Sensori Biomedici

i Sensori sono un sotto categoria di trasduttori che ricevono un input di varia natura e lo convertono in un segnale elettrico. Per alcuni, “sensori” e “trasduttori” sono sinonimi. Il sensore è il primo elemento di una catena di acquisizione che generalmente è costituita da una serie di dispositivi di tipo elettrico ed elettronico ed è per questo motivo che è necessaria la conversione in segnale elettrico.

Gli attuatori rappresentano un’altra sotto categoria dei trasduttori poiché sono dei dispositivi che ricevono in input dei segnali di natura elettrica e forniscono in uscita dei segnali di natura diversa, ad esempio meccanica o termica. Gli attuatori rappresentano lo stadio finale di un sistema di misura che acquisisce ed elabora genericamente dei segnali.

 Ci sono casi in cui il termine “sensore” e il termine “traduttore” vengono usati con significato diverso. Nello specifico, il trasduttore viene inteso come un generico dispositivo che è in grado di misurare una grandezza (di tipo termico, meccanico, acustico, elettrico,ecc.. ) e di convertirla in una grandezza che può essere di qualsiasi altra natura, non solo elettrica. Si distingue un segnale in ingresso, che può essere di vario tipo, e un segnale in uscita di tipologia totalmente differente.

Il convertitore digitale analogico (DAC) riceve in ingresso una sequenza di bit e in uscita restituisce un segnale di tipo elettrico tempo continuo. Il segnale tempo continuo in uscita dal DAC va all’attuatore che lo trasforma in un segnale di altra natura, di tipo meccanico, termico, acustico, ecc. Quest’ultimo segnale potrà essere utilizzato per diversi tipi di applicazione.

Ogni grandezza fisica ricevuta da uno specifico sensore deve rispettare determinati vincoli, ad esempio un determinato range di valori di ampiezza che il sensore in questione è in grado di misurare. Il range di ingresso rappresenta l’insieme di tutti i possibili valori che la grandezza in ingresso può assumere e che il sensore è in grado di leggere. L’uscita del sensore è legata all’ingresso dello stesso dispositivo tramite una relazione che genericamente può essere indicata con y=f(x). L’uscita del sensore o trasduttore, cioè “y”, dipende dalla variabile di ingresso che è x, tramite una generica funzione che è “f” ed esprime il rapporto di dipendenza. Idealmente si vuole che il legame tra ingresso e uscita sia di tipo lineare, quindi di proporzionalità diretta.

Il range di uscita è dato dalla differenza tra il valore massimo e il valore minimo che l’uscita può assumere e quindi rappresenta tutti i possibili valori che l’uscita può assumere. Nella realtà, molti trasduttori non rispettano il rapporto lineare espresso dall’equazione sopracitata. In alcuni casi tale caratteristica può essere espressa da una funzione esponenziale e in altri non è addirittura possibile esprimere matematicamente la dipendenza tra l’ingresso e l’uscita.

Quindi la caratteristica statica di un sensore è di fatto un grafico, dove è rappresentata come un’uscita che varia in funzione della grandezza richiesta. È matematicamente espressa tramite una funzione. La sensibilità rappresenta il rapporto tra la variazione di uscita rispetto a quella d’ingresso, mentre la risoluzione è la più piccola variazione di segnale d’ingresso a cui è sensibile il nostro dispositivo, determinando quindi un segnale in uscita.

La stabilità indica per quanto tempo le caratteristiche misurate dal trasduttore nella fase di taratura vengono garantite: il segnale di uscita, in presenza di un determinato ingresso, presenta un determinato valore che è indicato dal trasduttore. Se ci sono delle variazioni rispetto a questo valore, e queste variazioni sono al di fuori di un certo range di tollerabilità, significa che probabilmente il nostro dispositivo non funziona correttamente.

