Linfoma di Hodgkin
Il linfoma di Hodkin è una malattia che interessa soprattutto i giovani (tra i 20 ed i 30 anni) e gli adulti (dai 60 anni in poi).
EPIDEMIOLOGIA: Rappresenta l’1% di tutte le neoplasie che colpiscono l’adulto però non tanto frequente se si pensa che rappresenta il 25% di tutti i linfomi. È più frequente nel sesso maschile (M\F= 1.3\1.0) e la varietà sclerosi nodulare è più frequente nelle donne giovani.
Più frequente nelle popolazioni caucasiche ( 2.9 casi per 100.000 persone all’anno) rispetto alle popolazioni afro-americane ( 1.6 casi per 100.000 persone all’anno).
Ha un’incidenza bimodale:
- di facile riscontro tra i 20 e i 30 anni,
- riappare in età avanzata (da 60 anni in poi abbiamo un altro picco).
La prognosi migliore si associa alle forme dei giovani\adulti mentre quelle dell’anziano sono gravate da una prognosi non identica.
EZIOPATOGENESI: L’eziopatogenesi è sconosciuta, ci sono però dei fattori di rischio associati ad un aumento di incidenza:
- Fattori familiari ricorrenza nell’ambito di alcune famiglie (gemelli omozigoti hanno un incremento del 90% di rischio di linfoma rispetto a quelli eterozigoti);
- Atassia teleangectasia possibile una correlazione con quadri di atassia–teleangectasia (gene ATM);
- Infezione da virus di Epstein-Barr è stato riscontrato con una certa frequenza l’infezione da EBV. Il genoma del virus si integra a quello delle cellule ed è detectable dal 20 al 40% dei casi;
- Infezione da HIV infezioni da HIV che si associano a condizioni di immunodeficienza grave (malattia avanzata) hanno una dimostrata incidenza di diversi tipi di linfomi tra cui la malattia di Hodgkin.
ANATOMIA PATOLOGICA: L’elemento caratteristico della malattia di Hodgkin è la cellula di Reed-Sternberg, la cui presenza è un segno patognomonico per l’anatomopatologo, che quando riscontra anche una sola cellula R-S in un “tappeto” di linfociti può già fare diagnosi di linfoma di Hodgkin. Questa cellula ha origine nel centro germinale. In alcuni casi si vede facilmente, in altri casi bisogna vedere più sezioni e campi estesi fino a trovare questo elemento fondamentale che rappresenta meno dell’1% dell’infiltrato cellulare di un tessuto linfomatoso che presenta caratteristiche di tessuto infiammatorio.
CLASSIFICAZIONE: La classificazione comprende una forma classica e una forma nodulare a predominanza linfocitaria.
Nella forma classica ci sono dei marcatori molto caratteristici che sono CD15 e CD30, negativi CD20 (marker linfocitario B) e CD45 (marker panleucocitario).
Nella forma nodulare a predominanza linfocitaria CD20 e CD45 sono positivi, infatti questa forma nodulare è un’entità clinica distinta, è un profilo differente anche nella presentazione e nell’evoluzione. È CD15- e CD30-.
Nella forma classica distinguiamo clinicamente:
- sclerosi nodulare,
- cellularità mista,
- classica ricca in linfociti,
- deplezione linfocitaria (molto rara).
La forma sclerosi nodulare è caratterizzata dalla prevalenza di tessuto fibrotico. Alla palpazione ci aspettiamo un linfonodo duro, sclerotico, con una bella consistenza a differenza di quello della forma linfocitaria. Nelle forme miste c’è un infiltrato vario, pluricellulare mentre la forma a deplezione linfocitaria si caratterizza per la scarsa presenza della componente infiammatoria e fibrotica con un elevato numero di cellule Reed-Sternberg.
In quella ricca in linfociti c’è un tappeto molto esteso di linfociti con rare cellule patognomoniche quindi è più difficile fare la diagnosi. La cellula di Reed-Sternberg è una cellula binucleata, lobata, larga che si differenzia dalle altre cellule per la sua dimensione, con citoplasma abbondante e inclusioni nucleoli-like. Ci sono forme classiche, lacunari (con citoplasma più importante),e a pop corn dall’aspetto caratteristico.
