Mutazione

Talvolta, nella progenie degli organismi, compaiono nuovi caratteri che si dimostrano ereditari: sono le mutazioni. Queste sono causate da una variazione improvvisa, casuale e stabile del meccanismo genetico, che dà origine a caratteri nuovi. La mutazione, quindi, che è deputata alla trasmissione delle informazioni, viene perpetuata dalla replicazione del DNA finché non è cambiata da un altro evento casuale.

Il termine fu introdotto da DE Vries in seguito all’osservazione compiuta su di una pianta (Oenothera lamarkiana) che era stata introdotta dall’America in Europa e che egli vide inselvatichita in un giardino di Hilversun (Olanda). Accanto alla forma originaria, DE Vries, trovò altri individui che differivano per altri caratteri i quali apparivano costanti nelle piante figlie; queste erano pertanto da considerare come formanti altrettante razze, alcune delle quali con tali caratteristiche da poter essere ascritte a nuove specie.

In effetti Oenotera lamarkiana è un poliibrido, derivato dalla fusione di vari genotipi, per cui l’insorgere di caratteri nuovi andava ascritto a processi di segregazione mendeliana. Le mutazioni insorgono e in cellule somatiche e in cellule germinali ma solo in queste ultime la memoria della variazione è trasmessa di generazione in generazione. Tutte le mutazioni hanno lo stesso effetto: l’alterazione delle sequenze nucleotidiche e perciò delle istruzioni genetiche che governano le attività della cellula.

In generale, le mutazioni, che hanno un effetto negativo, se interessano un gene dominante di una cellula germinale, appaiono fenotipicamente già nella prima generazione; se interessano un gene recessivo si manifestano solo in generazioni successive o in caso di omozigosi. Numerosi sono gli esempi di mutazione in animali successivamente addomesticati o già domestici. Si cita, ad esempio, la pecora Ancon, una pecora dalle zampe corte, che gli allevatori selezionarono artificialmente per mantenere tale mutazione che presentava vantaggi agli allevatori stessi.

Esempi di mutazioni sono il coniglio d’angora, il maiale solidungolo, il piumaggio giallo del canarino, il muso schiacciato dei cani bulldog, ecc.
In base a esami citologici, le mutazioni, nel materiale nucleare, si dividono in tre gruppi: geniche, cromosomiche e genomiche. Le mutazioni geniche o puntiformi sono le più comuni. Insorgono nella replicazione, prima della duplicazione del cromosoma, e consistono nella sostituzione di uno o più nucleotidi al posto di altri.

Per gene, si intende un tratto di DNA di circa 1000 coppie di nucleotidi. Quando avviene la mutazione si ha la duplicazione (introduzione di un segmento di cromosoma), la delezione (perdita di un segmento continuo di cromosoma) e l’inversione che comportano la variazione del numero dei nucleotidi nel gene o lo scambio di un nucleotide. Quando i nucleotidi sono persi dal DNA di un gene o si aggiungono ad esso si parla di mutazioni di spinta. Mutazioni si possono avere anche per transversione in cui una purina è sostituita da una pirimidina. Poiché le mutazioni geniche sono recessive, il carico genetico di una popolazione può essere molto più ampio di quanto sia possibile osservare immediatamente attraverso i fenotipi. Nell’ambito di specie affini spesso compaiono mutazioni rassomiglianti che vengono definite mutazioni parallele.

Le mutazioni cromosomiche sono caratterizzate dalla variazione della struttura di un intero cromosoma. Esse sono dovute al distacco di una parte di cromosoma sia all’estremità che lungo un suo braccio, per cui si ha una sola frammentazione, nel primo caso, o una frammentazione intercalare, nel secondo, con due rotture; dal raddoppiamento di un segmento cromosomico (duplicazione); dalla rotazione di 180° di un frammento cromosomico, detta inversione, e infine, dagli spostamenti di parti di cromosomi su cromosomi non omologhi (translocazioni).

I geni così traslocati formano un nuovo gruppo di associazioni e attraverso questo può essere facilitata l’insorgenza di nuove specie.
Le mutazioni genomiche interessano tutto il patrimonio cromosomiale o genoma. Possono manifestarsi per aploidia o per poliploidia. La prima si manifesta nella riproduzione per partenogenesi e nei casi di merogonia. Caratteristica di tutti gli individui aploidi è il minore sviluppo somatico ed una minore vitalità rispetto ai diploidi (esempio il fuco nelle api). In merito alla poliploidia ricordiamo il caso di Ascaris megalocephala univalens e bivalens la prima con una sola coppia di cromosomi, la seconda con due coppie.