Nel caso dei trasduttori attivi non è richiesta alcuna sorgente di alimentazione per farli funzionare. Un esempio è rappresentato dai sensori piezoelettrici, utilizzati per misurare gli spostamenti, la forza, la pressione. Un esempio di trasduttori passivi invece è rappresentato dai termometri a resistenza. È anche possibile classificare i sensori in base alla grandezza d’ingresso, per esempio volendo misurare la pressione è possibile misurare diversi tipi di sensori, così come anche per la temperatura.

Esistono diverse tipologie di sensori che vengono utilizzati per la misurazione della temperatura; questi si basano su principi diversi, quindi è possibile raggrupparli per grandezza d’ingresso oppure possiamo raggrupparli per principio di conversione, il principio che viene utilizzato per convertire e per passare da un segnale di vario tipo ad un segnale di tipo elettrico.

L’ effetto piezoelettrico ad esempio viene utilizzato per realizzare i dispositivi che misurano grandezze diverse. Nel caso della misura della temperatura, come ben sapete è possibile misurare diversi tipi di temperatura con dispositivi e metodi diversi; in generale si tratta di una misura di tipo indiretto.

Si definisce misura indiretta perché la grandezza d’interesse non si misura direttamente, ma questa viene ricavata andando a monitorare gli effetti di un fenomeno fisico che la riguarda. Un esempio può essere rappresentato dai termometri a dilatazione, dove la temperatura viene misurata in funzione della dilatazione di un solido o di un liquido.

In generale i sensori di temperatura possono essere suddivisi in:

Sensori a contatto (il sensore deve stare a contatto con la superficie del corpo).

Sensori non a contatto, genericamente sono dei sensori che vanno a rilevare radiazione emessa dal nostro corpo e misurano così la temperatura. I termometri ad infrarossi sono quelli che vengono più utilizzati, perché la radiazione emessa dal nostro corpo presenta diverse lunghezze d’onda. I termometri usati maggiormente oggi rilevano le radiazioni emesse nella banda dell’infrarosso.

Nel caso in cui vogliamo misurare la temperatura con un sensore a contatto, nel momento in cui avviciniamo il sensore alla cute l’equilibrio termico tra il corpo e il sensore deve essere raggiunto nel minor tempo possibile. Inoltre è importante che la temperatura del corpo non venga modificata dal sensore, altrimenti avremmo una misura falsata. Nella realtà questo non sempre avviene, ci sono delle problematiche che devono essere considerate nella progettazione dei circuiti di misura.

Queste problematiche riguardano innanzitutto il fatto che non sempre è possibile riuscire a raggiungere l’equilibrio termico in tempi trascurabili. Ci sono per esempio delle classi di sensori termici che richiedono più tempo rispetto ad altri per raggiungere l’equilibrio termico. Inoltre i sensori in generale, per raggiungere l’equilibrio termico, cedono il loro calore al corpo falsando così la temperatura che noi vogliamo andare a misurare. Ci sono anche dei particolari sensori che possono anche sviluppare calore in virtù del loro funzionamento e questo calore va ad influenzare la nostra misura.

Il riscaldamento del sensore, che va evitato, è una problematica particolarmente importante nel momento in cui si effettuano delle misurazioni della temperatura.  Esistono per esempio dei sensori termoelettrici che vengono utilizzati anche in ambito biomedico (termocoppie), che genericamente sfruttano l’effetto Seebeck per la misura della temperatura.

In cosa consiste? Quando due metalli vengono uniti insieme in un punto, dove si crea una giunzione, se questi due metalli hanno delle temperature diverse, posizionando alle estremità libere un dispositivo che misura la tensione, è possibile registrare una differenza di potenziale, una certa tensione attraverso la quale è possibile ricavare la differenza di temperatura che ha determinato questo effetto.

Altra classe di dispositivi sono quelli al quarzo, che in realtà in ambito biomedico non vengono utilizzati, mentre vengono preferiti nel settore delle comunicazioni . questi dispositivi sfruttano la variazione della frequenza di risonanza in funzione della vibrazione, che dipende appunto dalla temperatura. Esiste quindi una relazione matematica che lega la frequenza di risonanza del quarzo alla temperatura.