CLINICA: Alla palpazione esploriamo (dall’alto in basso): i linfonodi occipitali, sottomandibolari, laterocervicali, sovra-claveari, ascellari e inguinali. Quelli principali sono i più colpiti dalla malattia anche se possono essere colpiti anche gli altri. Le stazioni cervicali sono coinvolte nel 60% dei casi. Laterocervicali e sovraclaveari hanno una predominanza. In generale , nell’80% dei casi l’interessamento è sovra diaframmatico. Un interessamento d’emblée a livello inguinale non è invece frequente ma si può anche riscontrare. In altri casi però, per fortuna una minoranza (25-30% dei casi), è possibile avere dei sintomi di tipo sistemico (disgiunti dall’interessamento di organi e apparati) non esclusivi dell’Hodgkin, ma che possono ricorrere anche nelle altre forme di linfoma.
Generalmente le manifestazione sistemiche da considerare sono:
- febbre di Pel Ebstein (febbre dalle caratteristiche speciali, con picchi elevati e periodi di remissione, meno frequente in altri tipi di linfomi dove la febbre assume caratteristiche diverse, è una febbricola serotina, più stabile);
- Perdita di peso, comune a tante patologie a seconda dell’entità della malattia. Generalmente facciamo riferimento a quanto peso si perde e in quanto tempo (es. una perdita del 10% del peso corporeo negli ultimi 6 mesi è sicuramente da prendere in considerazione);
- Sudorazione notturna, che si presenta anche in altri linfomi. E’ di grossa entità tanto da far cambiare gli indumenti al risveglio;
- Prurito, non lieve e parafisiologico ma piuttosto importante con lesioni da grattamento. È difficile riscontrate tutte le caratteristiche insieme (altrimenti la diagnosi sarebbe già fatta all’esame clinico), dobbiamo distinguere una linfadenopatia di un carcinoma da quella del linfoma facendo riferimento alla presentazione clinica all’esame obiettivo. Spesso capita di fare diagnosi di linfoma di Hodgkin a sclerosi nodulare già alla palpazione, confermata poi all’esame istologico.
DIAGNOSI: all’anamnesi si chiede il tempo di insorgenza, localizzazione, dolorabilità e pregresse infezioni. Bisogna primariamente escludere che la linfadenopatia sia dovuta ad altri fattori (es. un graffio di gatto che può dare una linfadenopatia ascellare).
Dopo l’esame obiettivo, si fa quindi un pannello di esami:
- i primi sono gli ematologici: – emocromo con formula linfocitaria, (perché può essere anche una leucosi acuta), – VES, – LDH ( è molto importante perché spesso si modifica in quanto abbiamo dei processi proliferativi molto attivi e LDH si innalza non solo nei linfomi ma anche in altri tumori), – beta2microglobulina (aumenta) – cupremia (aumenta).
- esami batteriologici e virologici ampi. Se è tutto negativo bisogna fare un passo successivo.
- Rx torace e TC TB.
- Biopsia escissionale.
5.BOM (biopsia osteomidollare; può essere omessa in pazienti IA e IIA) un po’ più per la stadiazione che non per la diagnosi. Si fa sulla spina iliaca postero superiore, si fa l’anestesia e si infila l’ago di diametro più ampio nella SIPS per prelevare un frustolo di tessuto oltre che l’aspirato midollare. È importante per valutare un’eventuale infiltrazione ossea della malattia che cambierebbe la nostra stadiazione.
- La linfografia pedidia era un esame che consisteva nel fare un taglietto sul dorso del piede e iniettato un mezzo di contrasto; venivano fatte delle radiografie seriate in tempi diversi.
- Scan Gallio (gallium-67).
- Laparotomia per stadiazione.
- PET TB.
- Agoaspirato o biopsia chirurgica lesioni sospette (epatiche, ossee, polmonari, cutanee).
- Se la biopsa chirurgica è effettuata in un sito extranodale è necessaria una concomitante biopsia.
STADIAZIONE:
Stadio 1: una sola stazione linfonodale coinvolta.
Stadio 2: due stazioni linfonodali coinvolte dallo stesso lato del diaframma (sovra o sotto-diaframmatiche).
Stadio 3: coinvolgimento up and down rispetto al diaframma (stazioni sovra e sottodiaframmatiche).
Stadio 4: coinvolgimento di altri organi e tessuti come per esempio l’osso. BOM positiva dà automaticamente stadio 4. Il suffisso A e B si riferisce ai sintomi: presenti o assenti.
FATTORI PROGNOSTICI: I fattori prognostici negativi comprendono:
- stadiazione avanzata (IIIB, IV),
- la presenza di sintomi,
- malattia con massa bulky,
- presenza di malattia extranodale (fegato, milza, midollo osseo),
- pazienti in età avanzata >40 anni (sia per le comorbilità che per la diversa evoluzione della malattia, più aggressiva) ,
- istologia a deplezione linfocitaria,
- bassi livelli di albumina sierica.
