Profilo Glicemico

Nella stima del rischio cardiovascolare globale assume fondamentale importanza la valutazione del tasso glicemico del paziente. Tale valutazione viene effettuata dosando la glicemia a digiuno (Fasting Plasma Glucose Test – FPG), che rappresenta il test più attendibile per diagnosticare il diabete o un’alterata omeostasi glicemica; tuttavia, in molti pazienti l’FPG non basta per individuare un’anomalia nella tolleranza al glucosio (Impaired Glucose Tolerance − IGT) ma serve un ulteriore test, quello della tolleranza orale al glucosio (Oral Glucose Tolerance − OGT): con questo esame si controlla il tasso di glicemia solitamente dopo due ore dall’assunzione di glucosio e rappresenta l’unico modo per rilevare una iniziale alterazione glicemica. Molti soggetti con IGT tendono a sviluppare malattie cardiovascolari ancor prima di sviluppare il diabete.

Questo significa che il riscontro della glicemia dopo test da carico fornisce informazioni più affidabili sul rischio di malattie cardiovascolari rispetto alle analisi a digiuno. Molti pazienti con diabete di tipo 2 nelle fasi iniziali sono asintomatici: ciò rende necessario uno screening volto a identificare questi pazienti al fine di intervenire precocemente ed evitare l’insorgenza delle complicanze cardiovascolari. È da valutare inoltre il dosaggio della Emoglobina Glicata (HbA1c) per il monitoraggio a medio termine del profilo glicemico.

I valori di riferimento secondo le ultime linee guida per fare diagnosi di Diabete sono:
– glicemia a digiuno => 126 mg/dl (dopo almeno 8 ore di digiuno,

oppure:
– glicemia casuale => 200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione di cibo),

oppure:
– glicemia => 200 mg/dl 2 ore dopo il carico orale di 75 g di glucosio.

Le alterazioni della glicemia non diagnostiche per diabete devono essere classificate come:
– alterata glicemia a digiuno (Impared Fasting Glucose − IFG):

glicemia a digiuno compresa fra 100-110 e 125 mg/dl.
– ridotta tolleranza ai carboidrati (Impared Glucose Tolerance − IGT): glicemia 2 ore dopo carico orale di glucosio >140 E< 200 mg/dl.

La causa di morte più comune nei diabetici è proprio la coronaropatia (CAD) e molti studi hanno dimostrato che tale rischio è correlato all’influenza negativa che l’iperglicemia ha sulla produzione di NO endoteliale e sulla struttura vascolare del muscolo liscio. Nelle persone con diabete diminuisce la capacità di produrre collagene, favorendo, di conseguenza, la tendenza a rotture e destabilizzazione di placche o trombi. Le disfunzioni delle piastrine e dei meccanismi di coagulazione sono patologie molto diffuse nei pazienti diabetici. L’iperglicemia influenza ulteriormente la funzione delle piastrine, sbilanciando l’omeostasi del calcio (in condizioni normali impedisce la fuoriuscita del sangue dal letto vascolare, in caso di rottura del vaso sanguigno). La composizione, secrezione e aggregazione delle piastrine viene alterata, provocando la formazione di trombi. Tali considerazioni rendono evidente il motivo per cui, in una strategia di prevenzione cardiovascolare, il monitoraggio periodico della glicemia è di primaria importanza.