Esame Obiettivo Fegato e Milza

fegato-milza-veterinaria

Esame fisico del fegato

A seconda della tipologia di animale e della sua anatomia avremo diversi approcci all’esame fisico del fegato.

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Esame fisico del fegato nel cavallo

Nel cavallo il fegato non è accessibile ad un esame nè dall’esterno nè per via rettale. Per quest’ultima via non lo si raggiunge perchè troppo lontano, e dall’esterno sfugge perchè non deborda il margine polmonare posteriore. Per quest’ultimo motivo anche con la percussione non rileveremo alcuna ottusità epatica, ma soltanto una risonanza polmonare lievemente smorzata (ottusità epatica relativa) non sempre ben percepibile, che inizia vicino al limite polmonare posteriore destro. Lo sbancamento del polmone, il meteorismo più o meno marcato del cieco rendono questo rilievo semiologico — che presenta del resto una scarsa importanza pratica — sempre più relativo. Il rilievo di un’ottusità epatica assoluta depone senz’altro per un ingrandimento del fegato, conseguente in generale ad una cirrosi ipertrofica, come nell’anemia infettiva, più raramente a tumori (carcinomi, angiomi).

Esame fisico del fegato nei bovini

Nei bovini il fegato è più accessibile perchè deborda in parte dal limite polmonare posteriore destro, entrando così a contatto con la parete costale; in questa zona si rileva normalmente un’ottusità assoluta, situata fra il 10° ed il 12° spazio intercostale ed al di sopra della linea che congiunge la cresta acromiana della scapola con l’angolo esterno dell’ileo. La diminuzione o la scomparsa dell’aria di ottusità epatica si osserva nella dilatazione dell’abomaso con dislocazione destra ed anche nella peritonite diffusa con pneumoperitoneo. Con l’esame plessimetrico si rileva talvolta un evidente ingrandimento della zona d’ottusità, in direzione caudale o ventrale od orale: in caso di tubercolosi epatica, echinococcosi, cirrosi da distornatosi, epatite icorosa o suppurativa o per neoplasia.

Palpazione del fegato

Mediante la palpazione praticata spingendo la punta delle dita tra gli spazi intercostali (10-11-12) non è tanto infrequente riscontrarvi una dolorabilità più o meno marcata, che depone per una epatite icorosa (corpo estraneo) o suppurativa metastatica (vitelli con onfaloflebite purulenta) o per distornatosi epatica. All’esame del fegato nei carnivori si procede con l’ispezione di ambedue gli ipocondri per apprezzarne un eventuale aumento di volume; più proficuo però è l’esame di palpazione, che si fa spingendo la punta delle dita dietro gli archi costali cartilaginei in direzione craniale, che permette nella maggior parte dei casi (cani magri specialmente e gatti) di percepire il sottile margine epatico, che normalmente non deborda. È preferibile che durante l’esame il soggetto sia in posizione seduta, o, meglio ancora, laterale, o supina. Con la percussione digitale si rileva una zona di ottusità parallelamente e dietro il limite polmonare, a destra lungo l’intero limite, a sinistra soltanto lungo il suo terzo inferiore, di qui congiungentesi poi, a livello del 7°-8° spazio intercostale, con quella del lato opposto.

Se vi è notevole aumento di volume del fegato, come si verifica nella leucosi o nella cirrosi, esso è già apprezzabile con la semplice ispezione sotto forma d’un aumento di volume dell’addome in corrispondenza specialmente dell’ipocondrio destro e dell’epigastrio. Nell’epatomegalia si percepisce distintamente con la palpazione il margine posteriore dell’organo. È importante ai fini diagnostici differenziali tener presente che il fegato ha dei movimenti antero-posteriori sincroni con quelli respiratori, movimenti che si mettono meglio in evidenza costringendo l’animale a respirare profondamente. Qualche volta in seguito ad epato-megalia si apprezza una porzione del fegato sotto forma di un corpo duro, carnoso, il cui margine posteriore arrotondato, decorrente in senso posteriore, presenta dei movimenti antero-posteriori sincroni con quelli respiratori; questo si mette maggiormente in evidenza costringendo l’animale a respirare profondamente ed ha una notevole importanza ai fini diagnostici differenziali. Così ad es. la milza, quando diviene palpabile perchè ingrandita, non li presenta. Con la palpazione del fegato ingrandito se ne può esaminare anche la superfìcie diaframmatica, che può essere irregolare, bernoccoluta (cirrosi, tubercolosi, tumori) o liscia (leucosi). La dolorabilità risvegliata con la compressione della regione epatica depone per una epatite acuta o subacuta o per una peri-epatite. La cirrosi, la degenerazione grassa, certe forme di epatite acuta, la leucosi, i tumori (carcinomi, adenocarcinomi, sarcomi), la tubercolosi, raramente l’ascesso epatico, sono rilevabili, oltre che con la palpazione, anche con la percussione che mette in evidenza un ingrandimento della zona d’ottusità.

