Monitoraggio in Terapia Intensiva

Il paziente che giunge in terapia intensiva è un paziente con diverse problematiche:

· Paziente post-chirurgico;

· Paziente post-cardiochirurgico;

· Paziente con insufficienza respiratoria;

· Paziente con sepsi o shock settico.

cause ipotensione:

· Shock,

· Pompa cardiaca non efficiente che non vediamo dall’eco-cardiogramma.

L’ipoperfusione non è direttamente correlata con l’ipotensione, sono due cose diverse, un paziente può essere normoteso e ipoperfuso (es. shock distributivo).

Iperlattatemia: somministrare o non somministrare bicarbonati?

L’iperlattatemia è correlata con un aumento della produzione dei lattati che, a sua volta, è correlato con un’acidosi metabolica.

Il rischio idroelettrolitico maggiore in un paziente con acidosi metabolica è il collasso, quindi si avrà un paziente con uno squilibrio idroelettrolitico con un aumento del potassio (iperkalemia) che significa:

1) arresto cardiaco.

2) Il paziente con acidosi metabolica NON risponde ad inotropi positivi, quindi se noi non correggiamo il pH gli inotropi che noi andremo a somministrare, fondamentali nel trattamento dello shock, non avranno nessun effetto.

Come correggere l’acidosi metabolica?

Di sicuro non somministrando bicarbonato poichè è l’errore più grosso che si possa fare, però è giusto dirlo perché in tutti i libri si trova che, per correggere l’acidosi metabolica, bisogna somministrare il bicarbonato. Non c’è cosa di più sbagliato, addirittura se andiamo a leggere le linee guida sull’arresto cardiaco hanno eliminato l’utilizzo del bicarbonato, perché è correlato con una mortalità elevata. Abbiamo acidosi metabolica troviamo il bicarbonato basso solo per l’ effetto tampone del bicarbonato stesso, ma non perché ne è la causa.

H2CO3 CO2 + H2O

Come si vede dalla formula di dissociazione del bicarbonato, esso scindendosi porta all’aumento della CO2 quindi acidosi respiratoria, esiste questa diretta correlazione. Con i bicarbonati sembra che si creino delle basi, ma in realtà vado ad aumentare quella che è l’acidosi respiratoria. In questo caso la loro somministrazione tranquillizzerebbe l’operatore sul pH, ma danneggerebbe il paziente.

Il mio out-come non è ottimizzare il ph del paziente, ma salvargli la vita. Nei casi in cui ho un ipoperfusione tissutale e subentra un’insufficienza renale bisogna cercare in qualche modo di ottemperare all’insufficienza renale, è un circolo vizioso e bisogna ragionare bene sulla somministrazione dei bicarbonati, mentre prima bisognava farli ora è una scelta terapeutica a tutti gli effetti. Quindi per alzare il pH in un’acidosi metabolica dovuta ad ipoperfusione tissutale cosa facciamo? Cerchiamo di risolvere il problema alla base che ha provocato l’aumento dei lattati. Se si risolve il problema dell’ipoperfusione elimino i lattati e il pH si alza. Il paziente lo intubo, lo ventilo, trovo la causa e inizio a correggere la causa.

Esempio classico del paziente che scende dalla cardiochirurgia che ha fatto due ore di CEC (circolazione extracorporea) arriverà con 8 di lattati, altissimi, non somministro bicarbonati, non faccio niente, aspetto. Tanto il paziente è intubato e ventilato, mi correggo il potassio e lo mantengo. Se, invece, somministro bicarbonati dopo due ore si consuma, perché il potere tampone del bicarbonato rispetto alla potenza dell’acido lattico è niente, quindi dopo un po’ avrò il quadro uguale con una differenza, la CO2 più alta.

Paziente critico e perfusione periferica

Alcuni parametri molto importanti in terapia intensiva.

Questi sono:

· DO2 (Quota di ossigeno trasportato).

· VO2 (Quota di ossigeno prelevata dai tessuti).

