamo questa definizione capiamo che cos’è la dislessia. È’ caratterizzata dal fatto che il bambino non riesce ad effettuare una lettura accurata e di rimando ha anche difficoltà nella scrittura dovute ad un deficit della componente cronologica del linguaggio, che stranamente non è matura nonostante  le abilità cognitive siano integre.

Le conseguenze: il bambino non legge e non scrive bene, di conseguenza poiché è poco abile nella lettura e nella scrittura ha avuto una crescita del vocabolario piuttosto lenta; poiché è importante leggere e scrivere, avere la curiosità di sfogliare un libro soprattutto nei primi anni di scuola ne risente la conoscenza personale. È una sofferenza leggere un libro, è un peso enorme. Oltre alla dislessia ci sono altri disturbi:

La disortografia è un disturbo specifico della scrittura che si manifesta con difficoltà nei processi linguistici di transortografia. Sento una cosa, so com’è scritta ma se devo tradurla in segni non ce la faccio.

La disgrafia la ritroviamo in quei bambini che non riescono a realizzare un tratto grafico, difficilmente omettono parte della parola o sbagliano ma semplicemente scrivono male.

sono due disturbi diversi. La disortografia si appoggia spesso sulla dislessia. La dislessia può vivere una vita propria, mentre la disortografia spesso la ritroviamo con la dislessia. C’è poi l’area logico-matematica dove, nonostante non vi siano deficit cognitivi, i famosi automatismi dei calcoli non sono maturi. Infatti riescono ad operare solo a piccolissime quantità, se gli fate fare 4+7 non ci riescono, l’unico modo per far operare questi bambini è soltanto con l’uso di qualcosa di pratico, gettoni per esempio (1,2,3,4,5…).

Inoltre hanno anche grosse difficoltà nello scrivere i numeri, non riescono a copiare una figura geometrica (anche un triangolo). Anche la discalculia, pur essendo meno comune, per alcuni bambini è uno ostacolo per l’apprendimento. In famiglia questa difficoltà viene scambiata per scarsa applicazione. Sicuramente negli ultimi anni come per tante patologie la ricerca ha cambiato il modo di vedere del disturbo, si è passati da una valutazione di questi disturbi come conseguenza di motivi reconditi al fatto che c’è davvero oggi una concordanza neurobiologica, sono bambini che sono predisposti geneticamente.

Perché le cause neurobiologiche ci convincono di più? Intanto perché c’è la familiarità, vi è una diversa incidenza maschi/femmine (4 maschi rispetto a 1 femmina affetta), anamnesi positiva per fattori cerebro lesivi e riscontro disturbi neurologici minori (iper-riflessia, alterazione dell’EEG ecc). Ma non dovrebbero essere sani? Sono sani, l’esame neurologico è normalissimo solo che andiamo a scavare per trovare un’alterazione EEG-grafica per esempio. Anche in qualsiasi altro esame non si riscontra niente di patologico.

Le integrazioni psicodinamiche = bambini che vivono dinamiche familiari non facili, che sono spesso bersaglio di difficoltà che pesano sulla loro vita e sulla loro serenità (requisito irrinunciabile per un tranquillo apprendimento). Le teorie che hanno tentato di spiegare il perché del disturbo specifico dell’apprendimento.

– Fonologica

– Fonologica e lessicale

– da codifica uditiva

– cerebellare

Come se per questi bambini fosse riconosciuta una compromissione specifica della rappresentazione mentale, dell’immagazzinamento e del recupero degli stimoli. È l’aspetto fonologico che non va. Secondo queste teorie, pare che in alcuni sia coinvolto anche l’aspetto lessicale, secondo altri studi ci sarebbe una compromissione sistema magno cellulare (di quella popolazione di neuroni che controllano i movimenti degli occhi e quindi anche nella rilevazione degli stimoli visivi), della decodifica uditiva (cioè un’alterazione del processamento temporale dell’informazione uditiva) e secondo altri studi ci sarebbe anche un ruolo del cervelletto che non verrebbe attivato adeguatamente e in questi bambini la ricerca vuole dimostrare alterazioni motorie (molto discusso ancora).

C’è anche la genetica che fa la sua parte perché per i dislessici sono descritti i famosi punti caldi del genoma. Alcuni geni (sui cromosomi 2 o 7) potrebbero essere coinvolti oppure ci sono i cromosomi sospetti che potrebbero rivelarsi importanti nella genesi di questo disturbo. Stiamo parlando di bambino che non va bene a scuola. Quando arriva un bambino il cui sospetto è questo, come faccio a riconoscerlo? Esiste un sintomo patognomonico? Posso coglierlo in una fase precoce? Oppure se sono ancora in una fase non ben definita dello sviluppo psicomotorio come faccio a riconoscerlo? Non esistono delle linee guida, molto è l’esperienza.

