Esiste un modo endogeno di controllare la sensazione dolorosa, questa è una cosa rilevata sia a livello clinico, sia a livello sperimentale. Esistono, infatti, evidenze cliniche in cui quando una persona si trovi in condizioni di particolare pericolo essa è in grado di non percepire il dolore. Questo ha una funzione chiaramente adattativa in quanto se in tali situazioni ci si isolasse dal contesto per concentrarsi sul proprio dolore si rischierebbe di essere sopraffatti dalla situazione. E’ noto che esistono feriti di guerra che pur sottoposti a stimoli nocicettivi tremendi, come addirittura quello dell’amputazione di un arto, riferiscono di non aver provato alcun dolore.
A questo dato si aggiunge il fatto che da moltissimo tempo si utilizza come sostanza per controllare il dolore la morfina, un derivato dell’oppio. Una ventina di anni fa si è scoperto che la morfina agisce sul controllo del dolore poiché in grado di legarsi a spessi recettori che sono i “recettori μ”, “recettori κ” e recettori δ. Si è visto attraverso diversi studi che questi recettori sono maggiormente concentrati in alcune parti del sistema nervoso rappresentate dalla “sostanza grigia periacqueduttale”, dal “nucleo parabrachiale” e dal “nucleo del rafe magno”. Recettori per la morfina sono presenti anche a livello spinale, a livello dell’apparato digerente e in altri sistemi ancora . La scoperta di questi recettori per la morfina ha posto il problema di cosa ci facessero recettori specifici per una sostanza esogena all’interno dell’organismo. Si è visto che su questi recettori agiscono tutta una serie di neurotrasmettitori propri dell’organismo che vanno sotto il nome di oppioidi endogeni, ossia sostanze che mimano l’azione della morfina.
Gli oppioidi endogeni vengono oggi classificati in 3 grosse famiglie: la famiglia delle di morfine, la famiglia delle encefaline e la famiglia delle endorfine. Ciò prova che esiste un sistema endogeno che normalmente ha la capacità di controllare il dolore. Esperimenti di stimolazione elettrica hanno reso noto che se si stimolano elettricamente le strutture nelle quali sono stati identificati i recettori per la morfina si ottiene una analgesia indotta elettricamente. Inoltre si è visto una reattività crociata per cui nei pazienti in cui si sviluppa una tolleranza alla morfina, la stimolazione elettrica del grigio periacqueduttale, non è in grado di determinare analgesia. Questa tolleranza alla morfina che coincide alla tolleranza alla stimolazione elettrica ha fatto pensare che tutte le nozioni che noi abbiamo sono legate al fatto che esiste nell’organismo un sistema controllo del dolore che ha come mediatori gli oppioidi endogeni.
Oggi si sa che questo sistema ha una sua specifica distribuzione anatomica per cui esiste un controllo operato dalla corteccia, in caso di situazioni emotivamente traumatiche, sul grigio periacqueduttale e sulle strutture sottostanti ad esso connesse, ossia il nucleo parabrachiale ed il nucleo del rafe magno. Da queste strutture partono fibre discendenti che terminano a livello delle corna posteriori del midollo spinale, dove controllano le proiezioni dei neuroni di secondo ordine verso le strutture superiori. In altri termini il sistema nocicettivo modula la trasmissione, mediata dal glutammato, tra i neuroni di primo ordine e i neuroni di secondo ordine.
Il rilascio del glutammato normalmente si associa alla presenza di una sostanza di un neuromodulatore che è la “sostanza P”. Uno degli oppioidi endogeni tramite il cui rilascio il sistema antinocicettivo agisce a questo livello è l’encefalina, la quale sostanza è in grado di modulare la trasmissione dal neurone di primo ordine a quello di secondo ordine. Ciò avviene o per una inibizione del neurone di secondo ordine, o attraverso una sinapsi asso-assonica, la quale per definizione dà luogo a un potenziale postsinaptico inibitorio, che interviene tra una collaterale di un interneurone che si frappone tra la fibra discendente ed il neurone di secondo ordine e la fibra di primo ordine. Le fibre discendenti provenienti dal nucleo parabrachiale e dal nucleo del rafe magno modulano la trasmissione delle fibre di proiezione, quelle che portano la sensibilità nocicettiva dalle strutture periferiche al talamo e quindi alla corteccia.
Queste fibre utilizzano come mediatore l’encefalina. La modalità con cui queste fibre possono inibire le proiezioni verso l’alto e agendo su un interneurone inibitorio, il quale o può inibire il neurone di secondo ordine, ossia quello da cui parte il fascio spino-talamico, direttamente oppure tramite una collaterale che inibisce pre-sinapticamente le terminazioni che arrivano al neurone di secondo ordine dal neurotrasmettitore. Sono questi anche i meccanismi che controllano i fenomeni di wind-up che sono quelli che determinano la plasticità del sistema nocicettivo rispetto agli stimoli esterni.