· SVO2 (Saturazione venosa dell’ossigeno periferica).

· ScVO2 (Saturazione venosa centrale dell’ossigeno).

Se c’è una riduzione della saturazione venosa dell’SVO2 in generale il paziente può:

· Essere sotto stress;

· Avere dolore;

· Essere in ipertermia;

· Essere in uno stato di Shock;

· Essere ipoperfuso.

L’SVO2 è fondamentale, se vado a vedere la saturazione arteriosa del sangue a me interessa vedere quanto ossigeno rimane al paziente, più è alta e meglio è, più è bassa e peggio è. Casi in cui ho un aumento dell’SVO2 e il paziente sta male non esistono. Quando ho uno shunt nella prima fase dello shock settico avrò nella prima fase una VO2 alta. In tutti gli altri casi ho un maggiore consumo, con una VO2 inferiore a 75.

Un ragazzo giovane che fa attività fisica avrà anche 80 di SVO2. Un paziente in ECMO con 75 mi fa preoccupare, perché significa che lo sto ammazzando, sto ossigenando il sangue venoso. Lo standard nell’ECMO è maggiore di 90. Ricordiamoci che il range normale è 75. Secondo le linee guida l’approccio terapeutico nell’ipotensione consiste nel carico volemico (fluid challenge).

L’unico criterio è la risposta ad alcuni parametri. Per esempio facciamo un fluid challenge di 50 cc per due o tre volte, perchè abbiamo come obiettivo raggiungere una pressione arteriosa di 120/80. Di solito in un paziente ipoteso facciamo un carico di 250cc. Per quanto riguarda cosa somministrare la letteratura ha distrutto categoricamente sia la soluzione fisiologica che i colloidi come il plasma expander o l’emagel. Gli unici casi in cui si possono usare è nello shock emorragico in cui non abbiamo il sangue per il riempimento, in tutti gli altri casi si usano soluzioni tamponanti come il ringer lattato o il ringer acetato.

La prima cosa, quindi, da fare in un paziente ipoteso è il carico volemico.  In seguito alla sua somministrazione dobbiamo poi porci tre domande:

1.Ha risposto al riempimento? Se la pressione si è alzata e ha risposto, è andata bene.

2.Ha risposto poco? Se la risposta è si allora dobbiamo indagare che fine hanno fatto i liquidi somministrati. È un problema serio.

3.Non mi ha risposto? Ciò significa che ho creato un danno al paziente. Classico esempio di un paziente con scompenso cardiaco in cui effettuo un fluid challenge di 500 cc e che dopo 10 minuti svilupperà un edema polmonare acuto.

Se so che il paziente è scompensato ovviamente non faccio un carico volemico. Quello che noi dobbiamo evitare è che vi sia un deficit di O2. La diminuzione del glucosio non l’abbiamo mai, perché il nostro organismo essendo intelligente mantiene un processo metabolico, ma senza O2 non fa niente.

Quindi la DO2 che abbiamo nominato prima varia in base a:

· volemia efficace;

· cardiac output;

· emoglobina;

· FIO2 del paziente.

Quando riusciamo a riconoscere che lo stato ipo-perfusivo di un paziente è dovuto ad un’ipovolemia dobbiamo immediatamente effettuare un riempimento, prima lo eseguiamo meno danni verranno a crearsi. Si dice che il paziente è vuoto, perché con l’ecografia dei vasi chi ha esperienza si accorge immediatamente se il paziente è vuoto andando a vedere semplicemente la vena giugulare interna. Vediamo che se la vena collassa immediatamente con l’inspirazione significa che c’è poco ritorno venoso quindi tutto il sangue scende in ventricolo destro, oppure se comprimo con la sonda vedo che collabisce.

