Carcinoma della Prostata

Epidemiologia: Il carcinoma della prostata è il tumore maligno più frequente nel sesso maschile nell’Europa nord-occidentale. Nei Paesi europei, come nella maggior parte dei Paesi sviluppati, l’incidenza è aumentata più che per ogni altro tumore negli ultimi due decenni ed è aumentata di circa il 10% ogni cinque anni (maggiore in Svezia e Francia), mentre la mortalità non è aumentata in uguale misura.1,2. Negli Stati Uniti, dopo l’aumento dell’incidenza del carcinoma della prostata, dovuto all’introduzione dello screening con il PSA alla fine degli anni ’80, l’incidenza è rimasta stabile dal 1995 al 1998, così come i tassi di mortalità. In particolare, si è assistito ad una migrazione di stadio soprattutto per le forme metastatiche che sono passate dal 19.8% nel 1989 al 3.3% nel 1998, come pure il PSA alla diagnosi è passato da un valore medio di 11.8 ng/ml nel 1990 ad un valore di 6.3 ng/ml nel 1998.

La discrepanza tra l’aumento dell’incidenza e la sostanziale stabilità della mortalità, ma con una limitata flessione di quest’ ultima osservata negli ultimi anni, spiegabile dai miglioramenti della terapia medica delle forme avanzate, perdura da oltre un decennio dopo il picco di incidenza. Tale discrepanza conferma che l’anticipazione diagnostica è mediamente di 10 anni e suggerisce che una buona parte dei carcinomi identificati in tal modo sia di fatto sovradiagnosticata e destinata, in assenza di screening, a non manifestarsi clinicamente nella vita (carcinoma “latente”). Tuttavia, l’analisi delle neoplasie scoperte con lo screening ha messo in evidenza che si tratta in gran parte di neoplasie di stadio localizzato, ma di grado intermedio e quindi con un rischio significativo di progressione se non trattate.

Circa l’81% dei pazienti con carcinoma della prostata ha più di 65 anni. Il carcinoma della prostata è raro sotto i 45 anni (0.4 per 100.000/anno); infatti nel gruppo di età di 45-49 anni è riportata un’incidenza di 2 casi per 100.000/anno che aumenta con l’età (23 casi per 100.000/anno per uomini di 55-54 anni di età sino a 290 casi per 100.000/anno per quelli nel range di età tra 65 e 70 anni).

Diagnosi: Attualmente, i fattori che condizionano l’indicazione a eseguire una biopsia prostatica sono: l’esplorazione digito-rettale (DRE), il dosaggio del PSA, l’ecografia transrettale (TRUS). La DRE costituisce il primo approccio diagnostico al paziente che presenta una sintomatologia riferibile ad una patologia prostatica, tuttavia, non può essere utilizzata singolarmente come metodica diagnostica nel carcinoma prostatico, in quanto presenta bassi livelli di sensibilità e di valore predittivo positivo specialmente nella diagnosi precoce di questa neoplasia ed inoltre la DRE sottostadia considerevolmente l’estensione locale del tumore.

L’utilizzo del PSA ha condizionato pesantemente l’approccio clinico al carcinoma prostatico: questo marker, infatti, viene utilizzato non solo per la diagnosi ma anche per la stadiazione clinica, il follow-up e lo screening della malattia.4 L’efficacia del PSA totale è buona per valori inferiori a 2 ng/ml per una bassa prevalenza del tumore (< 1%) e nei casi con valori superiori a 10 ng/ml per un’alta prevalenza della malattia (> 50%).

Per valori intermedi tra 3 e 10 e in particolare tra 4 e 10 ng/ml – cosiddetta zona grigia – il dosaggio del PSA totale non è efficace nel distinguere la presenza di carcinoma rispetto alle patologie benigne della prostata.5,6 Per cui, in questo range di valori, al fine di migliorare la specificità dell’indagine sono state proposte numerose alternative quali: il PSA velocità7, il tempo di raddoppiamento del PSA8, i range di riferimento età-specifici9,10, la densità del PSA11,12, la densità del PSA della zona di transizione13, le diverse forme molecolari del PSA14 e il rapporto tra la forma libera e quella totale del PSA15.

Il rapporto PSA libero/PSA totale ha una sensibilità diagnostica migliore del PSA totale in quanto i pazienti con neoplasia prostatica hanno una quota di PSA libero circolante ridotta rispetto ai pazienti con ipertrofia prostatica benigna. Probabilità di cancro in base al PSA e al PSA free/total ratio Le limitazioni della TRUS nella valutazione del rischio di carcinoma della prostata sono ben note.16 La mancanza di un quadro ecografico patognomonico di carcinoma è probabilmente il vero fattore che giustifica questi risultati poco soddisfacenti. Attualmente, per la bassa sensibilità/specificità la TRUS ha un ruolo ancillare sia nella diagnosi di carcinoma, che nel follow-up della malattia in fase avanzata.

Dopo i trattamenti per malattia organo-confinata, la TRUS può essere riservata ai casi in cui la sintomatologia è indicativa di una progressione locale della malattia. Il suo ruolo è, al contrario, insostituibile nell’esecuzione di biopsie per ottenere una conferma istologica di un sospetto carcinoma della prostata.

Per cui, attualmente, gli elementi che pongono l’indicazione ad eseguire una biopsia prostatica sono rappresentati da:
– PSA totale >4.0 ng/ml.
– PSA velocità >0.75 ng/ml/anno.
– PSA libero/totale <15% (per PSA tot 4-10 ng/ml).
– DRE anormale.
– Area ipoecogena alla TRUS.

Il materiale istopatologico per la diagnosi viene ottenuto da agobiopsie eco-guidate transrettali o transperineali. Il rischio di non diagnosticare un carcinoma prostatico è stimato al 25% se si utilizza una tecnica random a sé stante, per cui è raccomandata l’effettuazione di un minimo di 6 biopsie, a cui vanno aggiunti prelievi nell’area postero-laterale della zona periferica e nella zona di transizione 17. La biopsia deve essere ripetuta negli uomini con PSA sierico persistentemente elevato ed una biopsia iniziale negativa (con un guadagno diagnostico di circa il 20%).

 

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