Intanto possiamo mirare a un’individuazione precoce, senza aspettare che il bambino dimostri il suo disaggio conclamato. Sappiamo che:

– a 3/4 anni = non riconoscono i segni dai disegni, non riescono ad avere un approccio con il colore e la matita che fosse una specie di disegno;

– intorno ai 5/6 anni = hanno difficoltà fonologiche e meta fonologiche importanti;

– tra i 6/8 anni = non decodificano le parole sconosciute, riconoscono solo le parole che conoscono bene, latte mamma papà;

– tra gli 8/10 anni = cominciano a utilizzare strategie personali, tirano ad indovinare le parole per esempio.

Clinica, Il disturbo più studiato è la dislessia. Principali difficoltà:

incapace di distinguere, è un bambino che confonde le lettere, la m con la n, d e b ad esempio;

inversione, inverte le lettere in una sillaba;

omissione, omette delle lettere o delle sillabe in una parola;

sostituzione, può sostituire parole in una frase.

Valutando la lettura di questo bambino ci rendiamo conto che la Correttezza e la Velocità di comprensione del testo sono molto inadeguate. Quindi, quando mi arriva un bambino con un DSA per valutarlo la prima cosa che faccio è focalizzarmi sulla lettura, ci rendiamo conto che i livelli di lettura sono estremamente inferiori rispetto alle attese per l’età cronologica e rispetto alla classe frequentata.

L’apprendimento della lettura interferisce con l’apprendimento in generale, perché un bambino che non legge bene è anche un bambino che non scrive bene, non ha piacere a studiare la storia o apprende con difficoltà la geografia, quindi le ricadute sulla vita scolastica e sulla vita di tutti i giorni sono veramente tante. E allora dobbiamo riconoscere che questo è un aspetto molto importante, la dislessia è importante non solo perché non ti fa essere bravo a scuola ma importante perché il bambino è dislessico anche fuori dalla scuola! E allora si è tirato fuori, volendo riconoscere degli indici, l’indice di discrepanza.

Criterio di discrepanza: Parliamo di un bambino sano, intellettivamente integro, che però non riesce a fare delle cose che altri bambini coetanei sono in grado di fare. La dislessia, la discalculia, la disgrafia ecc, sono disturbi che interessano solo uno specifico dominio di abilità, molto circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo globale. Questo viene definito criterio della discrepanza. C’è una discrepanza tra quello che dovrebbe essere e quello che è, ma solo in questo ambito, non in tutti!

Un bambino non può essere identificato solo in base al valore di Q.I. Si da più importanza al livello cognitivo generale rispetto al Q.I., perché quando facciamo una valutazione preventiva ci sono dei bambini che si collocano in un posizione limite, con valori compresi tra 71-72-75..fino ad 85, che non sono maturi cognitivamente ma non hanno neppure un ritardo, quindi dobbiamo utilizzare i criteri con molta più flessibilità perché, dando per assurdo che siano bambini cognitivamente normali, sbaglierei a fare diagnosi di dislessia ad un bambino con Q.I. di 80. Non può essere diagnosticato come dislessico perché in quel caso non hai una maturità cognitiva piena, quindi le sue difficoltà potrebbero essere ricondotte al fatto che cognitivamente il bambino non è  adeguato, non è attrezzato. Allora in quel caso lì non può essere diagnosticato come dislessico, un bambino con 72 non può essere diagnosticato come dislessico perché evidentemente la sua immaturità cognitiva è causa del suo scarso andamento scolastico. Consideriamo sempre validi questi criteri del DSM 5  ma con più leggerezza, facciamo il profilo cognitivo globale. In questo modo perde valore il numero Q.I. e ne acquista il profilo di funzionamento globale.

Come si tratta? Si fa un percorso regolare: si parte dall’anamnesi, colloquio genitori e colloquio con il bambino.

Va fatto:

  • l’E.O. neurologico,
  • deve essere sempre fatta una valutazione del grado cognitivo,
  • è importante esplorare le funzioni neuro-psicologiche, le funzioni affettive,
  • bisogna fare l’esame medico o anche l’EEG in determinate situazioni che lo richiedono.