Se ci accorgiamo che il paziente è vuoto, lo mettiamo in Trendelemburg, se il paziente risponde subito con un aumento della pressione, già questo è un semplice indice di ipovolemia. Le sigle SV e SVV significano rispettivamente stroke volume e stroke volume variation. Dobbiamo cercare questi parametri,lostroke volume sarebbe la frazione di eiezione indicizzata che andiamo a verificare nel paziente. La stroke volume variation corrisponde a quanto sangue espelle il cuore correlato con la frequenza respiratoria. La PEEP (pressione positiva a fine espirazione) la nostra corrisponde a 0 ha un effetto sullo stroke ed è fondamentale, perchè apre il polmone.

Quando andiamo a fare una manovra di reclutamento, una manovra pericolosissima per il paziente, andiamo a fare per 30 secondi una PEEP di 30 cm H20, quindi noi mettiamo 30 cm di acqua per 30 secondi . Gonfiamo il polmone con una manovra chiamata, appunto, manovra di reclutamento. Se abbiamo un paziente con 88-89-90 di saturazione, potremmo ipotizzare che sia atelettasico, e se facciamo la manovra di reclutamento  e vediamo che dopo qualche minuto ritroviamo la saturazione a 95-96. Ha un rischio comunque. Il rischio maggiore è che se il paziente  è vuoto, nella manovra di reclutamento la pressione può scendere anche a 40 di sistolica, perchè comprime i vasi, quindi, riduco il ritorno venoso.

A questi parametri aggiungiamo diuresi, MAP  e PCV. La PCV (pressione venosa centrale) tra tutti questi parametri è l’unico, vi posso assicurare, che non serve a niente. lo stroke volume index che è uguale a 30, lo stroke volume variation che è, sostanzialmente, minore di 15. Questo paziente è vuoto.

Il valore di SVRI  corrisponde alle resistenze periferiche e in base a questo indice il paziente risulta vasodilatato. Altri valori sono la ABP ( pressione media),la PR ( frequenza cardiaca), eCI( l’indice cardiaco). Sono tutti indici bassi. Tutti questi valori molto probabilmente sono dovuti ad una vasodilatazione.

Tipi di monitoraggio:

Partiamo dal monitoraggio banale in rianimazione in cui eseguiamo ECG, saturazione, pressione non invasiva (manometro). Nel paziente più complicato, non ci basta più il bracciale, passiamo alla misurazione della pressione arteriosa in maniera invasiva(incannulazione arteria radiale).

con il FloTrac possiamo avere già alcuni di questi parametri.

Questo monitoraggio in che modo funziona? C’è un trasduttore che si inserisce in arteria radiale o in arteria femorale e poi la macchina, con i suoi algoritmi, calcola tutto da sola. Dobbiamo mettere sesso, peso ed età. Mi basta solo aggiungere un dato che è la PVC. Quindi con PVC e pressione arteriosa invasiva  ottengo  i parametri che si trovano nel monitor in alto. Questi parametri mi dicono come va il cuore, se il paziente è vasocostretto o vasodilatato, come il paziente sta respirando( tanto e male o bene e poco). Inoltre dall’accesso arterioso si può anche aspirare sangue utile per l’emogasanalisi.

Abbiamo bisogno di un monitoraggio più serio, perchè ancora non sappiamo cosa sta succedendo, andiamo a effettuare l’inserimento di un catetere che prende il nome di Swan-Ganz.

Come si mette? Approccio giugulare interna di destra. Buco, prendo la giugulare, dilato con il dilatatore, tolgo il dilatatore e inserisco il trasduttore, fisso l’introduttore alla cute, prendo lo Swan-Ganz che è un cavo lungo 60 cm, i 20 cm finali sono quelli in cui avviene la termodiluizione, si riscalda semplicemente, inserisco questo catetere, quindi, attraverso la giugulare interna, cava superiore, atrio destro, ventricolo destro, arteria polmonare.

Come faccio ad accorgermi quando sono in arteria polmonare? C’è un palloncino legato alla fine di questo Swan-Ganz, gonfio questo palloncino con un trasduttore, collego lo Swan-Ganz, che sto inserendo, al monitor e mi darà delle onde. Avrò delle onde con una pressione diastolica bassa e sistolica bassa inizialmente quando ancora sono in cava, atrio destro. Poi l’onda inizia a farsi più acuta, aumenta la pressione sistolica ma non aumenta la pressione diastolica: sono in ventricolo destro.