Esplorazione funzionale del fegato

L’indagine funzionale del fegato trae le sue basi dai processi chimico-fisiologici connessi con la molteplice attività dell’organo ed ha lo scopo essenziale di farci conoscere se il viscere è ammalato e quale sia il grado della lesione che vi si svolge (DOMINICI). In certe epatopatie gravi e diffuse molto spesso il semplice esame fisico, che può rilevare l’ingrandimento di volume o la comparsa di una sensibilità dolorifica del viscere, è in grado di svelare la esistenza di uno stato patologico e, con l’aiuto di altri segni di ordine generale o particolare, di precisarne talvolta anche la natura. Tuttavia per avere una diagnosi di certezza in tali casi e per svelarne numerosi altri nei quali il processo morboso evolve in forma silente è spesso indispensabile ricorrere a quelle metodiche di laboratorio che valutano appunto lo stato funzionale del fegato.

Si deve ricordare che nel fegato stanno adiacenti due tessuti — tessuto epatico vero e proprio con le sue cellule epatiche e tessuto reticolo-endoteliale — i quali hanno origini, morfologia e funzioni diverse; che il fegato possiede una funzione ritmica assimilatoria e disassimilatoria; ed ancora che nel fegato esistono differenze funzionali tra lobulo e lobulo ed in uno stesso lobulo l’attività non è uniforme in tutte le sue parti. Si deve inoltre ricordare che il fegato possiede una capacità funzionale molto ampia; che molte delle sue funzioni sono proprie pure di altri organi come il rene, la milza, i muscoli, ecc.; che la maggior parte delle attività epatiche si svolge indipendente l’una dall’altra per cui è possibile che una sola di esse risulti alterata mentre tutte le altre rimangono integre. Per tali considerazioni risulta chiaro che lesioni anche estese del fegato possono non essere accompagnate da alterazioni apprezzabili della sua funzionalità e che, comunque, per avere un’idea precisa di questa sarebbe necessario indagare tutte le attività dell’organo e cioè il metabolismo dei pigmenti biliari, il metabolismo protidico, il metabolismo lipidico, il metabolismo glicidico, il metabolismo delle vitamine, il metabolismo minerale, ecc. In pratica tuttavia questo è per ovvie ragioni impossibile, si è cercato di individuare le prove che forniscono i risultati più attendibili e si è giunti in tal maniera a semplificare la ricerca limitandola appunto ad alcune indagini.

Le principali sono:

  • funzione escretrice dei pigmenti
  • ricambio pigmentario determinazione della bilirubinemia determinazione della bilirubina nell’urina determinazione dell’urobilinogeno nell’urina
  • ricambio dei protidi determinazione delle proteine del siero • ricambio di glucidi prova da carico di galattosio iperglicemia da adrenalina
  • ricambio dei lipidi dosaggi della colesterina e degli esteri lipidici dosaggio dei corpi chetonici nel sangue
  • studio delle attività enzimatiche fosfatasi alcalina del siero transaminasi del siero biopsia epatica.

Biopsia Epatica

Consiste nel prelievo in vivo di un frustolo di parenchima epatico da sottoporre ad indagini microscopiche, istologiche, isto-chimiche, ecc., sia per la diagnosi di epatopatie, di malattie infettive, parassitarie che per la individuazione di carenze vitaminiche (Vit. A) e minerali (ferro e rame) e di avvelenamenti. La biopsia epatica è preferibile effettuarla per mezzo di aghi o cannule di calibro ridotto (mm. 1,5-3) per ridurre al minimo gli eventuali rischi, rappresentati da emorragie od infezioni secondarie. L’inconveniente che va maggiormente paventato nel bovino è la perforazione di qualche ascesso epatico o cisti da echinococco ed il determinarsi in tal modo di una peritonite.

Studio bioptico del fegato

Le principali finalità dello studio bioptico del fegato sono:

  • nel bovino per la diagnosi della Theileriosi, di avvelenamenti da Senecio bilo-batus e Jacobea, per la determinazione del glicogeno epatico, della Vit. A, del contenuto in Fe e Cu, ecc.
  • nel cavallo per la diagnosi dell’anemia infettiva (attraverso l’evidenziazione di una abnorme reattività del S.R.E. e di abbondanti depositi di emosiderina nelle cellule del Kupffer)
  • nel cane per la diagnosi delle epatopatie più disparate, della Leishmaniosi e della epatite infettiva

Esame della milza

Pur appartenendo la milza all’apparato ematopoietico, dati i suoi stretti rapporti topografici con quello digerente, è consuetudine esaminarla assieme a questo.