Gli stadi I e II e in assenza di sintomi (B) e senza malattia bulky devono essere considerati stadi a prognosi favorevole, con basso rischio di recidiva e possibilità di cura oltre il 90%. Il rate di risposta è quindi molto alto. Stadi sintomatici (B) o con malattia bulky hanno prognosi peggiore però la possibilità di cura rimane superiore all’80%. Gli stadi peggiori sono III e IV sovra e sotto-diaframmatico o con interessamento agli altri organi, che vengono considerati nell’ambito di questa malattia un advanced stage ad elevato rischio di ricaduta, però con cura sempre del 60-70%.
TERAPIA: Il linfoma di Hodgkin è una malattia estremamente sensibile sia alla terapia medica che alla radioterapia.
I classici TRATTAMENTI RADIANTI sono:
- trattamento radiante “a mantellina” per le stazioni sovra-claveari, ascellari e di tutto il mediastino con un risparmio dell’area polmonare (per quanto è possibile), anche se c’è il coinvolgimento dell’area cardiaca;
- un’altra modalità d’irradiazione è quella para-aortica e splenica;
- l’ultima è quella pelvica. La radioterapia è potenzialmente un trattamento curativo e potrebbe essere anche l’unico; nella stragrande maggioranza dei casi tuttavia si associa a trattamenti chemioterapici.
La radioterapia si distingue in:
- Involved fields: si irradiano solo ed esclusivamente i campi coinvolti, solo quelli che hanno dato manifestazione di interessamento linfonodale.
- Una Subtotal Nodal Irradiation: forma estesa di RT;
- Total Nodal Irradiation, teoricamente da riservare a malattia estesa come nello stadio 3.
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO: I principali schemi di trattamento utilizzati sono MOPP e ABVD. Questi schemi sono stati classicamente utilizzati con diverse modalità oppure combinati riducendo le dosi. In casi con ottima prognosi e condizioni favorevole, si limitano i cicli di trattamento a 2-4 seguiti da radioterapia involved fields. Quando la malattia è early ma non è favorevole, allora si fanno 4-6 cicli seguiti da radioterapia involved fields. Qualche volta il radioterapista può decidere di estendere il trattamento alle stazioni che a suo dire potrebbero essere interessate dalla malattia o se c’è un elemento dubbio alla PET. Nella malattia avanzata bisogna aumentare i cicli di chemioterapia fino a 6-8, il trattamento viene completato con una serie di cicli dopo che c’è stata evidenza di remissione completa ad esempio attraverso PET. In questi casi quindi si fa una valutazione dopo 4 cicli ad esempio, e se alla PET c’è remissione completa consolidiamo il trattamento con un altro paio di cicli. Una terapia extended fields è presa in considerazione solo in alcuni casi particolari (malattia bulky all’esordio), ma è limitata a gruppi con esperienza consolidata con la RT. Le combinazioni con i farmaci sono elevate e possono essere utilizzati quando si verifica una ricaduta dalla malattia. Un’emergenza oncologica che interessa questa malattia è la sindrome da lisi tumorale. Il trattamento ad alte dosi non è considerato in pazienti con fattori prognostici sfavorevoli che rispondano al trattamento convenzionale. Questo infatti ha un rate di risposta così elevato (oltre al 60% in questi pazienti) che non permette di considerare un approccio ad alte dosi. Si può considerare in pazienti che hanno una recidiva di malattia.
Ruolo del trattamento ad alte dosi e trapianto allogenico:
– Non considerato in pazienti con fattori prognostici sfavorevoli che rispondono al trattamento convenzionale.
– Da considerare solo per pazienti con malattia refrattaria o con segni di ripresa di malattia
I possibili problemi sono:
- Leucemie mieloidi nei pazienti sottoposti al trattamento con schemi terapeutici che prevedono molti agenti alchilanti, con BCNU, anche con ABVD, radioterapia e MOPP;
- Linfomi non Hodgkin; questi pazienti potrebbero avere la sfortuna di essere colpiti da un altro linfoma;
- Tumori solidi: relativi alle aree che hanno ricevuto l’irradiazione. Con il trattamento radioterapico a mantellina si possono avere:
– ipotiroidismo,
– pneumopatie con esiti di fibrosi (rare),
– pericarditi (rare),
– carcinoma della mammella (tardive),
– carcinoma del polmone (tardive).
Nuove strategie che prevedono l’utilizzazione di un anticorpo contro CD30 un marcatore fortemente espresso da queste cellule, che si chiama Brentuximab vedotin legato all’auristatin E.