Esiste anche un sistema, descritto per la prima volta nel 1974, da parte di Melzack & Wall che determina il controllo delle proiezioni della sensibilità nocicettiva a livello del midollo spinale. Questo modello è la teoria del cancello, e si partiva dal presupposto che esistesse a livello del midollo spinale un interneurone inibitorio al quale giungano sia le fibre nocicettive, cioè le fibre Aδ e C, sia le fibre di tipo Aβ che provengono dai meccanocettori. Le prime avrebbero una azione di inibizione sul neurone inibitorio, quindi col risultato finale di facilitare la trasmissione a livello centrale.
Su questo neurone inibitorio arriverebbero anche le fibre Aβ provenienti dai meccanocettori, le quali al contrario faciliterebbero il neurone inibitorio che in virtù di ciò inibirebbe il neurone di secondo ordine responsabile della trasmissione a livello centrale del dolore, il risultato finale è, quindi, una non trasmissione a livello centrale del dolore. Quindi, in questa competizione tra fibre prevale fino ad un certo valore l’effetto inibitorio sulla trasmissione nocicettiva delle fibre Aβ, non a caso se si ci fa male si tende comprimere la zona dolorante e la sensazione che si ottiene è di sollievo. Questo è anche il principio su cui si basano alcune tecniche di trasmissione del dolore come ad esempio la TENS.
Da questi meccano-cettori (corpuscoli di Meissner, Pacini, Ruffini e Merkel) e dai propriocettori, rappresentati dal fuso-neuromuscolare, dall’organo tendineo del Golgi e dai recettori articolari, partono delle vie che proiettano centralmente attraverso un sistema chiamato “lemnisco mediale”. Come nel caso della sensibilità nocicettiva i neuroni di primo ordine arrivano nel midollo spinale attraverso le radici posteriori del midollo spinale e secondo la descrizione classica queste fibre non farebbero sinapsi, come nel caso della sensibilità nocicettiva, con neuroni a livello delle corna posteriori del midollo spinale ma si porterebbero verso l’alto a fare sinapsi con due nuclei a livello del tronco dell’encefalo, noti come nucleo Gracile e nucleo Cuneato.
Più precisamente le fibre di tipo propriocettivo e tattili che provengono dall’arto superiore costituirebbero il fascicolo cuneato, mentre invece quelle che provengono dagli arti inferiori costituirebbero il fascicolo gracile. Quindi il fascicolo gracile farebbe capo al nucleo gracile e il fascicolo cuneato farebbe parte al nucleo cuneato. Da questi nuclei partono fibre che danno luogo alla “decussatio lemniscalis”, quindi all’incrocio delle fibre, e danno luogo al lemnisco mediale che proietta al talamo.
In realtà la storia non è così semplice poiché questa descrizione classica va integrata, nel senso che la sensibilità tattile segue questo decorso; le fibre che provengono dagli arti superiori viaggiano nel fascicolo cuneato, le fibre che provengono dagli arti inferiori viaggiano attraverso il fascicolo gracile e c’è indubbiamente un neurone di secondo ordine a livello dei nuclei gracile e cuneato, ma effettivamente almeno il 25% di queste fibre provenienti dai meccanocettori fanno sinapsi prima, già a livello del midollo spinale, nelle corna posteriori.
Per le fibre provenienti dai propriocettori la situazione è più complessa poiché provenienti dagli arti superiori viaggiano attraverso il fascicolo cuneato alcune direttamente altre idem ma previa sinapsi a livello delle corna posteriori come nel caso delle fibre dei meccanocettori; per quanto riguarda quelle che provengono dagli arti inferiori, ex fascicolo gracile, le fibre che conducono la sensibilità propriocettiva, le fibre fanno sinapsi a livello della colonna di Clark nel midollo spinale e da queste partono fibre che andranno al nucleo Z del tronco dell’encefalo. Per il nucleo gracile, il nucleo cuneato e il nucleo Z si è visto, in base alle proprietà elettriche, che è possibile dividerli in una “pars rotunda” e una “pars reticolare” o “zonulare “.
Nella pars rotunda i neuroni presentano le cosiddette proprietà lemniscali, ossia:
• Hanno dei campi recettivi piccoli;
• Rispondono solo ad una modalità sensoriale e non sono soggetti al fenomeno dell’adattamento.
Queste proprietà lemniscali si ritrovano anche nei neuroni talamici a cui le fibre che provengono dal nucleo gracile e cuneato si portano. Dal nucleo gracile, cuneato e Z partono fibre che decussano dando luogo alla decussatio lemniscalis che proiettano al complesso ventro-basale del talamo.
A questo livello si trovano neuroni con le stesse proprietà lemniscali, con una organizzazione che è somatotopica: procedendo in senso latero-mediale nel complesso ventro-basale del talamo si ha una rappresentazione tale da ritrovare il gli arti inferiori, quindi, progressivamente il tronco, gli arti superiori e la faccia. Dal talamo, vale sia per la sensibilità nocicettiva sia per la sensibilità propriocettiva che per la sensibilità epicritica, c’è la proiezione al giro post-centrale della corteccia cerebrale, rappresentato dalle aree di Brodmann 3a, 3b, 1 e 2.