Esame della milza nel cavallo

Nel cavallo si riesce a valutare per via rettale il margine caudale ed in qualche parte le superfici parietale e viscerale per una estensione più o meno grande a seconda della lunghezza del soggetto. L’esame plessimetrico, da praticarsi a livello delle ultime coste (16-17-18a), nel terzo medio superiore dell’emitorace sinistro, non offre rilievi d’importanza pratica.

Esame della milza nel bovino

Nel bovino la milza non è esplorabile nè con la palpazione esteriore nè per via rettale per essere tutta la cavità addominale sinistra occupata dal rumine; le condizioni anatomiche (sottigliezza dell’organo; presenza del rumine) rendono ancora più in¬certo che negli equini qualche utile rilievo plessimetrico. È tuttavia opportuno aver conoscenza della sua proiezione sulla parete addominale, il che citato stabilito con esattezza con l’esplorazione endorumino-reticolare. Tale proiezione risulta in parte indiretta per l’interposizione del polmone, oltre che delle sierose pleuriche, peritoneali e del diaframma, ed in parte diretta, in quanto essa aderisce quasi direttamente alla parete addominale essendovi interposto e non in tutta la sua estensione, soltanto l’inserzione diaframmatica ed il seno costo-diaframmatico. Le due parti dì detta proiezione e cioè:

  • l’indiretta o anteriore
  • la diretta o posteriore

sono separate dal limite polmonare, che rappresenta, come è noto, l’inizio del seno costo-diaframmatico.

La prima parte rappresenta circa un terzo di tutta la proiezione nel suo insieme, la seconda i rimanenti due terzi e comprende l’estremità dorsale e l’estremità ventrale; quest’ultima, che è la più estesa, può eccezionalmente, divenire semiologicamente esplorabile. La proiezione splenica nel suo insieme parte con la sua estremità dorsale dall’estremità prossimale circa della 12a costa, vicino alla colonna vertebrale e si dirige ventralmente, con direzione lievemente obliqua in avanti, seguendo il limite polmonare dal quale si distacca completamente con tutta la sua estremità ventrale all’incirca dove ha inizio il 3° inferiore del limite polmonare stesso.

Esame semiologico della milza nel bovino

Volendo pertanto praticare un tentativo di esame semiologico della milza nel bovino le nostre indagini vanno portate a livello della proiezione diretta della milza e cioè subito al di dietro del limite polmonare (3° superiore; 3° medio) e ad un palmo di mano circa dal 3° inferiore del limite polmonare stesso. La palpazione-pressione può evidenziare dolore nel caso di perisplenite e splenite icorosa; la percussione, che normalmente rivela una risonanza chiara o lievemente smorzata, se digito-digitale, può evidenziare invece una risonanza subottusa o nettamente ottusa nel caso di splenomegalia o di ascessi. Si potrà avanzare un sospetto di perisplenite e splenite icorosa, come allorché il dolore alla palpazione-pressione sia limitato al di dietro del 3° medio del limite polmonare sinistro ed alla percussione si noti ottusità sull’area di proiezione diretta della milza stessa. Se poi a questi dati si aggiunge febbre molto elevata (41°-41,5°), leucocitosi neutrofìla intensa (75-80%), la diagnosi verrà sempre più avvalorata e potrà poi trovare conferma in una eventuale puntura esplorativa, della milza. Che permetta di prelevare pus, color feccia di vino.

Esame della milza nel carnivoro

Anche nei carnivori, in condizioni normali, la milza non è esplorabile né con la palpazione (perchè situata dietro le coste) né con la percussione (perchè troppo sottile). Quando sia aumentata di volume si palpa al di sotto dell’arco costale sinistro come un corpo carnoso, piatto, allungato, a margini più o meno arrotondati, la cui terminazione libera si spinge ventralmente più o meno lontano, sino alla linea alba ed anche oltre. Nelle considerevoli splegomegalie è già apprezzabile, con la sola ispezione, una procidenza dell’addome a livello dell’epigastrio (leucosi). Pure la torsione della milza attorno al legamento gastro-lienale, che è frequente nel maiale, più rara nel cane e nel vitello, apporta un ingrossamento notevole dell’organo per la congestione che vi si stabilisce in seguito all’ostacolato deflusso venoso (compressione delle vene del legamento gastro-lienale).

Nel cane quando si riesce a stabilire la diagnosi in vita e precocemente, l’intervento chirurgico può essere coronato da successo; negli altri animali la diagnosi è sempre anatomica.