Si fa tutto questo prima di arrivare alla valutazione del livello di prestazionale raggiunto nell’area della lettura, della scritture ecc. Com’è messo dal punto di vista della lettura e della scrittura?

Ci sono delle prove specifiche da somministrare, predisposte per età a scuola frequentata. Nel caso della lettura, sottoponiamo il bambino alla lettura di un brano standardizzato, andiamo quindi a valutare il numero e il tipo degli errori commessi, la velocità di lettura, la comprensione del testo e ovviamente anche il  tempo impiegato. Molto importante questo aspetto delle prove specifiche.

Ancora una volta esce fuori questo famoso indice di discrepanza: la differenza tra livello cognitivo e l’abilità che stiamo indagando (in questo caso la lettura). C’è poi un altro indice, la lessimetria: il livello di lettura viene espresso da un punteggio che è figlio di velocità, correttezza e comprensione .

Non c’è un criterio unico di diagnosi, io non posso fare una diagnosi che non sia tale, deve essere sempre confermata da una serie di prove. Qualsiasi richiesta, chiarimento, valutazione implica la messa in atto di risorse da utilizzare, allora dobbiamo sempre avere materiale che possa comprovare la nostra diagnosi e giustificare a richiesta di uno strumento compensativo necessario per questi bambini.

Allora cosa fanno questi bambini che hanno dislessia mentre studiano? Per loro studiare è difficile, devono impegnare al massimo le proprie capacità e le proprie energie, si stancano molto, impiegano molto tempo, fanno molti errori, saltano delle parole, non ce la fanno a leggere un brano per più di una volta, spesso inventano le parole o le anticipano.

La differenza tra la dislessia lieve e dislessia grave qual è? nella dislessia lieve il bambino è lento nel leggere, legge sillabando, nella grave il bambino non comprende proprio il senso della lettura! Un’altra cosa importante è che non è possibile porre diagnosi di DSA, nonostante i segni premonitori, prima del completamento della seconda classe elementare, non si può far prima diagnosi perché potrebbe essere un disturbo maturativo, un disturbo dell’adattamento per esempio, quindi diamogli tempo. Se poi gli errori permangono, nel corso della seconda elementare lo posso fare.

Tanto meno il disturbo viene riconosciuto tanto più gli aspetti emotivi, l’umore e il piacere di stare in compagnia non c’è più, quindi l’aspetto emotivo e affettivo deve essere tenuto bene in considerazione. Deve essere approfondito e valutato il profilo comportamentale, l’aspetto sociale, l’aspetto cognitivo e affettivo, ovvero quanto questo disturbo generi insicurezza, scarsa motivazione dipendenza da un adulto, bisogno di protezione. Queste cose  sembrano stupidaggini ma non lo sono perché per quel bambino l’infanzia è importante, il disturbo va riconosciuto perché il bambino può essere aiutato senza arrivare a diventare un adolescente nel quale si sviluppano sentimenti negativi.

Se noi consideriamo un vissuto evolutivo di bambino affetto da dislessia, ci rendiamo conto che sono bambini con scarsa autostima che tendono a sfuggire alle richieste, soprattutto se queste implicano la messa in campo di capacità quali lettura scrittura ecc. Questo prevede che se io metto in gioco meccanismi di evitamento, arriverò a sviluppare un vero e proprio disturbo depressivo, che non è detto che si  esprima soltanto con la cultura ma può esprimersi anche con note aggressive,  si può accompagnare a comportamenti dovuti a uno scarso funzionamento sociale e globale (se non maturo nella crescita sociale chiaramente il mio funzionamento diminuisce).

DSA non diagnosticate: Ci sono anche molti bambini che non ricevono una diagnosi e rimangono nel cosiddetto sommerso. Nessuno se n’è accorto. È meglio riconoscerlo e avere un supporto piuttosto che portarselo dietro ed avere degli insuccessi, frustrazioni e sviluppare patologie proprio a causa di diagnosi tardive o mancate diagnosi.  Un grande successo ha avuto la legge 170, questa legge riconosce le varie opportunità: sostiene chi ha queste difficoltà, ha lo scopo di dare al ragazzo tutto quello che gli serve per svolgere determinati compiti nel miglior modo possibile, tutto questo nelle diagnosi mancate non c’è!!! Naturalmente non spetta all’insegnante ne’ diagnosticare ne’ curare, ma l’insegnante può prendersi cura di questo bambino, può dedicargli una particolare attenzione. E quindi l’insegnante deve essere messo a corrente del fatto che il bambino abbia questo disturbo e sta facendo questo trattamento.