Vado avanti, in arteria polmonare la sistolica rimane la stessa ma la diastolica aumenta. Vado avanti col catetere e trasduttore finchè l’onda non si fa molto piccola, quasi lineare, ottenendo una pressione che si chiama pressione di incuneamento o Wedge che mi dice il valore pressorio di incuneamento, cioè il valore pressorio dell’atrio di sinistro.

A questo punto scuffio il palloncino, perchè se lo lascio cuffiato, poichè è incuneato in un ramo collaterale dell’arteria polmonare creo un’occlusione arteriosa, quindi mando il polmone in infarto polmonare. Pertanto ogni qualvolta ho bisogno di conoscere la pressione di Wedge “cuffio” e ottengo il valore pressorio, per poi “scuffiare”. L’unico modo per avere i valori esatti della pressione polmonare (rispetto all’ecocardiogramma) è con l’inserimento di un catetere di Swan-Ganz. L’ecocardiogramma calcola in maniera indiretta la PAPs attraverso un algoritmo che converte la velocità di flusso che si rileva in atrio destro in presenza di rigurgito tricuspidalico, in pressione.

Maggiore è la pressione polmonare, maggiore sarà il rigurgito trcuspidalico rilevato all’ecocardiogramma. Ma se il paziente soffre di un’insufficienza tricuspidalica severa, che prescinde dalla sua pressione polmonare (es. danneggiamento della tricuspide per endocardite destra in paziente tossicodipendente) , il valore di PAPs ottenuto sarà inattendibile, sovrastimato. La Wedge dovrebbe essere minore di 12-13. Se ho una Weige che è 30 significa che il paziente è pieno. Ricordate che l’unico valore attendibile della pressione polmonare ce lo da’ lo Swan-Ganz, l’ecocardiogramma non è attendibile al 100%. Lo Swan-Ganz lo vado a collegare a un sistema di monitoraggio che prende il nome di Vigilance. Posso anche valutare la ScVO2, che è la saturazione più mista possibile, perchè è il refluo anche dei vasi polmonari, che passa anche dalle coronarie.

Lo Swan-Ganz mi da’ informazioni sul cardiac output in continuo, cioè quanto il cuore sta pompando in continuo. Monitoraggio perfetto. Ho tutti i parametri con lo Swan-Ganz e posso valutare nella totalità il paziente. Fondamentale il parametro della continuità e della ricerca topografica. Se ho cardiac output basso, Wedge alto e pressione polmonare alta posso dare dobutamina per svuotare il paziente. Unica complicanza dello Swan-Ganz è che è operatore-dipendente.  L’indice EVLW (Extra vascular lung water) è un indice che mi va quantificare quanto stravaso c’è di liquido. Posso capire se usare la noradrenalina e come utilizzarla. La noradrenalina  si usa da 0,1 gamma prokg/min a salire fino a quando  non ho una MAP maggiore di 65, questo è ciò che ci dicono le linee guida.

Se ho una paziente che da shock ipovolemico mi va in shock settico e si alza questo indice  invece di dobutamina somministro la noradrenalina, vasocostringo e riduco questo parametro.  Con cosa riempio? il lattato. L’albumina la uso solo se la pressione è bassissima, perchè se la perde sto solo sprecando soldi. Il discorso cambia se il paziente ha la cirrosi. Non abbiamo un monitoraggio ideale, ognuno a dei pro e dei contro perché è vero che potremmo definire lo Swan-Ganz come ideale, ma è vero pure che è sempre un catetere che andiamo a mettere in arteria polmonare, così come è vero che lo Swan-Ganz in alcuni pazienti, come quelli con insufficienze o stenosi  mitraliche importanti, mi da un risultato sfalsato. Lo possiamo fare nei pazienti scompensati, ma non nei pazienti con valvulopatie moderate-severe. Ecco perché non esiste un monitoraggio ideale.