Perché è importante la scuola in questo disturbo? Perché consente un riconoscimento precoce dei DSA e può avviare delle attività di recupero. Quando queste risorse non dovessero produrre nessun effetto allora è giusto che scuola e famiglia entrino a contatto. È importante che la famiglia venga messa a corrente della situazione: ‘ci sono queste difficoltà, abbiamo provato a risolverle in classe, non ci siamo riusciti o forse non basta, vediamo se uno specialista ci può aiutare, vediamo se riesce ad inquadrare meglio la situazione’. Potrebbe anche essere un disturbo ASPECIFICO in questa fase, attenzione!

Allora il bambino viene portato dal neuropsichiatra infantile, fa il suo iter diagnostico, dopodiché se il disturbo c’è (se fa le prove specifica ed esita una dislessia, per esempio) allora poniamo diagnosi di DSA.  Il certificato viene consegnato alla famiglia e questa a sua volta la consegna alla scuola, affinché possa essere elaborato un piano didattico personalizzato (PDP).

Possiamo, in base alla legge 170,  avviare una serie di procedure finalizzate a sostenere questo bambino ed aiutarlo nei processi di apprendimento. Vengono fissati gli obiettivi adatti a quel determinato alunno attraverso questo piano didattico personalizzato. Bisogna utilizzare laddove è possibile strumenti compensativi e misure dispensative da alcune prestazioni che non sono essenziali ai fini dei concetti da apprendere. Ci sono degli strumenti che la scuola mette a disposizione e ci sono altre cose che gli insegnanti possono concedere di non fare, ma tutte queste accortezza non inficiano l’apprendimento generale perché gli obiettivi vengono comunque raggiunti.

Arriviamo a tutto questo dal ’92 inizia tutto questo, ancora i bambini erano inclusi nella legge 104. Poi si è passati alla logopedia, finalmente si è arrivato al famoso PDP ma l’innovazione del 2013 è di poter consentire l’utilizzo di supporti informatici al fine di arrivare alla didattica inclusiva (siamo tutti dentro, il bambino con DSA non è più stupido degli altri bambini, ha qualcosa di diverso e se aiutato può sfruttare meglio le sue potenzialità).

Quali sono gli strumenti compensativi più comuni?

– videoscrittura

– libri digitali

– libri parlati

– calcolatrici

Misure dispensative:

– lettura ad alta voce

– studio mnemonico delle tabelline

– interrogazioni non programmate

– lingua straniera in forma scritta (solo pratica)

– scrittura sotto dettatura.

Cerchiamo di alleggerire il bambino da tutto quello che lo penalizza o che crea uno svantaggio.

A cosa servono? Servono per creare pari opportunità, consentono di compensare le carenze funzionali dovute, permettono di concentrarsi sui compiti più importanti, stimolano le capacità del soggetto che sentendosi più sicuro si integra meglio (è più motivato).

Dobbiamo immaginare di fronte a qualsiasi difficoltà, davanti a un insuccesso formativo pensare all’apprendimento come una sintesi di tutta una serie di fattori. Il percorso educativo deve essere portato avanti in ogni caso.

Sono disturbi che tendono spontaneamente all’attenuazione. Un insegnante con un po’ più di passione nella ricerca di quelle che sono le possibilità e le opportunità di questo ragazzo è anche un’insegnante che orienta verso un percorso di studi più adatto. Non bisogna insistere, il ragazzo deve scegliere quello che vuole fare.

Il trattamento multidisciplinare può far molto ma non fa nulla se non c’è da parte della famiglia la consapevolezza del disturbo. È molto importante che questa diagnosi venga seguita oltre che a scuola anche fuori, facendo percorsi di tipo abilitativo. È ovvio che se traggono vantaggi da questi percorsi, anche a scuola poi si avranno ripercussioni positive.

Punti di forza: Sono bambini che hanno tanti punti di forza. Sono  ironici, divertenti, giocano molto bene con le immagini, originali, creativi, riescono a fare ottime sintesi, sono pensatori veloci. Quando fanno un qualcosa danno sempre un’impronta personale. La loro condizione può tirar fuori molti aspetti positivi.

Conclusioni:Non tutti saranno geni, molti continueranno ad avere le proprie difficoltà, ma sappiamo di poter fare diagnosi anche precoce e questa non è un’etichetta ma soltanto una leva sulla quale costruire un intervento scolastico.